mercoledì
05
marzo
21:15

50 e 50

di Jonathan Levine — USA, 2011, 99'
con Joseph Gordon-Levitt, Seth Rogen, Anna Kendrick, Bryce Dallas Howard, Anjelica Huston, Julia Benson, Jessica Parker Kennedy, Beatrice King, Marie Avgeropoulos, Philip Baker Hall

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Durante una visita di controllo, Adam apprende di essere stato colpito da un cancro che gli lascia il 50% di possibilità di sopravvivenza. La notizia genera sconforto in tutte le persone che gli vogliono bene ma, mentre la madre Diane e la fidanzata Rachael sono incapaci di reagire al dolore, Adam non si lascia abbattere. Per evitare che la sua intera esistenza vada in rovina, proverà a vincere paure e sofferenze continuando a vivere in maniera spensierata, grazie anche all'aiuto dell'ilare amico Kyle e al sostegno della bella psicologa Katie, con cui instaurerà un rapporto sempre più tenero.

Da una notizia ragionevolmente traumatica quale può essere quella che ti fa scoprire di avere un cancro possono scaturire molteplici reazioni da parte dell’individuo. Ce lo dimostrano le tante opere, sia per il grande che per il piccolo schermo, partorite nell’arco di questi ultimi anni, la maggioranza delle quali ha la caratteristica di aver attribuito alla malattia quasi una funzione di deus ex machina, in grado di scuotere radicalmente i nervi del malato di modo che questo affronti il tempo che gli resta - nel caso in cui non vi sia per lui alcuna prospettiva di guarigione - godendoselo al massimo e togliendosi quei tanto sospirati sfizi rimasti soffocati dall’ammorbante routine.
Potrebbe apparentemente sembrare questo il caso anche del nostro Adam Lerner ma non lo è, per il semplice motivo che il protagonista di questo 50 e 50 non cerca di combattere la malattia dando sfogo a tutte le sue pulsioni sopite, ma trasforma la propria rabbia in qualcosa in grado di fargli comprendere l’importanza delle cose semplici - come ad esempio un rapporto di amicizia, una relazione sentimentale e il legame affettivo con i genitori - riuscendo inoltre a cogliere i (pochi) pregi che una simile disgrazia può avere in serbo.
Sorge allora spontaneo pensare che sia davvero questo il vero significato di un titolo tanto comune quanto profetico - la pellicola avrebbe dovuto intitolarsi prima I’m with Cancer e poi Live with It - oltre che emblematico e spiazzante nella sua essenzialità: 50 e 50, come se Adam - e noi con lui - compissimo una banalissima operazione matematica sommando i due addendi per scoprire che ciò che in apparenza ci manca in realtà lo abbiamo già, e aspetta solo di essere scoperto.
Una sfida pienamente vinta, dunque, quella in cui si è imbattuto Jonathan Levine, che realizza la perfetta combinazione tra commedia e dramma alternando l’uno e l’altro con un ritmo straordinario e una sicurezza con pochi eguali nell’attuale panorama cinematografico.
Ciò che più colpisce è l’eleganza con la quale Levine e lo sceneggiatore Will Reiser - il film prende spunto dalla sua reale vicenda - riescono a far convergere le due estremità del racconto e l’effetto incredibilmente straniante che si avverte negli ultimi frangenti quando il protagonista si trova una volta per tutte a fare i conti con la sua malattia. Tutta la pellicola, se vogliamo, può essere concepita come una sorta di countdown verso l’inevitabile appello a giudizio. Si ha quasi l’impressione che, come per Adam, anche a noi qualcosa ci stia sfuggendo di mano, senza poterla riafferrare. La tensione, lo sgomento e la paura che affollano la mente del protagonista sono palpabili e inducono lo spettatore a riflettere su se stesso e a versare delle lacrime sincere e che sanno di verità.
E il merito di ciò, oltre che ai già citati Levine e Reiser, va anche a un magnifico Joseph Gordon-Levitt nell’interpretazione più toccante della sua carriera, grazie alla quale si eleva a Re Mida indiscusso del cinema indipendente a stelle e strisce scrollandosi di dosso quell’immagine di eterno bambino snobbato dai più e di (presunto) sosia del compianto collega Heath Ledger (1979-2008).
Da notare anche la buona performance del co-protagonista Seth Rogen - anche produttore - che “rielabora” il suo buffo e grottesco personaggio di 40 anni vergine (2005) adattandolo al contesto dell’opera e mantenendo la stessa scanzonata verve comica che lo ha reso uno dei più abili caratteristi delle ultime decadi.

Francesco Manca, everyeye.it