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Appena apro gli occhi - Canto per la libertà

di Leyla Bouzid — Francia, Tunisia, Belgio, Emirati Arabi Uniti, 2015, 102'
con Baya Medhaffer, Ghalia Benali, Montassar Ayari, Aymen Omrani
proiezione in arabo, francese con sottotitoli in italiano

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Tunisi, estate 2010, pochi mesi prima della Rivoluzione. La diciottenne Farah si è appena diplomata e la sua famiglia vorrebbe iscriverla alla facoltà di Medicina. Lei non la pensa allo stesso modo. Canta in un gruppo politico rock. Vuole vivere da cittadina attiva, ma anche divertirsi, scoprire l'amore e frequentare la città di notte.

Nel suo magnifico esordio Leyla Bouzid  compone una storia che come le canzoni della sua protagonista scorre in un sentimento sospeso, l’attesa di un passaggio brusco, violento che dice molto, ma senza sottolineature, su cosa è vivere in una dittatura: il sentimento di paura costante, gli sguardi che sfuggono, una sola parola può diventare una condanna, una poesia la rivoluzione. Denunce, interrogatori, prigione: la Tunisia di Ben Alì dove la rabbia giovane cerca di aprire lo squarcio per un respiro.

Anche se Appena apro gli occhi (che arriva in sala domani, e non si deve perdere) non è un film «sulla» rivoluzione tunisina, che nonostante gli attacchi sta andando avanti per la sua strada, ma sulla essenza, sui movimenti che l’hanno ispirata, sui conflitti e sui difficili passaggi per conquistare nuovi spazi, sui terrorismi sotterranei passati e presenti.

Leyla Bouzid filma il suo paese come non si è mai visto: ne coglie i frammenti e gli stridori, i figli di una borghesia che, come rinfaccia un amico ai musicisti – si scoprirà poliziotto infiltrato – «può permettersi tutto», la Tunisia proletaria, gli scantinati, l’«underground» vibrante, fertile, in cui le nuove generazioni lanciano la loro protesta che si diffonde, oltrepassa i muri dei locali spesso chiusi dalla polizia, dei bar sul mare dove un verso d’amore scatena la repressione.

Leyla Bouzid è nata nell’84 a Tunisi, la sua generazione è quella del film – che ha vinto anche alle Giornate di Cartagine, con lei che ha chiesto di liberare i 7000 ragazzi in prigione per avere fumato marjiuana – e il suo sguardo è quello di Farah – sublime Baya Medhaffer nel duetto tutto di donne tra scontro e complicità, con la madre, Ghalia Benali che regge il film.

È il corpo nudo del ragazzo di Farah che Leyla Bouzid filma la mattina quando i due si svegliano insieme, la ragazza lo guarda, lui si copre quasi imbarazzato: non mi ha mai guardato una donna. No, perché sono i maschi a guardarle, sono i maschi a controllarle. Lei invece è già altrove.

Cristina Piccino , Il Manifesto

Premio del pubblico BNL, premio Europa Cinemas Label come Miglior film europeoa alla 12.a edizione delle "Giornate degli autori - Venice Days" alla Mostra del Cinema di Venezia 2015. Venerdì 6 maggio alle 21:15 presenta il film Valeria Verdolini, ricercatrice presso l'Università degli Studi di Milano in Sociologia del diritto.