lunedì
23
gennaio
18:15 21:15

Le mille e una notte. Volume 3 - Incantato

di Miguel Gomes — Portogallo/Svizzera/Germania/Francia, 2015, 125'
con Crista Alfaiate, Bernardo Alves, Chico Chapas, Carloto Cotta, Jing Jing Guo
proiezione in portoghese con sottotitoli in italiano

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Sherazade ha paura di non avere più storie con cui conquistare l'attenzione del Re. Fugge dal palazzo e si aggira per il regno in cerca di piaceri e di meraviglie. Suo padre, il Gran Visir, le dà appuntamento alla grande ruota del Luna Park. Sherazade ricomincia il suo racconto: quaranta anni dopo la Rivoluzione dei Garofani, nelle vecchie bidonville di Lisbona, una comunità di uomini posseduti da un incantesimo insegna agli uccelli a cantare.

Sheherazade sente il peso di dover salvare il mondo raccontando le sue storie e inganna il tempo tra una notte e l’altra spassandosela nell’“Arcipelago di Bagdad”. Quando riprende a raccontare, lo fa con “Il coro inebriante dei fringuelli”, storia di addestratori di fringuelli che si sfidano tra loro in competizioni canore. Dopo aver messo alla prova se stesso e i propri limiti con Desolato, Miguel Gomes nell’ultimo atto delle sue Mille e una notte mette alla prova il pubblico, quello spettatore complice che ha girovagato con lui, è stato al gioco e vuol vedere come andranno a finire 380 minuti di film. Inutile dire che “lo stare al gioco” deve accompagnare in modo particolare l’epilogo della vicenda, quanto mai bizzarro. Ma che Gomes non fosse da prendere completamente sul serio pareva chiaro già dal primo volume delle Notti. 

Diviso chirurgicamente in due sezioni, Incantato sembra da principio voler ricongiungere gli spazi della narrazione e della meta-narrazione, conducendo alla corte del sultano e nelle braccia di Sheherazade. In una pauperista ricostruzione dell’assurdo, che mescola luna park e spiagge marsigliesi per raffigurare un Arcipelago di Bagdad che di Bagdad non ha nulla (né pretende di averne), si muove Sheherazade, incarnazione dello spirito gomesiano e forse sua Musa. Libera, consapevole e sessualmente disinibita, quasi un’icona di femminismo contrapposta al potere invisibile ma opprimente. 

Lo sforzo di dover tornare “sulla terra”, nel momento in cui Sheherazade riprende a narrare, non prepara in ogni caso alla sorpresa che attende lo spettatore: un minuzioso resoconto della competizione tra fringuelli addestrati a cantare da generazioni dai loro proprietari. Una storia in cui si mescolano ricordi e tradizione popolare, entrambi abbondantemente trasfigurati, in cui ancora una volta non si riescono a stabilire confini precisi tra documentario e finzione; e in cui prevalgono silenzi, iterazioni e scritte in sovraimpressione che raccontano di fatti oltremodo fuorvianti e pleonastici. 

Una sfida alla pazienza, alla maniera di una "Revolution n. 9" dei Beatles, che restituisce stimoli teorici sulla natura dell’opera di Gomes, quasi sussunta dal movimento tripartito del canto degli uccelli. Ironica a fieramente diversa fin nel suo pseudo-epilogo, sulle note di una cover di un brano per diverso tempo ritenuto dei Beatles. Come una traccia fantasma potenzialmente infinita di un album dalle molteplici sensazioni e divagazioni, misterioso ma carico di significati e guidato da una forma di irriducibile speranza in quel che resta dell’uomo al tempo della crisi.

Emanuele Sacchi, mymovies.it