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No. I giorni dell'arcobaleno

di Pablo Larraín — Cile/Francia/Messico/USA, 2012, 110'
con Gael García Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle, Néstor Cantillana, Jaime Vadell, Pascal Montero

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Nel 1988, il dittatore cileno Augusto Pinochet, messo alle strette dalle pressioni internazionali chiede un referendum sulla sua presidenza. I leader dell'opposizione convincono il giovane e sfrontato pubblicitario René Saavedra a condurre la loro campagna. Con poche risorse e costantemente sotto il controllo delle autorità, Saavedra e il suo team mettono in atto un audace piano per vincere le elezioni e liberare il loro paese dall'oppressione.

Al terzo film, il cileno Pablo Larraín si impone definitivamente come uno dei registi più interessanti del panorama internazionale. In Tony Manero aveva raccontato la torbida vicenda di un ballerino dilettante che, nel buio della dittatura di Pinochet, tirava avanti con un secondo lavoro da serial killer. Poi Larraín aveva fatto un passo indietro e in Post mortem era tornato all'inizio della dittatura per seguire un impiegato all'obitorio di Santiago del Cile, altro piccolo omicida che al momento del golpe si vedeva arrivare, per l'autopsia, il cadavere di Salvador Allende.
Con No Larraín continua a muoversi nella storia del suo paese. Siamo nel 1988 quando l'opposizione affronta il referendum che Pinochet pensava di vincere per riconfermarsi al potere per un altro decennio. Il no è il voto che le opposizioni chiedono ai cittadini: tutto sta nel come e nel cosa fare per convincerli. Bisogna impostare la campagna elettorale sui crimini del colonnello: così vorrebbero i 'tradizionalisti'.
Oppure si deve puntare sulla speranza, sul futuro, su un Cile dove, come si canta nel film, “la alegria ya viene”: è quello che vuole un giovane pubblicitario, René Saavedra, chiamato a costruire la campagna elettorale delle sinistre. René è testardo, pervicace, rintuzza le critiche e i dubbi, va avanti spot dopo spot, trasmissione televisiva dopo trasmissione. È una strategia, è un uso dei mezzi di comunicazione decisamente fuori linea rispetto a quelli che sembrerebbero vicini alle inclinazioni di una opposizione più incline a rinfacciare a Pinochet gli orrori, le uccisioni, la durezza della sua dittatura. René usa anche i colpi più bassi del suo mestiere di pubblicitario. Felicità a piene mani, tramonti rosei, belle macchine. Non le tragedie del Cile, ma le sue speranze. Non il buio del passato: il sole dei tramonti e, un po', anche quello dell'avvenire.
No è il resoconto sorprendente di un percorso vissuto giorno dopo giorno insieme a uno dei protagonisti. Inseguiamo René e lo guardiamo dentro immagini che hanno tutto l'aspetto delle immagini di venticinque anni fa. Larraín ha scelto di utilizzare, per le riprese, il sistema di registrazione che si usava nel 1988, il 3/4 U-Matic. Così la parte del film, girata oggi è del tutto simile e sovrapponibile a quella delle immagini di allora, siano trasmissioni televisive, messaggi pubblicitari, interviste, inchieste. L'oggi e l'allora si mescolano: e noi spettatori siamo là dov'era quel referendum che cambiò il Cile.
L'attore Garcia Bernal, nella parte di René, ha indosso la grana, l'impasto, i colori che si usavano un tempo. Ed è questa bassa definizione visiva a ridarci l'altissima tensione di quei giorni. Siamo dentro il passato per riviverlo. Per ripercorrere, nell'incertezza, nella speranza (e nella pubblicità!), la strada verso la libertà.

Bruno Fornara, cinematografo.it