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Sieranevada

di Cristi Puiu — Francia, Romania, Bosnia-Herzegovina, 2016, 173'
con Mimi Branescu, Judith State, Bogdan Dumitrache, Dana Dogaru

guarda il trailer

Un affresco ironico e trascinante che apre allo spettatore le porte dell’appartamento di Bucarest dove – tre giorni dopo l’attentato contro Charlie Hebdo e quaranta dopo la morte del padre – Lary trascorre la domenica con tutta la famiglia, riunita per commemorare il defunto. Non tutto, però, va come previsto: tra segreti e bugie, costumi di carnevale sbagliati e nostalgie del regime, sbornie da smaltire e complotti da sventare, Lary si vedrà costretto ad affrontare le proprie paure, a riconsiderare il proprio posto all’interno della famiglia. E a dire la sua parte di verità.

Un tempo, per ridimensionare un film considerato statico e verboso si diceva: "Troppo teatrale". E i cinefili reagivano spiegando che il problema non sta nel teatro, ma in come si filma uno spazio chiuso.

Ci sono importanti film che si svolgono in due o tre stanze (pensate solo di recente ad Amour di Michael Haneke) e ci sono pellicole che risultano fasulle anche se fanno di tutto per far dimenticare l'origine teatrale - molte trasposizione shakespeariane fallimentari stanno a testimoniarlo.

Magari qualcuno definirebbe spregiativamente teatrale anche Sieranevada, essendo concentrato in un appartamento non troppo spazioso di una media famiglia romena. Del resto, lo stesso regista Cristi Puiu deve essere stato consapevole di questa intima contraddizione del cinema - il sogno del viaggio e dello spazio infinito versus la claustrofobia e gli interni - visto che ha beffardamente intitolato il suo lavoro con un'indicazione geografica di ampio respiro, del tutto irrelata al racconto.

Quel che cambia, qui come in tutti gli altri film rappresentati in soli interni, è come si sceglie di girare, quali opzioni di stile si mettono in campo, che idea di regia si comunica. Puiu, che come gli altri rappresentanti della recente onda romena ha studi molto solidi alle spalle e una precisa estetica di riferimento, opta per due soluzioni principali. Una è quella di seguire i personaggi nei loro spostamenti interni alla casa senza per questo soffocarli, ma come se fosse un ospite aggiunto della famiglia allargata, gironzolando di stanza in stanza, ora interessato a un dialogo ora a un altro scambio di battute (e persino, in alcuni momenti, facendosi sbattere la porta in faccia). L'altro è di non prendere partiti presi troppo virtuosistici: quando è utile un movimento continuativo, in forma di piano sequenza, egli lo esegue, ma se serve staccare o restare in primissimo piano sul parlante, niente costringe a "far sentire" la macchina da presa a tutti i costi. E poi c'è la questione dei dialoghi. Torrenziale, inarrestabile, il dialogo tra tutti i personaggi in scena li definisce ancora di più dei loro volti, dei loro corpi e dei loro ruoli sociali.

Ecco, quel che piace di Sieranevada e che spicca per contrasto con opere simili ma più legnose, è che non si ha mai la sensazione che Puiu faccia riferimento a tipologie sociali precostituite, a figure psicologiche da manuale di sceneggiatura.

Con tutte le loro contraddizioni, gli uomini e le donne di Sieranevada appaiono vivi e pulsanti anche grazie alle parole messe in bocca dalla sceneggiatura. Al contrario di quel che si potrebbe pensare, Puiu non ha lasciato spazio all'invenzione sul set, e talvolta questa apparente spontaneità si scopre essere figlia più di una coreografia che di un metodo di improvvisazione controllata alla Cassavetes. E bene ha fatto chi ha intravisto nell'opera più un modello da commedia all'italiana che da film da camera europeo o americano in stile Sundance.

È già da alcuni anni che qualcuno insiste sulla capacità del cinema romeno di raccontare - in bilico tra farsa e tragedia, e sempre con un sotterraneo sense of humor centro europeo - le contraddizioni culturali e sociali di un Paese che ancora oggi vive piuttosto male il post-comunismo e le svolte liberiste. Non sarà un caso che una delle più belle e spiazzanti commedie europee di questi anni - Vi presento Toni Erdmann della tedesca Maren Ade - si svolga in gran parte in Romania, un paese ostaggio del globalismo economico più aggressivo e al tempo stesso delle nostalgie stataliste meno raccomandabili. L'importante è, come Puiu, avere forti idee cinematografiche per comunicare una commedia umana che, da nazionale, si fa universale. Chi può davvero alzare la mano e chiamarsi fuori dalla famiglia di Sieranevada? In quel circo di generazioni, conflitti, bugie, verità, confessioni, tradimenti, risate e discussioni ci siamo anche noi.

Roy Menarini, mymovies.it