09 aprile 2024

I misteri del Bar Étoile: tra fantasia danzante e colorato film noir

Fiona Gordon e Dominique Abel sono tornati con L’étoile filante per incantare il pubblico del Festival di Locarno, dove il film ha aperto il programma della Piazza Grande, con il loro cinema unico e poetico, che qui portano nel territorio del noir, tornando alle loro esplorazioni del cinema slapstick e lasciando che la rabbia del mondo risuoni in lontananza.

Li avevamo lasciati ai piedi della Torre Eiffel nel 2016 con Paris Pieds Nus, con Pierre Richard e Emmanuelle Riva, e li ritroviamo sette anni dopo nelle strade acciottolate di Bruxelles, che danno ai primi minuti del film un'aria da vecchia detective story.

Il malinconico barista Boris è perseguitato dal suo passato violento. Vive con Kayoko che, fortunatamente, sembra più che capace di occuparsi del loro destino e della loro vita quotidiana. Ma quando la vittima di un'aggressione finita male si presenta, intenzionata a vendicarsi del passato, Boris si ritrova con le spalle al muro. L’apparizione inaspettata di un sosia depresso quanto lui è quindi provvidenziale. Dom diventa Boris e Boris diventa Dom. Se non fosse che, dal canto suo, l'ex moglie di Dom, Fiona, detective privata old school dotata di macchina da scrivere, impermeabile e una nota dipendenza dall'alcol, risale gradualmente le fila della sua scomparsa fino a L’étoile filante, un bar malfamato in cui si aggira un killer ostacolato da un braccio recalcitrante.

Si ritrovano in L’étoile filante tutti gli ingredienti che hanno garantito il successo del duo incredibilmente creativo composto da Abel & Gordon: un'estetica "casalinga" esaltata dal loro gusto per tutto ciò che è artigianale (sono gli autori oltre che i registi, i produttori e gli attori dei loro progetti), una sinfonia di colori primari, scene composte come se fossero dei quadri, corpi che parlano più delle parole, danze che si impossessano improvvisamente dei vari personaggi e un'irresistibile genialità visiva (solo loro potevano sublimare la carta igienica in modo simile). È un universo singolare che richiede allo spettatore di accettare il suo aspetto slapstick fin dall'inizio e di lasciarsi andare al flusso.

Ma questa volta l'universo del duo sembra contaminato da nuovi elementi, che vanno dal grigio chiaro al grigio scuro, o addirittura molto scuro: la musica sublime e fortemente malinconica del duo Birds on a Wire, sogni agitati, depressioni non così latenti, un killer impazzito, un attentato, un lutto parentale e, in lontananza, la protesta sociale. È un gioco di equilibri, portato avanti dalla troupe del duo, che qui ritrova Bruno Romy e Philippe Martz, e che "scopre" la ballerina e coreografa Kaori Ito, il cui personaggio di piccola ginnasta giapponese vestita di rosso e dai piedi espressivi conferisce un'energia sorprendente all'intera storia.

Aurore Engelen, Cineuropa

04 aprile 2024

Se solo fossi un orso: una sensibile opera prima come spaccato della contradditoria società mongola

La famiglia di Uzii (il padre è morto e ci sono tre fratelli più piccoli) vive sotto la soglia di povertà anche perché la madre non è riuscita, come si dice con una formula ormai un po' vuota, ad elaborare il lutto e non si ritrova né nella grande città né nella campagna a cui decide di fare ritorno. Zoljargal Purevedash ci mostra una società che spinge una parte dei suoi membri ad uno sdoppiamento esistenziale che può condurre alla più totale perdita di speranza. [...]

Ecco allora che la battuta del titolo originale "If I Only Could Hibernate", con tutta la sua significatività legata al desiderio di un'uscita seppur temporanea dal vivere sociale, non viene affidata al protagonista ma a un fratello minore già in fondo consapevole non solo del rigore del clima ma soprattutto di quello di un mondo che non sa guardare agli ultimi se non con sussidi che non aiutano a trasformare radicalmente la loro condizione. Potrebbero riuscirci le doti di chi ama lo studio e affronta con passione un mondo complesso come quello della Fisica.
Lo sguardo in macchina che Uzii riserva allo spettatore a un certo punto del film interroga i responsabili politici della Mongolia ma, fatte le dovute proporzioni e considerate le differenze, va oltre i confini nazionali per estendersi a tutte le società in cui di fatto gli ostacoli frapposti a chi avrebbe le carte in regola per emergere non sono trascurabili.

Giancarlo Zappoli, Mymovies

03 aprile 2024

Rinviato il laboratorio LE MERAVIGLIE DEL PRECINEMA: LO ZOOTROPIO

A causa dell'indisponibilità del curatore del laboratorio, l'evento di sabato 20 aprile alle 16:15 "LE MERAVIGLIE DEL PRECINEMA: LO ZOOTROPIO" è rinviato a sabato 4 maggio alle 16:15.

I possessori del biglietto acquistato in prevendita web vengono rimborsati automaticamente. I biglietti in prevendita web per la nuova data sono disponibili a questo link.

Chi ha acquistato la prevendita in cassa al cinema, può già da oggi presentarsi con il biglietto, per poter ricevere il rimborso o eventualmente il cambio di biglietto per la nuova data.

Ci scusiamo per il disagio.

27 marzo 2024

La sala professori: dalla Germania una lezione di scrittura, recitazione e messa in scena sorprendenti

Nell’anno in cui celebriamo i cent’anni della morte di Kafka, lo script di Çatak e Duncker sembra tributargli omaggio, regalandoci un dispositivo narrativo di rara lucidità e perfidia. Un meccanismo diabolico che nell’avviluppo logico e implacabile di azioni e reazioni si spinge fino a sovvertire i fini originari e svelarne l’assurdo morale.[...]

Il film misura i guasti del sistema educativo, dove anche il più nobile intento può essere sporcato da ideologie di risulta e noti vizi di uomini e donne di ogni tempo. L’invidia tra colleghi, la maldicenza, il bullismo - insomma l’imperfezione umana in alcune delle sue facce - possono sempre aprire una breccia pericolosa. Non stupisce che il turco-tedesco İlker Çatak voglia utilizzare il microcosmo scolastico come metafora politica della Germania odierna (ma l’analogia è estendibile ad altri paesi europei), dove allarma la crescita dei movimenti di estrema destra, la retorica della paura, la crisi dell’autorità, la fobia della devianza e la criminalizzazione dello straniero. Riaffiorano fantasmi di un passato tragico, con cui sembrava che i tedeschi avessero fatto i conti per sempre. Invece persino in un piccolo plesso scolastico si replicano pericolose dinamiche di controllo.

Gianluca Arnone, Cinematografo

25 marzo 2024

Ad aprile prende il via un laboratorio espressivo teatrale

Siamo lieti di annunciare il prossimo avvio del laboratorio espressivo teatrale tenuto da Beatrice Pallone. Il corso si terrà presso la nostra sala il mercoledì dalle 18 alle 20 nelle seguenti date:  3-10-17-24 aprile, 8-15-22-29 MAGGIO. Il corso si attiva con un  minìmo di 10 e un massimo di 25 iscritti, senza limite di età. Costo del corso: 120 euro. Per informazioni e iscrizioni: beapalla@gmail.com | 338 4899330

21 marzo 2024

Un solido dramma sociale costruito come un thriller: Inshallah a Boy

Con Inshallah a Boy Amjad Al Rasheed firma un solido dramma sociale che mette in luce, attraverso la parabola di Nawal, l’oppressione cui sono sottoposte e soggiogate le donne in un Paese dal sistema patriarcale e rigorosamente religioso. Un dramma sociale e politico costruito come un thriller, con la protagonista ingabbiata in un labirinto di regole morali, giuridiche e burocratiche dal quale cerca di trovare una via di uscita. Nawal rischia di perdere la casa che ha faticosamente contribuito ad acquistare col suo stipendio, anche se non vi sono documenti a dimostrarlo, e persino la custodia della figlia a causa delle regole imposte dalla Sharia. È costretta a violare il periodo di lutto imposto alle vedove, che per tre mesi non dovrebbero uscire di casa o quantomeno uscire il meno possibile, per lavorare e provvedere al sostentamento di Nora. È sommersa dalle insistenti richieste di Rifqi, da una burocrazia complessa in cui è difficile districarsi e da un sistema che priva la donna dei diritti più basilari naturalmente garantiti agli uomini.

Anna Culotta, Filmpost

21 marzo 2024

Un’esperienza sensoriale, melodramma cosmico e fantasy struggente: Andrew Haigh nei pressi del capolavoro con Estranei

Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi: Andrew Haigh lo sa bene e Weekend (un breve incontro destinato a incastonarsi nella memoria) e 45 anni (una lunga storia denudata di fronte alla verità nascosta) stanno lì a dimostrare quanto sia profondo e struggente lo sguardo di un regista sempre disperatamente bisognoso di credere nell’amore come salvezza. [...]

Tratto dal romanzo di Taichi Yamada, Estranei ha un incipit folgorante, che esplora il palazzo per sondare le solitudini: Adam apre la porta e si trova Harry – l’unico altro inquilino del condominio – sulla soglia di casa, affascinante come ogni sconosciuto che incarna il desiderio ma anche troppo sbronzo per essere affidabile. Paul Mescal è fenomenale nell’incarnare il romanticismo dei falliti e l’erotismo dei solitari, la tenerezza dei malinconici e l’istinto dei felini. Si riconoscono, Adam e Harry, prima di riconoscersi, nonostante la ritrosia dell’uno e l’intraprendenza dell’altro. Ma per andare avanti, e per darsi una possibilità di essere felice, Adam deve fare i conti con il passato che non passa. [...]

È un’esplosione di cinema, Estranei. Di cinema indispensabile. Che crede nella forma come contenuto e che si incarica delle cose più importanti quando fa dire a un personaggio “So quanto è facile smettere di prendersi cura di sé”: la cura del prossimo, la pace con se stessi, la speranza nel futuro. “Ho anche bei ricordi”, dice Adam: nei pressi del capolavoro.

Lorenzo Ciofani, Cinematografo

21 marzo 2024

Torna in sala QUARTO POTERE di Orson Welles

Un film rivoluzionario, di “straordinaria potenza visiva”, che rielabora e rifonda la narrazione per immagini, in particolare tramite inquadrature innovative e l’uso del piano sequenza. Il primo esempio di “cinema moderno”, senza lieto fine. Un “giallo metafisico”, per un critico d’eccezione come Jorge Luis Borges. Realizzato dal regista ad appena 25 anni, ha rappresentato una pietra miliare in praticamente ogni aspetto tra quelli che compongono l’opera cinematografica: dalle riprese aeree e dall'utilizzo della profondità di campo, alla trama, che si articola attraverso punti di vista, nessuno dei quali realmente rappresentativo della statura di Kane.

Non c’è dubbio che Quarto potere rappresenti uno dei capolavori assoluti della settima arte, eppure – a dispetto delle sue entusiastiche recensioni – non ebbe all’inizio (1941) il successo di pubblico che meritava. In Italia arrivò solo nel 1948 e addirittura, quasi venti anni dopo, dovette subire l’onta di essere tagliato di circa un quarto d’ora per essere riproposto nelle sale.

Domenica 24 alle 20:45 e lunedì 25 alle 21:00 Citizen Kane torna in versione originale sottotitolata, rispettosa della sua essenza e integrità: un film immortale, tuttora di grande attualità e impatto estetico ed emotivo, nonostante abbia abbondantemente superato gli 80 anni di età.

L’opera di Orson Welles, al di là della sua aura “classica”, appare dunque più che mai calata nella realtà odierna, centrata com’è sul tema del potere dei media sull’opinione pubblica, in un momento storico in cui più che mai si impone una riflessione sull’ingerenza e la pervasività dei mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi, nella nostra società.

12 marzo 2024

Torna in sala 20 Days in Mariupol, Oscar per il miglior documentario

Il lavoro di Mstyslav Chernov, reporter di guerra per AP e premio Pulitzer proprio per il suo lavoro a Mariupol nelle prime ore dell’offensiva russa, non è solo un documentario ma un gesto morale. Il cinema al suo rango più nobile per un premio Oscar meritatissimo.

20 Days in Mariupol non solo non esiste indipendentemente dalla nostra partecipazione: non vuole. Nel testimoniare senza tema di censura quello che è accaduto nella città martire della guerra in Ucraina, indugiando sulla distruzione arbitraria di vite, di case, di normalità e infrastrutture, Chernov non veste mai i panni del freddo testimone ma entra in campo, si fa parte della tragedia, attirando l’obiettivo su di sé e, dunque, su di noi che ignavi guardiamo.

Così, l’orrore in flagranza colto da questo coraggioso videogiornalista – che si spinge sino a inquadrare il corpo esanime di un neonato ucciso dalle bombe – non è pornografia del dolore perché non è mai solo mostrato, esibito ma compenetrato, vissuto, accolto. È un lavoro che, mentre espone, ci espone, aggredendo il nostro bisogno di sicurezza, le comfort zone, l’anestetico meccanismo del distanziamento per immagini.

Gianluca Arnone, Cinematografo

08 marzo 2024

Food for profit: un pregevole atto d'accusa verso le istituzioni europee

Polesine, Italia: un allevamento intensivo di polli, per rispettare le indicazioni del produttore, deve consegnare soltanto degli esemplari perfetti da poter immettere sul mercato, e gli "scarti" vengono eliminati con pratiche violente. Regione di Berlino, Germania: un allevamento intensivo di mucche, visto l'affollamento dei capi e la scarsa pulizia degli ambienti, viene colpito dal proliferare della mastite (un'infezione e infiammazione della ghiandola mammaria), così il personale non medico somministra antibiotici agli animali malati.  Murcia, Spagna: un allevamento intensivo di maiali sfrutta le poche risorse idriche del territorio e scarica in vasconi all'aperto i liquami di risulta, causando inquinamento del suolo e contaminazione della falda acquifera. Tutto vero, disturbante e inquietante. Solo che per alcuni politici, organi di controllo e istituzioni gli allevamenti intensivi non esistono.[...]

Dobbiamo produrre di più perché dobbiamo mangiare più carne, e per farlo dobbiamo sfruttare più suolo, contaminare più acqua, appestare più aria, somministrare più antibiotici, stipare più animali, violare più diritti. Ma davvero dobbiamo?
Food for Profit non solo mette la camera - nascosta e non - al centro di tutto questo, costringendo in qualche modo a guardare (che tu sia spettatore inconsapevole, attivista convinto, politico coinvolto), ma alla fine dei suoi '90 minuti fa una anche una precisa call for action: "Stop sussidi pubblici agli allevamenti intensivi".

Lugi Coluccio, Mymovies