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Amore carne

di Pippo Delbono — Italia/Svizzera, 2011, 75'
con Irène Jacob, Marie-Agnès Gillot, Tilda Swinton, Pippo Delbono, Sophie Calle, Margherita Delbono, Marisa Berenson

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Nel corso dei viaggi, la piccola camera o il telefonino di Pippo Delbono catturano momenti unici, incontri ordinari o straordinari. Da una camera d’albergo a Parigi ad un’altra a Budapest, i percorsi intrecciano un tessuto del mondo contemporaneo. Insieme a tutti questi testimoni, alcuni famosi, altri no, che dicono o danzano la loro visione dell’universo. A volte la camera agisce di nascosto. A volte riprende gli attimi che precedono una catastrofe – come il terremoto de L’Aquila. Oppure il dopo, come a Birkenau. Gli incontri (con sua madre, gli amici, gli estranei) sono altrettante immagini del mondo di ieri, di oggi, di domani. Un mondo che qualcuno racconta attraverso la musica (come il compositore e violonista Alexander Balanescu) o il gesto (come Marie-Agnès Gillot, danzatrice étoile de l’Opera di Parigi), oppure attraverso le parole (come l’attrice Irène Jacob) o il silenzio (come Bobò, lo storico attore sordomuto di Delbono, o come l’artista Sophie Calle e l’attrice Marisa Berenson). Da un’immagine all’altra, da un testo all’altro, da uno spazio all’altro, la camera ci parla dell’amore. Della poesia. E della carne. Con ciò che comporta di passione, ombra, dolore, tragedia e umorismo.

Pippo Delbono è una delle grandi voci liriche, poetiche, polemiche e politiche espresse da ciò che resta della cultura italiana negli ultimi anni. Apprezzato uomo di teatro soprattutto all’estero, ha presentato nel corso della Mostra d’arte cinematografica di Venezia che si è appena conclusa Amore carne, il suo ultimo lavoro cinematografico. Nonostante la grande stampa lo ignori o quasi (parlando di lui purtroppo sempre per i motivi sbagliati), l’attore e regista ha intrapreso nel quasi totale disinteresse della critica ufficiale un appassionante percorso cinematografico che nel giro di pochi lo ha portato a essere un autore di punta del rinnovamento cinematografico italiano. [...]
Strutturato come una lunga infinita soggettiva, quasi l’equivalente di quelle corse in soggettiva realizzate agli albori del cinema, il film s’intreccia indissolubilmente con la voce di Delbono accompagnando il nostro sguardo tra le pieghe del reale.
Lo sguardo dell’attore e regista s’incanta come un bambino davanti a degli anziani che ballano, osserva il mondo da un abitacolo di un’auto durante un temporale, mentre la voce fa riverberare versi di Rimbaud ed Eliot.
Amore carne descrive sin dal titolo i termini di un’equazione: l’amore di chi vive nel mondo, attuando l’ultima forma di resistenza possibile, il dissenso nei confronti della violenza e della volgarità, e l’amore quale forza propulsiva che spinge a uscire di casa e a mettersi in gioco e a rischiare la propria vita “quando persino le società sono a responsabilità limitata” (Delbono).
Con Amore carne tornano di strettissima attualità le ragioni di un cinema forte, creativo, sperimentale. Un cinema che in Italia ormai sono in pochi a praticare.
Se parafrasando Bob Dylan non abbiamo bisogno del metereologo per sapere da che parte soffia il vento, continuiamo ad avere un tremendo di sciamani visionari come Pippo Delbono in grado di fare poesia con la propria pelle elevandola così alla forma più raffinata e radicale di politica concepibile oggi.

GIona A. Nazzaro, Micromega