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Sils Maria

di Olivier Assayas — Francia, 2014, 124'
con Juliette Binoche, Kristen Stewart, Chloë Grace Moretz, Lars Eidinger, Johnny Flynn, Angela Winkler, Hanns Zischler, Brady Corbet

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Maria Enders (Juliette Binoche), attrice all'apice della sua carriera internazionale, viene invitata a partecipare al revival del dramma che l'ha resa famosa vent'anni prima. Allora Maria aveva interpretato il personaggio di Sigrid, una giovane e seducente ragazza che finisce per spingere la vecchia Helena al suicidio, mentre adesso le viene chiesto di impersonare Helena. Maria, che trascorre la maggior parte del suo tempo con l'assistente personale nonché unica amica Valentine (Kristen Stewart), è presto costretta a confrontarsi con Jo-Ann (Chloë Grace Moretz), una giovane divetta di Hollywood con un debole per gli scandali scelta per la parte di Sigrid e simbolo di una inquietante gioventù.

Un film complesso e traslucido. Sils Maria s’inoltra nel mistero della presenza dell’attore innervando un discorso sulla creazione del cinema nel mito del film di montagna di Arnold Fanck. Nel corpo di Juliette Binoche, Assayas osserva come in un specchio l’epifania di una mutazione; si pensa ovviamente a "Sans titre". Nell’opporre due corpi femminili (il regista avrebbe voluto Mia Wasikowska al posto di Kristen Stewart) Assayas, pur omaggiando il maestro Bergman, sembra addirittura attingere al magistero di Mankiewicz.

Un film criptico ed affascinante, Sils Maria, che si apre come l’ennesima variante sul sempiterno modello di Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz, tuttora il massimo capolavoro in materia di dicotomia fra la realtà e la nostra percezione di essa, filtrata attraverso la rielaborazione artistica propria del mestiere dell’attore. In questo caso a vestire i panni di una moderna Margo Channing, con occhiali scuri e tablet su cui verificare in tempo reale notizie e rumors dal mondo dello show-business, è una magnifica Juliette Binoche, la quale non esita a lasciar scorrere sul proprio volto di splendida neo-cinquantenne ogni singola sfumatura degli stati d’animo del suo personaggio: Maria Enders, un’affermata diva cinematografica in procinto di rendere omaggio al defunto Wilhelm Melchior, il regista e drammaturgo che oltre vent’anni prima aveva dato inizio alla sua carriera affidandole la parte della spregiudicata Sigrid. Il testo, dal titolo Maloja Snake, era stato interpretato da Maria prima a teatro e poi sul grande schermo, e da allora la sua intera esistenza era stata segnata dall’identificazione con il ruolo da lei impersonato: la ragazza che, in virtù della sua conturbante giovinezza, coinvolgeva in uno spietato gioco di seduzione la matura borghese Helena. Ma ora, a due decenni di distanza, è la parte di Helena ad essere offerta a Maria dal regista Klaus Diesterweg, intenzionato a riportare sul palcoscenico Maloja Snake, mentre ad interpretare Sigrid sarà Jo-Ann Ellis, trasgressiva starlet che sbanca i botteghini con film di supereroi ed anima le colonne del gossip con la sua turbolenta vita privata.

In Sils Maria si intrecciano pertanto una pluralità di suggestioni, che rimandano al succitato Eva contro Eva ma pure alla rappresentazione del sentimento amoroso come perverso meccanismo di potere del cinema di Rainer Werner Fassbinder - e difatti, la trama della fittizia pièce Maloja Snake ricalca quella de Le lacrime amare di Petra von Kant. Ma al di là degli echi cinefili (ben lontani, tuttavia, da uno sterile citazionismo), la pellicola di Assayas si configura innanzitutto come un formidabile gioco di specchi, il cui disegno narrativo, però, non assume affatto una precisione geometrica: il topos dello sdoppiamento subisce un’ulteriore frammentazione, evidente fin dalla presenza di tre figure femminili al cuore del racconto (come le Tre donne del film di Robert Altman). Maria, impegnata nel traumatico passaggio dal ruolo di Sigrid a quello di Helena, e quindi nella dolorosa accettazione di un vissuto esistenziale che la costringe a rivalutare le sue prospettive di gioventù, nel frattempo è ‘presa’ fra due donne, entrambe rifrazioni del personaggio di Sigrid (e quindi, per analogia, di Maria stessa): la solerte assistente Valentine (Kristen Stewart), che legge le battute di Sigrid per aiutare Maria a calarsi nella difficile parte di Helena; e la diva adolescente Jo-Ann Ellis (Chloë Grace Moretz), bersaglio delle frecciate satiriche di Assayas contro il life-style da cronaca di rotocalco e la mentalità commerciale di Hollywood (in tal senso, risulta di impagabile ironia lo scambio di commenti fra Maria e Valentine sulla saga di fantascienza che vede protagonista Jo-Ann, una sorta di parodia degli X-Men).

 Ma Assayas, come dicevamo, non ama le costruzioni geometriche, né tantomeno la diabolica perfezione di certe “strutture a incastro” tipiche del cinema classico: lo aveva già dimostrato in Qualcosa nell’aria, e tale caratteristica appare ancor più esasperata in Sils Maria, che procede secondo un andamento sinuoso ed ondivago, in sostanziale contrasto con la sua ripartizione nei canonici tre atti. Quello del regista francese è un film di ellissi, di “non detti”, di percorsi intrapresi e subito interrotti, di avvenimenti tragici (morti, tentativi di suicidio) che avvengono puntualmente fuori scena, di spunti lanciati ad ogni sequenza lasciando che sia lo spettatore, semmai, a raccoglierli. Lo scandalo che travolge Jo-Ann e il suo nuovo amante; l’accenno di attrazione saffica di Maria nei confronti di Valentine, spiata mentre giace addormentata indossando un tanga (un esempio di immedesimazione nella passione di Helena per Sigrid?); la misteriosa sparizione di Valentine, che si ‘dissolve’ fra le nuvole di Sils Maria... ed appunto l’epilogo, con le prove generali dell’atteso debutto in un teatro di Londra, mentre Maria sente riaffiorare dubbi, nevrosi ed insicurezze (e a tratti sembra di rivedere la Gena Rowlands del meraviglioso La sera della prima di John Cassavetes). Il trascorrere del tempo ha forse mutato il punto di vista della donna, la sua percezione della realtà, dell’arte e di se stessa? Aver osservato l’altro lato delle nuvole le permetterà di accedere ad una maggiore comprensione del mondo, o tale obiettivo è solo una pura illusione? Come ha scritto Joni Mitchell, giusto a proposito di nuvole: «I’ve looked at clouds from both sides now / from up and down, and still somehow / it’s cloud illusions I recall / I really don't know clouds at all».

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