1974-1994. L’età del vuoto
Il cammino della Popular Music nel Novecento sembra ormai inarrestabile. In piena Guerra Fredda un impertinente movimento giovanile di massa, sempre più impetuoso ed imprevedibile, mette in discussione attraverso pratiche antiautoritarie di produzione artistica molti dei meccanismi più sottilmente violenti dei due capitalismi.
E’ un laboratorio collettivo le cui estetiche sono il blues e il jazz postbellici, il nuovo folk di Bob Dylan e il rock totale di Jimi Hendrix. Ne esce un’estetica, non solo musicale, che ha saputo addirittura scalare il mercato pur mantenendo la stessa purezza creativa e funzionale del folk, di cui è ideale prosecuzione.
A metà degli anni Settanta si assiste alla controffensiva di majors e multinazionali. Il capitalismo reale di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, in un solo decennio, inaridisce tanto il paesaggio relazionale quanto quello estetico-musicale dell’intero occidente. Inizia l’età del vuoto.
La Popular Music inventa nuove forme per sopravvivere: minimalismo, punk, caparbio individualismo, neo-primitivismo e, infine, grunge sono solo alcuni dei semi che, sopravvivendo alla defoliante invasione di un mtv-pop insipido e onnipresente o alla palude di un neo-classicismo consolatorio, porteranno segni di urgenza creativa alle soglie del nuovo millennio. E dalle scene di Londra e di Downtown New York nascono frutti sempre più saporiti.
Conduce Giorgio Signoretti.