Clint Eastwood. Un classico contemporaneo
Docente: Bruno Fornara.
Prima attore di secondo piano, poi protagonista in Italia dei film di Sergio Leone e in America dei film di Don Siegel, infine regista di ormai più di trenta film che continuano a crescere, Clint Eastwood impersona da quattro decenni – la sua prima regia è del 1971, Play Misty for Me, Brivido nella notte – la figura del continuatore della classicità hollywoodiana. E la sua è una classicità che richiama e tiene viva la concezione del cinema americano degli anni d'oro, ma è anche una forma di classicità rinnovata dentro l'America e dentro il cinema che sono profondamente cambiati dagli anni Sessanta del Novecento a oggi.
È stato definito un monumento, una istituzione, un classico vivente. Ogni anno esce un suo film ed è sempre un avvenimento. È il cantore di 150 anni di storia americana dalla Guerra di Secessione con Il texano dagli occhi di ghiaccio, alla Seconda Guerra mondiale con il dittico Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima, agli anni Trenta di Changeling, all'era Kennedy rivisitata in Un mondo perfetto. Ha portato sullo schermo, lui attore, regista e produttore, poliziotti brutali o onesti, pistoleri, soldati, cantanti country, gente comune. Ha frequentato generi diversi, dal western al poliziesco, al melodramma. Ha superato la scomunica ideologica con la quale era stato bollato ai suoi inizi. Insomma, è diventato la rappresentazione, non certo stereotipata ma viva, del cineasta americano. È il regista – lo si sente dire spesso – che “non sbaglia un film”.
Definirlo regista classico però non basta. Eastwood è grande regista anche perché è sfaccettato, complesso, addirittura contraddittorio. C'è chi l'ha definito “un ossimoro vivente”. Eastwood è certo classico per la sua frequentazione dei generi del cinema americano; è classico per la sua regia misurata, attenta, mai forzata, non esibita. Ma è anche moderno per la sua capacità di misurarsi con temi e luoghi della modernità: basta pensare a film come Mystic River o Million Dollar Baby. È moderno perché i generi li rivisita, li cambia, li sottopone a torsioni: si pensi a un western come Gli spietati, o a un melodramma come I ponti di Madison County, o a un dramma come Gran Torino. È moderno perché è ambiguo e ci spiazza; perché ci sembra talvolta, più che un classico, un primitivo, nel senso di anticonvenzionale, di capace di resuscitare emozioni, opposizioni e conflitti che vanno alla radice del nostro sentire e del nostro vivere. Eastwood usa, rinnova e conserva le forme classiche per immergerle dentro discorsi attuali, dentro la ricerca di una moralità contemporanea. È classicamente contemporaneo.
Bruno Fornara fa il critico cinematografico. È stato presidente della Federazione Italiana Cineforum e direttore editoriale di «Cineforum». Ha scritto Charles Laughton, La morte corre sul fiume e Geografia del cinema. È stato organizzatore del Bergamo Film Meeting ed è tra i selezionatori della Mostra del Cinema di Venezia. Insegna alla Scuola Holden di Torino e collabora con il Torino Film Festival.
Sabato 16 (ore 14.30-19.30) e domenica 17 gennaio (ore 10.00-13.00; 14.00-16.00).
Iscrizione: 30 euro per i soci, 30 euro + tessera associativa 2015-2016 per i non soci, 15 euro per gli studenti delle scuole superiori e dell'Università di Mantova.