Buio

di Emanuela Rossi — Italia, 2019, 98'
con Denise Tantucci, Valerio Binasco, Gaia Bocci, Olimpia Tosatto, Elettra Mallaby, Francesco Genovese

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Stella, diciassette anni, vive con le due sorelle più piccole, Luce ed Aria, in una casa dalle finestre sbarrate, dove il tempo sembra essersi fermato. Ogni sera, il padre rientra, si spoglia della maschera antigas e della tuta termica, porta il cibo e aggiorna le figlie con i racconti dell’Apocalisse in corso, che continua a decimare l’umanità. Ma all’interno della casa ci sono dei conflitti: le ragazze stanno crescendo, si modificano gli equilibri… Una sera il padre non torna. Stella decide di uscire, per cercare cibo. Una favola visionaria e coraggiosa, che in questi giorni di quarantena assume una valenza profetica.

Fra The Village e Room, Buio usa l’isolamento delle protagoniste per una riflessione più ampia e profonda su temi come l’ambientalismo, il senso di colpa e il patriarcato, muovendosi con disinvoltura fra il thriller, lo sci-fi e l’horror. Facile entrare in empatia con la bravissima Denise Tantucci (non a caso, scelta da Nanni Moretti per il suo prossimo Tre piani), protagonista e vittima di una struggente metafora sul maschilismo. La vediamo subire l’oppressione del padre, che individua in tutto ciò che è esterno al nido familiare un pericolo per la sua integrità, e portare con sé la mentalità tipica di una cultura castrante, che associa il sesso (simboleggiato dall’arrivo del primo ciclo mestruale) a un peccato da espiare. Ma Buio dà anche una speranza, luminosa come i raggi solari che filtrano dalla soffitta della casa: per quanto disastrato sia il mondo là fuori, c’è sempre un modo per ripartire. [...]

C’è tanto cuore e tanto coraggio in Buio, e si percepisce in ogni momento la battaglia che l’autrice, come purtroppo troppe donne, ha dovuto combattere contro un’asfissiante cultura patriarcale. Ma c’è anche tanta perizia tecnica, dal momento che Emanuela Rossi riesce a trovare nella limitazione e nella evidente carenza di budget degli strumenti con i quali alimentare la tensione. A stupire positivamente sono soprattutto i contrasti: quello fra la musica classica che si ascolta in casa e le nuove sonorità che Stella scopre, o quello fra le anguste stanze in cui sono costrette le protagoniste, vestite in modo castigato per le restrizioni del padre, e l’utilizzo di colori vivaci, con tanto di indumenti più audaci nel momento in cui il controllo viene meno. Opposizione che ci ricorda che dentro ogni spirito vessato e in ogni donna oppressa c’è una persona che reclama aria e libertà.

Marco Paiano, Lostincinema.it

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