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E se vivessimo tutti insieme?

di Stéphane Robelin — Francia/Germania, 2011, 96'
con Jane Fonda, Daniel Brühl, Geraldine Chaplin, Pierre Richard, Claude Rich, Guy Bedos, Camino Texeira, Philippe Chaine

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Jean, Annie, Albert, Jeanne e Claude sono amici da quattro decenni. Due coppie sposate e un single impenitente, tutti ultrasettantenni, alle prese con le malattie del cuore, delle cellule o della memoria. Tutti silenziosamente occupati a cercare una soluzione finale per se stessi o l’amato, per non pesare sui figli ma nemmeno assecondarli nelle loro fantasie di case di riposo senza privacy e senza identità. Vivere sotto lo stesso tetto, nella grande casa di Annie, è un’idea che nasce quasi per scherzo, a tavola, ma si trasforma in fretta nella soluzione migliore per tutti. Specie perché con loro si trasferisce anche un baldo giovane, Dirk, studente di etnologia alle prese con una tesi di laurea sulla condizione degli anziani in Europa.

Che la cosiddetta terza età rappresenti una fetta ormai consistente della realtà contemporanea, se ne è accorta da tempo anche la Settima Arte. La quale, da buona osservatrice, sempre più spesso sforna titoli sull’argomento, capaci di spiccare per l’ottima riuscita (pensiamo ad Amour di Haneke) o per il cast certo non più giovane ma ancora in forma (Potiche. La bella statuina). Dal canto suo, E se vivessimo tutti insieme? riesce a condensare entrambi questi valori aggiunti, proponendosi come una riflessione sulla vecchiaia dolce e rispettosa ma allo stesso tempo graffiante e per nulla intimidita. Diretta da Stéphane Robelin, la pellicola riunisce infatti un parterre d’eccezione composto da Jane Fonda, Geraldine Chaplin, Claude Rich, Pierre Richard e Guy Bedos. Hanno tutti più di settant’anni e naturalmente si trovano ad affrontare le problematiche che ciò comporta. Da vecchi amici, decideranno però di farlo insieme, andando a vivere nella casa di una delle due coppie trasformata per l’occasione in una sorta di comune. Nonché in un coacervo generazionale da cui emergeranno, senza pudori né false reticenze, le diverse sfere (spesso sottaciute) che li riguardano, in particolare quella dell’emotività e della sessualità (si ricordi il pioneristico Settimo cielo di Andreas Dresen, 2008). Certo, trattandosi di over 70, l’happy end non può essere di quelli classici, ma ciò non toglie che il sorriso prorompa come un uragano.

Enrica Re, FilmTV