lunedì
26
maggio
21:15

La memoria degli ultimi

di Samuele Rossi — Italia, 2013, 75'
con con Massimo Rendina, Gildo Bugni, Laura Francesca Wronowska

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La memoria degli ultimi è la storia di un viaggio, emotivo, prima che fisico. Partendo dal difficile momento odierno del nostro Paese, il racconto sprofonda nella memoria della guerra e della Resistenza, attraverso le vite e gli sguardi di sette ex-partigiani combattenti, uomini e donne. Un viaggio fisico alla ricerca degli ultimi sopravvissuti della Resistenza, che diventa un viaggio dentro le emozioni, i ricordi e i sentimenti di una generazione che ha sperato e creduto in un futuro diverso, sacrificando la propria giovinezza in nome di qualcosa che sembrava troppo importante per essere ignorato. Gli “ultimi” sono i protagonisti di un viaggio nel loro passato e nei luoghi che ne hanno segnato per sempre l’animo, vivendoli non in una tradizionale ottica storica, ma attraverso lo sguardo autentico e la delicata dimensione intima. La Storia diventa così non solo materiale per i libri di scuola, ma una pagina di vita vissuta, dolorosamente intima, e nitidamente parte di ognuno di noi.

"Vorrei che quelli che ancora oggi si divertono a parlare male della Resistenza, che si arricchiscono scrivendo libracci pieni di menzogne sul movimento partigiano pensassero per un attimo che cosa sarebbe potuto succedere in Italia se invece della Resistenza avessero vinto Hitler e Mussolini. È vero che anche la Resistenza ha commesso errori, ma sfido chiunque a dire che degli uomini, che vivono per venti mesi in quella maniera, che non sanno dove mangiare e dove dormire, accerchiati anche psicologicamente da ogni parte, possano non commettere errori. Nessun revisionismo, nessuna menzogna potrà mai dire che la Resistenza non ha fatto del popolo italiano un popolo libero. Sono liberi anche coloro che hanno combattuto contro la libertà". Giorgio Mori, classe 1923, parla con orgoglio della sua esperienza di partigiano nel film di Samuele Rossi La memoria degli ultimi. Toscano, figlio di un cavatore, scelse di "combattere per mandare via i tedeschi ma anche per migliorare la vita degli operai e dei contadini. Quella era la molla".
Mori aveva già vissuto la guerra: "A 19 anni fui spedito nell'inferno della guerra di Libia, e lì ho conosciuto l'alleato tedesco, l'ho conosciuto bene. Durante la ritirata di Tobruk quando un ferito italiano cercava di farsi raccogliere dagli automezzi i tedeschi gli sparavano addosso o gli spezzavano le dita con cui si aggrappavano". Dall'orrore della guerra venivano altri protagonisti del film, come Massimo Rendina (1920) che, sottotenente dei bersaglieri, al ritorno dalla Russia, "vedendo Torino occupata dai tedeschi, decisi che non potevo non essere in questa guerra", ed entrò nella Brigata Garibaldi. O come Germano Pacelli (1924), che, arruolato nell'esercito, ricorda "i soldati che in Jugoslavia si vantavano di buttare i bambini per aria per esercitare con la mira". Per qualcuno la "molla" veniva dall'infanzia, dal ricordo del dolore vissuto in famiglia di Giorgio Vecchiani (1926) "quando mio fratello fu disperso in Russia nella guerra voluta da Mussolini. I suoi resti non sono mai stati trovati". Ermenegildo Bugni (1927) aveva 9 anni "quando mio padre fu preso dai fascisti, lo assassinarono facendogli bere l'olio del motore di una macchina che gli bruciò lo stomaco. Sono cose che si radicano nello spirito di un bambino" e per lui, dopo la caduta del fascismo "con i tedeschi in giro e  i repubblichini che ritornavano galli andare sui monti era un passo quasi naturale".
La memoria degli ultimi raccoglie testimonianze diverse di una stessa scelta compiuta dopo l'8 settembre del '43. "Badoglio chiese l'armistizio, ma la guerra non era finita, il peggio doveva ancora venire", racconta Laura Francesca Wronowska (1923), figlia di una famiglia aristocratica milanese di origine polacca. "Io sono di temperamento combattivo, altrimenti all'alba del 9 settembre non avrei lasciato il letto con le lenzuola di lana per raggiunge quelli del Partito d'azione e andare a dormire nel fieno. Bisogna credere in quello che si fa, avere la schiena dritta e avere la gioventù", dice e aggiunge con ironia: "Eravamo una generazione molto sportiva, così ci aveva voluto Mussolini, forti e combattivi, per mandarci a morire nella guerra". Anche per la Wronowska la "molla" viene dall'infanzia: "Mia madre e la moglie di Matteotti erano sorelle. La morte di mio zio fu determinante. Mussolini blandiva la nostra famiglia ma il rigore morale di mia madre la indusse a dire sempre no. Vivevamo sempre peggio, ma con la schiena dritta".
Il film di Samuele Rossi intreccia le testimonianze a percorsi con i protagonisti alla ricerca dei rifugi e dei luoghi delle battaglie, soprattutto sull'Appennino Toscano. I tempi sono segnati da suggestive immagini di repertorio, la dichiarazione di guerra di Mussolini, la battaglia di Russia, le rappresaglie dei tedeschi, le piazze dei 25 luglio e dell'8 settembre, fino al 25 aprile. La Liberazione è ricordata da Umberto Lorenzoni (1926), un altro dei sette intervistati, "come un giorno di festa collettiva, ma personalmente ero felice soprattutto perché potevo riprendermi il mio nome e mettere da parte Eros, il nome di battaglia". Ma per tanti uomini e donne che hanno rischiato la vita nella Resistenza, il dopo guerra non portò tempi migliori. Se Massimo Rendina ha fatto carriera alla Rai fino a direttore del Tg, e la Wronowska è stata caporedattore del Corriere della Sera, per altri sono cominciate altre difficoltà. Ricorda Giorgio Mori, che è emigrato ed è stato minatore in Belgio per 11 anni: "Quelli che rientravano dalla Repubblica di Salò riprendevano il loro posto e molti di noi che avevamo fatto i partigiani non trovavamo lavoro. "Se mi metto in casa questo che ha sparato col mitra mi fa casino, magari vuole i suoi diritti, meglio di no", era l'idea di molti datori di lavoro". Oggi "con questo sentimento di rinnovamento talmente pregnante che porta a voler dimenticare il passato, come si fa a non sentirsi traditi?", dice Bugno, che ha fatto l'ambulante per tutta la vita. Ma i più delusi non rinnegano la loro scelta e ne portano ancora l'orgoglio.

Maria Pia Fusco, repubblica.it

La serata è organizzata in collaborazione con ANPI - Sezione di Mantova.