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L'accabadora

di Enrico Pau — Italia, Irlanda, 2016, 97'
con Donatella Finocchiaro, Barry Ward, Carolina Crescentini, Sara Serraiocco, Anita Kravos

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Primi anni '40. Annetta arriva a Cagliari alla ricerca di Tecla, di cui si è presa cura dopo che la madre della ragazza è morta. Dalla povertà del paese natìo Annetta si trasferisce al lusso del palazzo cagliaritano dove assume l'incarico di custode quando i proprietari sfollano in campagna per sfuggire ai bombardamenti che stanno devastano il capoluogo sardo.

Annetta è solitaria e misteriosa come chi nasconde un segreto. Infatti al paese natale viveva isolata perché era l'”accabadora”, colei che da la “buona morte” ai malati in agonia, un ruolo che Annetta non ha scelto ma che ha accettato con la quieta rassegnazione con cui molte donne hanno acconsentito al posto loro assegnato in una società arcaica dalle tradizioni millenarie. Un giovane medico straniero comincia a corteggiarla ...

Enrico Pau, già regista di Pesi leggeri e Jimmy della collina, affronta una figura archetipale della sua Sardegna scegliendo i collaboratori giusti, non solo in ambito cinematografico: la sceneggiatrice Antonia Iaccarino, sua sodale dai tempi del cortometraggio La volpe e l'ape, il graphic novelist Igort che cofirma il soggetto, lo stilista e artista Antonio Marras che ha creato i costumi dell'accabadora. Ognuno di loro lascia la sua impronta sulla storia: l'asciuttezza dei dialoghi e la segretezza pudica e misteriosa attraverso cui i personaggi si rivelano; il taglio "storyboard" di certe inquadrature; la concretezza tattile di tessuti che portano in sé il ricordo di un passato pesante.

La gravitas caratterizza anche la protagonista, una splendida Donatella Finocchiaro che incarna Annetta come schiacciata dal peso della colpa, e poi via via alleggerita dalla inattesa apertura verso un destino non già terminalmente segnato. Accanto a lei Sara Serraiocco è una Tecla selvatica e ribelle e Barry Ward, l'attore irlandese protagonista del Jimmy's Hall di Ken Loach , gestisce bene il suo ruolo di estraneo prima ancora che straniero, complice anche un utilizzo della lingua italiana (imparata per l'occasione) inadeguato ma in questo ruolo efficace. Ben due volte i personaggi rispondono ad una domanda importante con un "Non lo so", ed è un piacere vedere in un film italiano contemporaneo questa realistica mancanza di consapevolezza, questa onestà nel riconoscersi pedine su una scacchiera predisposta da altri. La ricerca di senso è il motore che muove ognuno dei ruoli secondo i suoi mezzi e la sua cultura, e si disvela nel percorso, non nelle intenzioni di partenza.

Un film fortemente originale e di grande impatto visivo ed emotivo, che racconta bene quella poesia del niente che nasce dalle rovine e dal conflitto.

Paola Casella, My Movies