giovedì
01
agosto

Pinocchio

di Enzo d'Alò — Italia/Belgio/Francia/Lussemburgo, 2012, 84'

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"Appena entrato in casa, Geppetto prese subito gli arnesi e si pose a intagliare e fabbricare il suo burattino. Che nome gli metterò? - disse fra sé e sé -. Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna...Quando ebbe trovato il nome al suo burattino, allora cominciò a lavorare a buono, e gli fece subito i capelli, poi la fronte, poi gli occhi...". Il Pinocchio di Enzo d'Alò è il coronamento di un sogno artistico e produttivo durato cinque anni. L’incontro del regista de La gabbianella e il gatto con Lorenzo Mattotti, il grande illustratore che nel 2000 ha disegnato il manifesto del festival di Cannes, ha prodotto il miracolo di un adattamento del romanzo tanto fedele quanto innovativo e originale. Le musiche di Lucio Dalla (alla sua ultima opera).

La storia di Pinocchio è probabilmente una delle più note della letteratura per l'infanzia, non solo in Italia, ma a livello internazionale. Innumerevoli sono le trasposizioni cinematografiche dell'opera di Collodi, da quella della Disney al Pinocchio televisivo di Comencini. Una storia di formazione che ha segnato intere generazioni, entrando a far parte del bagaglio culturale collettivo. Enzo d'Alò quindi, non nuovo ad adattamenti cinematografici animati, soprattutto di libri per i più piccoli, si confronta con dei veri e propri archetipi, con una materia e dei personaggi che lo spettatore inconsciamente conosce alla perfezione, riuscendo tuttavia a sorprendere lo stesso con una genuinità a livello umano e una freschezza nella narrazione che, forse, ad alcune delle altre versioni mancava.
L'opera di d'Alò sembra prendere vita direttamente dalla fantasia di un bambino, una materializzazione della sua immaginazione che si realizza nei disegni dal tratto apparentemente semplice e tradizionale e nelle musiche che costantemente accompagnano le immagini. Dalle geometriche colline che fanno da sfondo alla storia, vero e proprio pezzo di paesaggio italiano, al caleidoscopico Paese dei balocchi, passando per i più cupi momenti marini e l'etereo alone brillante che circonda la Bambina dai capelli turchini, la storia si dipana davanti agli occhi dello spettatore in un tripudio di colori, forme e suoni, una favolistica audiovisione che si rivela ricca di citazioni, richiamando alla mente altrettante immagini e arie che fanno parte del proprio bagaglio, riconoscibili già al primo sguardo (o al primo ascolto). Tuttavia, come dietro - o meglio dentro - al ciocco di legno “Pinocchio” si nascondono un'anima e una sensibilità umane, così dietro questa superficie colorata che affascina l'occhio si cela il vero nucleo della storia che pian piano emerge: la formazione del burattino di legno, la sua crescita interiore e, soprattutto, l'accettazione del proprio ruolo di figlio. È in particolare attraverso il confronto con Geppetto, anche lui una sorta di bambino fantasioso che ancora deve crescere come padre, che si fa sempre più chiaro il cambiamento di Pinocchio, un modello con cui identificarsi nella propria crescita. È da quell'abbraccio nelle viscere del capodoglio che emerge in tutta la sua forza emozionale l'importanza del rapporto tra padre e figlio e, soprattutto, la forte umanità che sottende quest'opera, essa stessa come Pinocchio, carica di energia difficile da trattenere, ma in fondo con un buon cuore.

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