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Qualcosa nell'aria

di Olivier Assayas — Francia, 2012, 122'
con Clement Metayer, Lola Creton, Felix Armand, Carole Combes, India Menuez, Hugo Conzelmann, Mathias Renou, Léa Rougeron, Martin Loizillon, André Marcon, Johnny Flynn, Dolores Chaplin

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Parigi, 1971. Gilles sta finendo le superiori e, assieme ai suoi compagni, sembra profondere massimo impegno a sovvertire l’ordine costituito: volantinaggio, manifestazioni, violenti scontri con la polizia, nottate a imbrattare la scuola e un brutto incidente che manda in coma un vigilante dell’istituto. La rivoluzione è nell’aria. Ma Gilles è più interessato alla pittura che non alla politica. Dopo che la sua ragazza molto hippy, Laure, lo lascia per andare a Londra con la madre artista, Gilles inizia a frequentare Christine con cui va in Italia durante le vacanze assieme a un gruppo di cinefili maoisti. Dopo un viaggio per comuni, in Toscana, Christine resta con i documentaristi in Italia e Gilles torna a Parigi per iscriversi all’accademia di Belle Arti. L’ultimo vento del maggio parigino lo guiderà verso il cinema.

Nel prefinale di The Dreamers. I sognatori, il ‘68 irrompe da una finestra spaccata, a svegliare gli amanti assopiti per richiamarli alla vita. Sembra ripartire da lì Olivier Assayas, che con movimento opposto e dolente filma il ‘68 darsi la morte lanciandosi da un’altra finestra. Il Maggio Francese è finito, siamo dopo maggio (Après Mai, recita il titolo originale), nel 1971: il furore militante divampa ma gli ideali sono sulla via dell’autunno, quel fine agosto, inizio settembre che dava il titolo a un altro film del regista. Il gioco dei rimandi potrebbe continuare all’infinito, perché Assayas in quest’opera ha messo tutto se stesso e tutto il suo cinema: apertamente autobiografico, il protagonista Gilles è alter ego dell’autore. Come lui, nei primi Anni 70 è un liceale legato ai movimenti di Sinistra; come lui, ha un padre che firma fiction televisive, oggetti tremendamente borghesi nell’ottica dei duri e puri adolescenti. Che organizzano proteste, girano furiosamente il ciclostile, scappano dai celerini motorizzati, viaggiano per l’Europa e poi cercano se stessi in India. Si amano, distrattamente, si dividono e si guardano con sospetto mettendo in graduatoria il livello di adesione alla Causa. La sceneggiatura, premiata a Venezia 2012, è calibrata alla perfezione: l’amarezza s’instilla implacabile mentre la Rivoluzione cede il passo al tempo, e contro il destino non va più nessuno. In comune con il ‘68 di Bertolucci, quello di Assayas ha il sentore di sogno, di ricordo addolcito dal tempo: così i protagonisti sono graziosi ed evanescenti (gli eroi, si sa, son tutti giovani e belli), la fotografia è limpida e luminosa e ogni elemento della messa in scena suggerisce la leggerezza di quel qualcosa nell’aria che da rivoluzione si è fatto illusione e poi ricordo nostalgico. L’ironia lancinante del finale, in cui l’ambizione artistica di Gilles soccombe a un’industria cinematografica senz’anima, è meno crudele se si pensa al sequel immaginario cui allude: quello in cui Gilles/Olivier con il cinema commerciale si fa le ossa (Assayas ha cominciato lavorando al Superman di Donner), e anni dopo fa deflagrare la Rivoluzione perfino nei piccoli e borghesi schermi della Tv (vedi alla voce Carlos). (Ilaria Feole)

FilmTV, 2/2013