Quartet
di Dustin Hoffman — UK, 2012, 98'
con Maggie Smith, Tom Courtenay, Pauline Collins, Billy Connolly, Michael Gambon, Sheridan Smith, Trevor Peacock, Luke Newberry, David Ryall, Jumayn Hunter
Un angolo felice della campagna inglese ospita Beecham House, casa di riposo per musicisti e cantanti. Ogni anno, in occasione dell’anniversario della nascita di Giuseppe Verdi, gli ospiti organizzano un gala e si esibiscono di fronte ad un pubblico pagante per sostenere Beecham e scongiurarne lo smantellamento. Ma ecco che la routine di Reggie, Wilf e Cissy viene sconvolta dall’arrivo a pensione di Jean Horton, elemento mancante e artista di punta del loro leggendario quartetto, nonché ex moglie di un Reggie ancora ferito.
Ancora inedito in Italia è A Late Quartet di Yaron Zilberman, storia di un celebre quartetto d’archi il cui veterano violoncellista, un perfetto Christopher Walken, scopre di essere malato di Parkinson. Quartet ha un tono più leggiadro, pur dibattendosi tra simili impedimenti fisici e mentali. La coincidenza sta nel quartetto, anche se nel nostro caso è vocale, ma soprattutto nel desiderio di raccontare storie di personaggi eccezionali che la vecchiaia costringe a più miti consigli e ad affrontare un decadimento non solo del corpo ma persino del ruolo.
Mauro Gervasini, FilmTV
Proprio il caso della grande Maggie Smith, cantante di chiara fama decisa finalmente a raggiungere Beecham House, casa di riposo per musicisti e artisti dove malauguratamente risiede l’ex marito interpretato dall’altrettanto grande Sir Tom Courtenay (per gli smemorati: Billy il bugiardo). I due, insieme a Billy Connolly e Pauline Collins, fecero parte di un quartetto leggendario che qualcuno ora pensa di riunire per un concerto, così da raccogliere i fondi necessari per salvare il pensionato dal fallimento. Ma una rivale in bel canto, la vera soprano Dame Gwyneth Jones, trama nell’ombra. Dietro la macchina da presa l’esordiente 75enne Dustin Hoffman, che riempie la vicenda di ironia e dirige con tocco leggero un team di attori straordinari (c’è anche Michael Gambon in una parte gustosa). Certo, la vicenda è tutt’altro che originale, la sceneggiatura firmata dallo stesso autore della pièce cui si ispira, Ronald Harwood, molto ben calibrata ma schematica. Tuttavia sono le performance minimali del gruppo che si è chiamati ad ammirare, e il gioco funziona bene rivolgendosi soprattutto a un pubblico certo trasversale ma magari non così distante generazionalmente dai protagonisti. Imperdibili invece i titoli di coda, dove le biografie finte degli ospiti illustri di Beecham House si mescolano alle carriere vere (e soprattutto alle foto giovanili) degli attori. Al montaggio di Quartet, non accreditato, ha collaborato Michael Mann, buon amico di Dustin Hoffman dall’esperienza della serie Tv Luck, prodotta da entrambi, che si trovava a Londra durante la lavorazione e ha dato preziosi consigli al “neofita”.