Ritorno in Borgogna
di Cédric Klapisch — Francia, 2017, 113'
con Pio Marmaï, Ana Girardot, François Civil, Jean-Marc Roulot, María Valverde
Dieci anni fa Jean ha lasciato la famiglia, proprietaria di un grande vigneto a Meursault in Borgogna, per girare il mondo. A causa della malattia del padre, decide di lasciare temporaneamente l'Australia, dove viveva con la moglie e il figlio, per tornare a casa e riunirsi con la sorella Juliette e il fratello Jérémie. Ma la morte del padre poco prima dell'inizio della vendemmia carica i fratelli di nuove responsabilità, tra le quali la necessità di raccogliere una grossa somma di denaro con la quale pagare le tasse di successione.
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“Un film prezioso che vi riscalderà il cuore” – Ciak
“Un film che si osserva, si gusta e che profuma come un buon vino” – Rolling Stone
“Un film promosso sotto ogni aspetto” – Le Parisien
“Fa venire voglia di brindare alla vita, all’amore, allo spirito” – Le Journal du Dimanche
Un’azienda vinicola per diventare grandi, per riscoprire il bene della tradizione, per chiudere con il passato più controverso, ossia riconciliandosi o ribellandosi al volere dei padri e per prendersi nuove e diverse responsabilità rispetto al passato.
Cédric Klapisch dimostra ancora una volta - dopo il successo de L’appartamento spagnolo - di sapere bene come raccontare diversi coming-of-age, anche se i protagonisti non sono bambini né adolescenti, e di essere un regista in grado più di altri di fabbricare storie corali, intime, che fanno sempre sentire lo spettatore sulla soglia di osservazione di un mondo percepito come a portata di mano. Ritorno in Borgogna è quindi un film che non si distanzia da questi schemi ma li abbraccia con ironia e delicatezza, raccontando una storia dove ciascuno dei personaggi deve confrontarsi con l’autorevolezza di diverse figure, padri, fratelli maschi, suoceri e trovare alla fine una nuova identità che sia coerente solo con se stessa. [...]Anche lo spettatore cambia con il film. Così come i protagonisti accettano i tempi lunghi e fuori dal tempo della maturazione del vino e della natura, anche noi ci convinciamo che questo sia lo spazio giusto per vedere i personaggi maturare secondo un ritmo che non è frenetico ma lento e quasi pachidermico. Glielo concediamo perché Klapisch sa raccontare l’intimità di gruppo in maniera credibile e lo fa soffermandosi sui dettagli: i pasti in comune, gli spazi, la vita insieme e perché alla fine la commedia agrodolce ha al centro proprio il concetto di tempo. Il tempo necessario per crescere o per cambiare. Nel film le ore passano lente per permettere a un trio di personaggi di scegliere se ribellarsi alla tradizione oppure abbracciarla, se mandare a quel paese il padre-padrone oppure subirlo una volta di più, se essere precari affettivi in un mondo instabile o figure presenti e affidabili per i propri cari. Tutti aspetti resi intensi e delicati, mai eccessivamente drammatici, in questo film riuscito.
Alessia Laudati, film.it