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Vita di Pi

di Ang Lee — Cina/USA, 2012, 127'
con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu, Adil Hussain, Ayush Tandon

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Il giovane Pi Patel è cresciuto con la famiglia a contatto con lo zoo paterno, mescolando fin dall'infanzia sogno e realtà. Quando il padre ha esigenze di denaro e sceglie di trasferirsi in Canada per vendere lo zoo, Pi ancora non può intuire cosa lo attenderà nelle vastità oceaniche. Di fronte a una tempesta terrificante, la nave affonda, lasciando in breve tempo Pi con un'unica compagna di viaggio: la tigre Richard Parker, l'animale più temuto dello zoo paterno. Pi potrà solo fare affidamento alla propria intelligenza per poter sopravvivere e convivere con la tigre.

C'è sempre qualcosa da amare o da ammirare nel cinema di Ang Lee. Quando ci racconta la sua personale visione del cinema western ("Cavalcando col diavolo", "Brokeback Mountain") o delle storie di cavalieri erranti ("La tigre e il dragone"), quando celebra le nuove famiglie ("Il banchetto di nozze") o critica quelle tradizionali ("Tempesta di ghiaccio"), quando descrive dinamiche inattese fra partigiani e collaborazionisti in tempo di guerra ("Lussuria") o quando cerca di tradurre in immagini la struttura delle tavole Marvel ("Hulk"), il regista taiwanese negli anni ci ha abituato a un cinema che ha fatto dell'eleganza e della finezza le sue bandiere. Molti lo considerano un autore "ponte" fra Oriente e Occidente, ma nella sua sensibilità e nella sua poetica sono evidenti elementi riconducibili alla cultura asiatica, in particolare a quella del "Far East".
Il suo nuovo film, "Vita di Pi", realizzato proprio a vent'anni dalla sua opera prima, "Pushing Hands", contribuisce a rendere ancora più ricca la filmografia di questo autore. Ricavato dal romanzo di Yann Martel, vincitore del prestigioso Booker Prize nel 2002, che negli anni aveva attratto anche M. Night Shyamalan (presumibilmente colpito dal prefinale), Alfonso Cuaròn e Jean-Pierre Jeunet, "Vita di Pi" si va ad aggiungere alla lista degli adattamenti da testi ritenuti "infilmabili" ma che alla fine riescono a essere felicemente filmati (dal "Pasto Nudo" a "The Hours", tanti gli esempi che vengono in mente).
Se avete letto il romanzo, sapete che racconta la vicenda di Piscine Patel, un ragazzo indiano che dopo l'affondamento del cargo mercantile sul quale stava viaggiando alla volta del Canada coi familiari (la mamma è la giustamente celebrata attrice indiana Tabu che gli spettatori occidentali probabilmente ricordano grazie a "The Namesake" di Mira Nair) e gli animali del loro zoo, si ritrova naufrago su una scialuppa in mezzo all'oceano in compagnia di una zebra ferita, un orangotango addolorato, una iena famelica e, soprattutto, un meraviglioso esemplare di tigre del Bengala che risponde al nome di Richard Parker. A poco a poco la compagnia si assottiglia e Pi si trova costretto ad affrontare sia le insidie del mare, sia quelle legate a un felino costretto a una dieta forzata.
 
Con la sua storia che parla di fede (il protagonista è incuriosito da tutte le religioni) e di scienza, di sopravvivenza e coraggio, "Vita di Pi" è un'opera semplice e complessa al tempo stesso. Se il Time lo ritiene il nuovo "Avatar", vedendolo si pensa anche a "Hugo Cabret". A legare i tre film c'è pure il ricorso all'inflazionato 3D, che però Cameron, Scorsese e Lee lodevolmente impiegano per sfruttare al meglio la profondità di campo, piuttosto che giocare con gli oggetti che schizzano fuori dallo schermo (naturalmente ci sono pure quelli ma non solo...). C'è poi chi ha chiamato in causa Terrence Malick, ma la leggerezza di Lee è così lontana dall'universo del maestro di "The Tree of Life".
Grazie alla sceneggiatura di David Magee, Ang Lee traduce con successo in immagini la storia di Martel, ricavandone un film che se in alcuni passaggi resta misterioso (vedasi l'episodio dell'isola) non lascia certo indifferenti. Merito anche di sequenze spettacolari (l'inabissamento della nave, giusto per citarne una) e di contributi notevolissimi come quelli dati dal direttore della fotografia, il cileno Claudio Miranda, o dal team degli effetti speciali che meriterebbero l'Oscar almeno quanto quelli che ci hanno riportato nella Terra di Mezzo (basti pensare che la tigre Richard Parker è il risultato del sapiente mixage di quattro felini presenti sul set).
Infine, è impossibile non spendere qualche parola su Suraj Sharma, il giovane attore di New Dehli che Lee ha scelto per impersonare Piscine. Al suo primo ruolo cinematografico e solo in scena per buona parte del film (per tacere del tigrone!), Sharma sostiene con bravura e credibilità una prova molto impegnativa che probabilmente scoraggerebbe interpreti di maggiore esperienza. E se nel corso della storia appaiono altri attori a incarnare il personaggio nelle varie fasi della vita (Pi maturo è l'ottimo Irrfan Khan), è indubbio che il compito più arduo sia quello assegnato a Suraj che merita di diritto un posto fra le rivelazioni dell'anno.
Come le figlie del signor Chu di "Mangiare, bere, uomo, donna", benedette dall'amore di un padre che preferisce manifestare i suoi sentimenti più coi gesti (la sopraffina arte culinaria) che con le parole, così il giovane scrittore in crisi che ascolta la storia di Pi (l'inglese Rafe Spall subentrato a Tobey Maguire dopo che Lee aveva già girato tutte le scene con l'ex-Spider Man) resterà incantato da una vicenda che forse sembra incredibile (del resto credere è una scelta) ma non per questo è meno bella. E lo spettatore con lui, perché, come si diceva prima, c'è sempre qualcosa da amare o da ammirare in un film di Ang Lee.

Mirko Salvini, Ondacinema