'77 no commercial use
di Luis Fulvio — Italia, 2017, 127'
È il ’77, finalmente il cielo (rosso) è caduto sulla terra. Wow. (A) Soffiare sul fuoco, a/traverso la zizzania, la gioia (armata), rivolta (di classe) e cospirazione, senza tregua, è uno strano movimento di strani studenti, congiura dei pazzi senza famiglia, senza galere. La prateria è in fiamme, la rivoluzione è finita, abbiamo vinto.
Uno degli enormi limiti del nostro cinema contemporaneo non lo si può che cogliere nella sua incapacità – e nel suo rifiuto – di rileggere il passato in maniera ponderata e priva di pregiudizi. E nell’orizzonte di un generale depauperamento della nostra storia si coglie una malafede – o una ignoranza, o una ritrosia, o una paura – ancor più precisa al cospetto degli anni della contestazione, quegli anni che vanno dal ’68 al ’77, e che oggi vengono visti con grande sospetto, particolarmente nel momento in cui si intravvede quel buco nero che fu la lotta armata.
Inutile fare la lista dei film che non hanno saputo – o voluto – affrontare a dovere il decennio del conflitto sociale, basti pensare però al recente lavoro di repertorio di Francesco Munzi, Assalto al cielo, per capire come la soluzione più facile sia sempre quella della ridicolizzazione e del distanziamento, non solo ideologico (ché quello, ovviamente, ci può anche stare), ma anche emotivo.
Per una volta allora non si può che accogliere con grande piacere un titolo come ’77 No Commercial Use, che di quegli anni – e nello specifico di quell’anno, il ’77 – dà una chiave di lettura forte e appassionata, non celandone i contrasti e anzi abbracciandoli per meglio chiarirli agli occhi dello spettatore.Diretto da Luis Fulvio (all’anagrafe Luis Fulvio Baglivi, collaboratore di Fuori orario e dipendente della Cineteca Nazionale) e selezionato in concorso in Italiana.doc alla 35esima edizione del Torino Film Festival, ’77 No Commercial Use è un film fatto quasi interamente di materiale di repertorio che lavora – proprio in ossequio alla scuola ghezziana – sulla giustapposizione e contrapposizione di concetti e immagini, di suoni, rumori e proteste, attingendo da ogni tipo di materiale, per lo più mai visto, o almeno mai visto in questa ottica.
Comincia con un estratto di La Soufrière di Werner Herzog il film di Luis Fulvio, un estratto in cui il cineasta tedesco parla di come in quel periodo storico la terra stesse tremando in maniera incontrollata in quasi ogni parte del mondo. E il passaggio dalla tettonica impazzita alla rivolta sociale è breve: quell’anno fu un anno di rivolgimento senza precedenti, di contestazione verso tutto (non solo, come già prima, verso il PCI e il sindacato, ma anche verso il ’68 stesso), di ribaltamento carnevalesco di ogni regola fino ad allora condivisa. Un anno che poi portò – per via del rapimento di Aldo Moro del ’78 – a una repressione senza precedenti, i cui effetti anestetizzanti viviamo ancora oggi.
Luis Fulvio ci racconta tutto questo, montando insieme riprese di dibattiti di allora, estratti da film (da Buñuel a Bresson, passando per Fassbinder e Straub), riprese di proteste di piazza (tra cui anche la famosa contestazione a Lama, allora segretario CGIL, alla Sapienza), immagini riprese ex novo di libri dell’epoca, momenti di concerti dei Sex Pistols o dei Ramones, sospensioni liriche per la morte di grandi figure della storia del cinema, a partire da Rossellini (che morì a Roma il 3 giugno del ’77).
Su una griglia semplice e lineare – dal primo gennaio al 31 dicembre – ’77 No Commercial Use si muove con continui salti di registro, con messe a confronto e conflitto di immagini e suoni, lungo una riflessione che vuole – e riesce a – restituire la disperata vitalità di quel momento storico, la voglia di cambiare il mondo anche a costo della vita, il coraggio di buttarsi, di sfidare l’ordine costituito, di portare l’attacco al cuore dei dis-valori borghesi.
Se dunque in Assalto al cielo Munzi ironizzava a più riprese sull’ingenuità dell’epoca (come si poteva pensare di cambiare il mondo?), Luis Fulvio ci ricorda – con uno spirito divulgatore che è perfettamente rosselliniano – che invece in quell’anno il mondo è cambiato, la rivoluzione è stata fatta, ha vinto e niente era più come prima. Solo che è durata poco. Tra l’altro, in tal senso, ’77 No Commercial Use è anche un film autobiografico, di un’autobiografia immaginata e in qualche modo filogenetica, visto che l’autore è nato proprio nel ’77, un’autobiografia in cui si immagina quel che sarebbe potuto essere se in quella temperie ci fosse stato anche lui. Ed è dunque in questa ottica che vanno lette anche le citazioni cinefile, non solo nell’ottica alla Fuori orario del mettere insieme le cose per una sorta di contro-flusso iper-televisivo, quanto anche come gesto d’affetto verso un cinema che non c’è più e che, però, ci ha segnato.E senza mai lasciarsi andare a sviolinate retoriche – e rischiando solo in alcuni momenti l’effetto antologico – Luis Fulvio limita al massimo la presenza autoriale, cercando di recuperare quell’oggettività dei materiali che possono avere senso solo nella messa in relazione concettuale l’uno con l’altro e non nell’accumulo indiscriminato. Così, per dare l’idea visiva di questa ricerca, di questo cercare di mettere i pezzi a posto, ci viene mostrato ogni tanto il tentativo di portare a termine un cubo di Rubik; tentativo impossibile perché tutte le tessere del ’77 non potranno mai essere messe perfettamente in ordine, ed è questo un altro segno dell’invidiabile unicità di quell’anno.
Alessandro Aniballi, Quinlan.it
Presenta il film il regista Luis Fulvio