Afterlov
di Stregios Paschos — Grecia, 2016, 96'
con Haris Fragoulis, Iro Bezou
proiezione in greco con sottotitoli in italiano
Nikos, musicista squattrinato, e Sofia si sono lasciati da un anno. Sono entrambi giovani che si rifiutano di crescere e non riescono a comunicare tra loro. Bloccati e repressi, non trovano mai le parole per esprimere il loro disagio, sono circondati da ricordi ma sono incapaci di spiegare cosa stia accadendo tra loro. Quando, dopo che Nikos invita Sofia nella casa a cui sta badando, i due iniziano un'innocente passeggiata per la campagna, finiranno per perdersi in una foresta inesplorata.
Non è in fondo ogni storia d’amore la storia di tutte le altre? Una coppia non è sempre inconsciamente impegnata in un’eterna seduta di auto-analisi? E il luogo della conversazione non assomiglia a un ininterrotto campo di battaglia? Afterlov però non si limita a porsi nel punto in cui una love-story in crisi sprigiona desiderio, ossessione, incomunicabilità, tenerezza. Al suo primo lungometraggio il greco Stergios Paschos fa qualcosa di più. Fa in modo che gli attori (i due giovani e sorprendenti Haris Fragoulis e Iro Bezou, già diretti da Paschos nel corto O Elvis einai nekros), denunciando il loro ruolo di personaggi, fuoriescano da sé e davvero raccontino la loro storia d’amore. Solo che questa storia è anche per forza la storia del film che stanno facendo. Si chiudono, si auto-imprigionano in una grande villa, che diventa set abissale e metaforico, puro Kammerspiel in cui la caméra non fa altro che guardarsi allo specchio così come i due amanti fanno i conti con se stessi. Porte che si aprono e si chiudono, chiavi che scompaiono, pareti, finestre, scorci di natura: tutta un’architettura del desiderio dove in realtà l’unica storia è quella del film stesso che si auto-psicanalizza (Afterlov avrebbe potuto intitolarsi afterfilm). Ma attenzione, non siamo in un freddo caso di metalinguismo, al contrario è proprio l’idea stessa del film che viene messa al centro della battaglia, attaccata da tutte le parti, scarnificata fino a fare a meno della sua banale interpretazione. Ciò che resta sono due corpi senza sceneggiatura che girano un’ultima memorabile sequenza: sesso a due con cinepresa.
Lorenzo Esposito, pardolive.ch