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29
gennaio
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venerdì
30
gennaio
16:15

Allacciate le cinture

di Ferzan Ozpetek — Italia, 2014, 110'
con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano

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Elena si divide tra Antonio e Fabio, due ragazzi che, in modo diverso, decidono di amarla. Antonio è la passione travolgente e proibita che sogna di diventare amore ma non sa se ne è degno e all'altezza, di estrazione sociale diversa e idee estreme; Fabio, amico omosessuale e sognatore, è l’amicizia totale e sempre vicina. Due amori, due persone che non si escludono a vicenda ma che si sfidano in continuazione. In questa sfida ogni segreto, ogni desiderio nascosto e ogni sussulto del cuore viene vissuto come una turbolenza da cui tutti loro hanno paura di essere travolti, ma che dovranno affrontare per crescere nelle difficoltà che la vita metterà loro davanti..

Con "Allacciate le cinture" Ferzan Ozpetek torna ai suoi "primi amori" cinematografici e non a caso torna a scrivere e a farsi produrre da Gianni Romoli, suo co-sceneggiatore per molti dei sui film, da "Harem Suare" a "Saturno contro", i film che lo hanno lanciato e che hanno affermato il suo immaginario e il suo mondo in un'Italia allora molto bacchettona e perbenista. Quindi, dopo la pausa produttiva con Procacci e la Fandango, l'ultimo film realizzato insieme è stato "Magnifica presenza", film "in costume" che non ha avuto buoni incassi, Ozepetek torna all'intesa con Romoli ma in un mondo e in un cinema diversi, mutati radicalmente. E così quel tocco naif, che ha sempre caratterizzato le sue pellicole, rischia di diventare a tratti insopportabile quando si immerge nel melò come avviene senza remore in questo Allacciate le cinture. Ora, si può essere empatici verso una storia d'amore che sfonda nel melodramma, qui tra l'altro ospedaliero, e certo sentirsi trasportati dall'abbraccio fatale di questa "storia e destino", ma nel modulare la tensione emotiva è necessario mantenersi un minimo al passo con i tempi. Insomma, spesso in questo film si slitta tra lo sguardo naif e la cartolina, tra l'ingenuità e il modello stereotipato. Sappiamo che Ozpetek è sincero (e questo è tanto), ma il mondo fuori, molto più brutto e cattivo dei tempi di "Le fate ignoranti", non lo mette al riparo e forse c'è bisogno di uno scatto in più, di uno sguardo più complesso, di un contraddittorio meno edulcorato.

Dario Zonta - mymovies.it