Cannibal holocaust
di Ruggero Deodato — Italia, 1980, 96'
con Robert Kerman, Francesca Ciardi, Luca Barbareschi
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Quattro giovani ed esaltati documentaristi newyorchesi spariscono nella foresta amazzonica durante le riprese di un documentario sulle tribù indigene. L'antropologo Harold Monroe si reca alla ricerca dei dispersi ma, una volta entrato in contatto con i cannibali del posto, tutto ciò che riesce a trovare sono soltanto i rulli di pellicola 16mm della troupe che riveleranno il tragico destino dei ragazzi scomparsi.
Al di là delle ben documentate vicende giudiziarie dell’epoca, l’etica narrata e rivoltata da Cannibal Holocaust è ancora capace di portare al tilt lo spettatore. La sua plateale condanna del sensazionalismo è sensazionalismo a sua volta? I mezzi con cui decide di rappresentare esaltazione e hybris, esasperando le immagini fino al disgustoso, sono legittimi o un’operazione fine a se stessa? In epoca di overdose di realtà - vere, presunte e sempre molteplici - i piatti della bilancia sono ancora lì che ballano.
In precedenza assistente per entrambi, Deodato sovrappone qui la sovrabbondanza di violenza dei western di Sergio Corbucci alla lezione stilistica del neorealismo di Roberto Rossellini, portando all’estremo entrambe. Quello che il film offre è un punto di vista senza empatia, scabro, sincero, diretto. Spettatori e personaggi - alcuni già condannati a un destino di vendetta per ciò che hanno causato, altri inermi osservatori di questa macabra rivalsa - sono portati a vivere un inferno in prima persona, come ennesime vittime disarmate, a subire un supplizio attraverso l’eccesso.
Nell’uso delle riprese amatoriali, Deodato rinnova, affina (e affila) il concetto di “realismo” (tanto da subire all’epoca un processo) e insieme ridetta i parametri dell’avventura sanguinaria riducendola a brandelli di riprese rovinate, mosse, sconnesse, anticipatrici di tutto un modo di fare cinema oggi alla portata di tutti.
V.M. 18 / V.M. 16 se accompagnati da un adulto