
Diciannove
di Giovanni Tortorici — Italia, Gran Bretagna, 2024, 109'
con Manfredi Marini, Vittoria Planeta, Dana Giuliano, Zackari Delmas, Maria Pia Ferlazzo
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2015. Leonardo parte da Palermo per raggiungere la sorella a Londra per studiare business. Cambia però presto idea e si sposta a Siena per iscriversi all'Università. All'inizio segue le lezioni di letteratura, poi si isola nel suo appartamento. Non lega né con gli altri studenti anche se una di loro, Giulia, lo invita spesso a unirsi a loro, e neanche con le coinquiline. Si cucina da solo, non esce dalla sua stanza ed è circondato solo dalle amate lettere classiche. Nel corso di quest'anno accademico ogni tanto rivede qualcuno, come il cugino che va a trovare a Milano. Ma si accorge che il mondo ideale che è nella sua testa è profondamente diverso da quello che c'è fuori.
Quello proposto da Diciannove è un coming of age sui generis, in cui molte delle regole tipiche del genere vengono infrante, prima fra tutte l’avere un protagonista altamente sgradevole. Il personaggio di Leonardo, proprio come il film stesso, non scende ad alcun compromesso e si presenta sfrontatamente come una figura stoica e irrisolta, piena di idiosincrasie e a suo modo impenetrabile. Leonardo è un ragazzo appassionato di letteratura trecentesca, talmente saccente e convinto della sua conoscenza che rigetta le lezioni dei suoi professori – vecchi tromboni che adottano le interpretazioni dantesche più noiose, secondo lui – per iniziare a studiare, chiuso nella sua camera da studente fuorisede, in maniera autodidatta sui suoi testi preferiti.
In Cavalcanti e Guinizelli, Leonardo ricerca – la morale che il mondo contemporaneo non sa offrirgli, eppure egli si presenta costantemente come un personaggio a-morale, che opera continuamente scelte discutibili. In Diciannove, Tortorici mette sé stesso (neanche troppo figurativamente) al centro della pellicola: in Leonardo è racchiuso tutto un periodo della vita del suo autore, che opera nel reame dell’autobiografia, o meglio dell’auto-fiction. In questa ricerca esplorativa della propria vita e del proprio vissuto, Tortorici riesce comunque a raccontare qualcosa di universale. [...]
L’esplorazione della vita interiore del personaggio di Leonardo nel film viene resa non soltanto dai dialoghi e dalle parole del suo personaggio, ma soprattutto dalla forma adottata della pellicola. Diciannove adotta, infatti, soluzioni estetiche molto ardite: zoom aggressivi, continue dissolvenze, scelte di movimenti di macchina e inquadrature audaci, alternanza di immagini live action e sezioni animate o disegnate, cartelli scritti che interrompono una sequenza di trip, fermo immagine continui, un cast fatto principalmente di attori e attrici non professionisti.
In queste idiosincrasie formali si può leggere tutta la psicologia, lo scavo interiore sul protagonista: una figura idiosincratica, irrisolta, non in linea con le tendenze comuni. Ciò è reso primariamente, oltre che con la regia di Tortorici, attraverso il linguaggio del montaggio, curato da Marco Costa – braccio destro di Guadagnino. Le ardite scelte di montaggio, comprese le “sgrammaticature” rispetto alle convenzioni tradizionali, rispecchiano una precisa volontà espressionista della pellicola. Non a caso lo stesso Tortorici, nella già citata intervista per Rolling Stone, parla dell’influenza di registi “come Peckinpah, De Palma, Scorsese”. La pellicola, in buona sostanza, riversa nella forma tutto il sentire e l’esperienza del suo protagonista, utilizzando il medium cinematografico come veicolo della stessa.
Il dialogo tra la forma di Diciannove e il suo protagonista è, dunque, totale e simbiotico: è nell’interstizio tra un coro di voci bianche e la musica di Calvin Harris e Tedua – che compongono parte della colonna sonora del film – che s’insinua Leonardo. Questo consente a Tortorici di creare un’esperienza estetica e artistica dell’uso del medium cinematografico inedita per il panorama italiano: raramente nel nostro paese si vedono prodotti – e, perdipiù, esordi – così freschi a livello di linguaggio, di tematiche e di punti di vista.
Carlo Pisani, NCPMagazine