giovedì
05
dicembre
21:15

Il sospetto

di Thomas Vinterberg — Danimarca, 2012, 106'
con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing, Alexandra Rapaport, Lars Ranthe, Ole Dupont

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Dopo un difficile divorzio, il quarantenne Lucas ha una nuova fidanzata, un nuovo lavoro e sta rimettendo in sesto il complicato rapporto con il figlio adolescente Marcus. All'improvviso però le cose volgono al peggio. Una bugia comincia a diffondersi come un virus invisibile nella comunità in cui vive. Sotto shock, Lucas si ritrova accusato di pedofilia, un crimine che non ha commesso, e, travolto da una sorta di isteria collettiva, deve combattere un'aspra battaglia per riappropriarsi della propria vita e della propria dignità.

Peter Bradshaw, su “The Guardian”, ha scritto che si tratta del miglior film di Vinterberg dai tempi di Festen. Festa in famiglia, che ha una sceneggiatura da manuale («screenplay masterclass») e una recitazione superba («outstanding»): il fatto è che ha ragione. Il flusso sottile e implacabile con il quale descrive la persecuzione di cui finisce vittima un adulto innocentemente accusato di pedofilia, a causa dell’odioso sospetto di una collettività di colleghi e amici, di psichiatri incompetenti ma zelanti, di una polizia senza dubbi, ha la perfezione di un classico. Potrebbe essere un film di Fritz Lang per la fermezza con la quale il protagonista (Mads Mikkelsen, volto feticcio del miglior cinema danese ed europeo) non si perde un attimo dell’inesorabilità delle proprie disgrazie e della determinazione con la quale il destino, il pettegolezzo e la ferocia della società, convinta di aver di fronte un mostro, distruggono la sua vita già sinistrata da un divorzio rovinoso e dalla perdita del lavoro di insegnante che deve sostituire con quello di assistente in un asilo. Naturalmente, non sfugge a nessuno che la pedofilia era il motore primo anche del dramma di Festen, ma Il sospetto, come tutti i veri buoni film, usa un tema per illuminare, con violenza, tutto il già noto, l’amicizia, la famiglia, l’essere di una comunità in generale. A dirla tutta, la forza del film, ciò che afferra lo spettatore per il bavero, è proprio la vita di quel personaggio che, in un film per niente consolatorio, dove in ogni scena c’è una sfumatura capace di dimostrare la malevola ambivalenza dell’apparenza di qualsiasi cosa, continua a tener fermo una sorta di eroismo umanista per il quale nessuna reazione violenta può essere una soluzione a nulla. C’è qualcosa di altrettanto inquietante nella pietà di cui dispone, e allo stesso tempo di adorabile. Come mostra la scena finale, in cui reincontra la bambina che lo ha accusato ingiustamente, una scena capace di far piangere a Cannes 2012 anche un critico 50enne, insensibile e ateo. Se siete particolarmente allergici all’ingiustizia, rimanete a casa. Ma se andate a vederlo, il film si depositerà per sempre, lentamente, nella vostra memoria, come una moneta su un fondale, scintillando.

Mario Sesti, FilmTV