domenica
28
giugno

In solitario

di Christophe Offenstein — Francia, 2013, 96'
con Con François Cluzet, Samy Seghir, Virginie Efira, Guillaume Canet, Arly Jover
proiezione in italiano

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Yann Kermadec parte per partecipare alla Vendée Globe, una regata in barca a vela che consiste nell'effettuare il giro del mondo in solitario. Per dedicarsi a questa impresa Yann, vedovo 57enne, lascia a casa la figlia Léa, la fidanzata Marie e il collega di lavoro Franck, che avrebbe tanto voluto partecipare alla regata ma si è infortunato. È l'unica, forse l'ultima occasione di Yann di partecipare a una gara internazionale di quel livello, e lui conta di giocarsela fino in fondo, costi quel che costi. 

La vita in mare, proprio come l’animo umano, si abbandona ai momenti di pace infinita, ai silenzi interminabili, in cui la superficie dell’acqua si increspa solo di rado, nell'incontro con creature uniche, e allo stesso modo si lascia turbare dalla violenza estrema, in cui i flutti travolgono e inghiottono tutto, a loro piacimento. La regata in solitario di Yann Kermadec incarna la sfida ultima dell’uomo con le forze della natura e racchiude in pochi mesi di navigazione l’eterna oscillazione della vita, tra la pace e l’inquietudine.

I moti dell'animo seguono la spinta dei venti in En Solitaire, opera prima di Christophe Offenstein, che mette in scena il viaggio reale ed emotivo di uno grande sportivo e di un uomo affamato di vittoria e indurito dall'asperità del mare e della vita, che nella sua più grande battaglia incontra un imprevisto, un ostacolo inaspettato. L'incontro casuale con Mano, un giovane clandestino salito a bordo della barca, cambia i piani e la rotta di Yann. L'uomo e lo sportivo entrano in conflitto, l'umanità e l'istinto protettivo, fremono di emergere sotto la superficie quieta e determinata dello sportivo, e travolgono il desiderio di vittoria e di gloria che lo aveva spinto ad affrontare quest'impresa. Questo incontro rappresenta uno spartiacque nel corso della narrazione, che dall'impresa epica sposta repentinamente l'attenzione sul piccolo dramma familare, e continua a fluire con una prevedibilità rassicurante quasi priva di picchi emotivi, ad eccezione dei capricci della natura che di volta in volta mettono a repentaglio la vita dei personaggi.

Così l'impresa grandiosa di Yann e la produzione altrettanto grandiosa del film, passano silenziosamente in secondo piano, cedendo il passo al rapporto tra i personaggi, ai frammenti di dialogo, e alla morale che pervade ogni scena. Non importa quanto sia ambizioso e difficile il viaggio. Il punto di arrivo coincide sempre con la partenza, con gli affetti lasciati alle spalle e con quelli appena incontrati e la vittoria dell'uomo non sta nel taglio di un traguardo, ma nella consapevolezza di ciò che è importante e che si rischia di perdere seguendo imprese ostinatamente egoiste. La frase lapidaria incisa da Christopher McCandless nel suo rifugio al termine della sua tragica avventura non smette di far sentire il suo eco: “La felicità è reale solo se condivisa”. Questo è l'ultimo passo, la lezione da imparare prima di tagliare il traguardo dell'avventura più rischiosa e straordinaria della vita, che non è una gara per raggiungere la prima posizione, ma un viaggio difficile e altalenante, in cui non vince chi sale sull'ultimo gradino di un podio ma chi ha la fortuna di condividere il tramonto con qualcuno.

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