LA FATTORIA DEI NOSTRI SOGNI
di John Chester — USA, 2018, 91'
con John Chester, Molly Chester
L'incredibile storia vera di John e Molly Chester, coppia in fuga dalla città per realizzare il sogno di una vita, quello di costruire dal nulla un’enorme fattoria seguendo i criteri della coltivazione biologica e di una completa sostenibilità ambientale. Tra mille difficoltà, momenti esaltanti e cocenti delusioni, i due protagonisti impareranno a comprendere i ritmi più profondi della natura, fino a riuscire nella loro formidabile impresa.
“Una lezione gioiosa e avvincente sulla convivenza ancestrale tra uomo e natura” The New York Times
“Un tributo appassionato e pieno di speranza al cerchio della vita” The New York Post
“Uno dei migliori film dell’anno” San Francisco Chronicle
Una scrofa strepitosa che entra in scena col nome di Ugly Betty ma viene subito ribattezzata Emma. Polli, anatre, pecore, mucche, pulcini. Coyote che scavano sotto il recinto per mangiarsi i polli e tori che sfidandosi abbattono i recinti. Un’immensa quantità di marmotte che fanno capolino dalla tana, scavano, rosicchiano, tornano in un lampo sottoterra, ma vengono anche predate da qualsiasi carnivoro nei paraggi. I 17 maialini che Emma placidamente mette al mondo per ammalarsi quando glieli tolgono e guarire quando glieli riattaccano. E poi siccità, incendi, inondazioni, flagelli immani o invisibili a occhio nudo.
I 92 minuti di questo documentario girato da una giovane coppia californiana sulla loro fattoria ecosostenibile sono costati otto anni di lavoro e si vedono tutti. Otto anni di fatti scelti, montati, commentati dalla voce del regista-fattore-narratore, che non smette di chiedersi dove sbagliamo per concludere che non sbagliano proprio nulla. La Natura ha i suoi tempi e sa autoregolarsi. Resuscitare un terreno inaridito mettendo su una tenuta improntata alla massima biodiversità, come insiste fino alla fine il loro consulente-guru, significa aspettare, osservare, ascoltare. Come fa Todd, il cane dagli occhi azzurri che è all’origine di questo “De Rerum Natura” post-Ogm esploso nei cinema Usa per varie buone ragioni.
Perché Chester, già cameraman e documentarista, sa raccontare, trasformando anche mosche e alberi da frutta in personaggi mentre sfiora (senza cascarci) sia Disney che il New Age. Dunque, pragmaticamente, sa tenere insieme i dilemmi del fattore e le leggi della Natura; il respiro cosmico e le rivelazioni tecnologiche (l’arrivo delle telecamere a infrarossi è un bel pezzo di cinema); il sottotesto blandamente filosofico e quel pizzico d’ironia che serve per vincere la sfida e dimostrare come sia possibile ribellarsi alla logica industriale delle monocolture per tornare alla sapienza imprevedibile della Natura (Oscar per il miglior non protagonista al gallo Greasy che va a vivere con Emma). Alla fine quello compiuto da John e da sua moglie Molly è quasi un percorso iniziatico. L’ennesimo, ben dissimulato, Viaggio dell’Eroe. Anche se questo eroe non si muove ma guarda la Natura danzare intorno a lui, con fini e ritmi sempre diversi. Ed è uno spettacolo a cui è difficile resistere.