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La ragazza del dipinto

di Amma Asante — USA, 2013, 105'
con Gugu Mbatha Raw, Tom Wilkinson, Sam Reid, Sarah Gadon, Miranda Richardson

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1769. Il capitano Sir John Lindsay della Marina di Sua Maestà Britannica decide, alla morte della madre, di riconoscere e portare con sé in Inghilterra la figlia illegittima e mulatta Dido, affidandola allo zio, il Conte di Mansfiled. La bambina entra così a far parte, non senza difficoltà, di una famiglia nobile e in vista. Il suo rapporto con la cugina Elizabeth si fa stretto e sincero fin da subito e continua ad essere tale anche quando Dido erediterà la fortuna del genitore, mentre Elizabeth si troverà senza dote. L'età adulta e l'entrata in società costringeranno Dido a confrontarsi con le barriere di razza e classe, insieme a un grave evento che coinvolgerà l'intera legislazione britannica sulla schiavitù.

Non è facile gestire cinematograficamente un film in costume ambientato nel '700 senza farsi condizionare dagli innumerevoli illustri predecessori che hanno elaborato complesse strutture narrative, spesso di derivazione letteraria. Il modello che potrebbe essere accostato a questa opera seconda di Amma Asante è forse lo scorsesiano "L'età dell'innocenza" per l'intreccio tra opzioni dei singoli e convenzioni sociali. Alla regista londinese di origine ghanese manca forse il controllo geometrico delle relazioni ma non le difetta certo la capacità di innervare il sottotesto di cinema dei sentimenti con riflessioni originali. Perché nel momento in cui ci ricorda che la vita delle donne di buona famiglia ai tempi era totalmente condizionata dall'attesa di un maschio che spesso desiderava più la loro dote che le loro attenzioni, riesce anche a ribaltare il gioco. Il suo è certo un film sulla schiavitù femminile che viene declinata per il colore della pelle e per il censo. Dido da 'negra' che non può pranzare con i familiari perché creerebbe imbarazzo diviene oggetto di attenzione maschile nel momento in cui eredita rischiando di lasciare la cugina 'bianca' a soffrire di un triste zitellaggio. Ma questi elementi non costituiscono che una parte della narrazione perché essa si intreccia con il caso della nave Zong di cui Asante porta a conoscenza un più vasto pubblico che non sia quello degli storici. Su quel veliero viaggiavano numerosi schiavi che vennero gettati a mare incatenati perché ammalati cercando così di lucrare con le assicurazioni che non avrebbero invece coperto l'arrivo sul mercato di 'merce' avariata. Il caso costituì un punto di non ritorno per lo schiavismo in Gran Bretagna. A tutto ciò si aggiunga il quadro (che giustifica il titolo italiano) che ritrae insieme le due cugine. Potrebbe essere un escamotage narrativo o un riferimento reale. Solo alla fine della proiezione si avrà la risposta.

Giancarlo Zappoli - mymovies.it