Laurence anyways
di Xavier Dolan — Canada, Francia, 2012, 159'
con Melvil Poupaud, Suzanne Clément, Nathalie Baye, Monia Chokri, Yves Jacques
proiezione in francese con sottotitoli in italiano
Montréal, Canada, 1989. Laurence è uno stimato professore di letteratura in un liceo e un apprezzato romanziere esordiente. Nel giorno del suo 35esimo compleanno, confessa alla propria fidanzata - la grintosa regista Frédérique - che la sua vita è una totale menzogna. Laurence ha sempre sentito di essere nato nel corpo sbagliato. Donna costretta in abiti e attributi maschili, Laurence ha finalmente preso consapevolezza del bisogno di non mentire più, agli altri e soprattutto a se stesso. Fred, che sta con lui da due anni, è sconvolta. Ma la loro è una relazione di passione, affinità, complicità, stima, sostegno e un affetto profondissimo. Dopo un iniziale allontanamento, la coppia si ricompone: Laurence ama Fred comunque, a prescindere dal suo desiderio di diventare donna; Fred non può fare a meno di lui e desidera sostenerlo nel difficile percorso di transizione. Inizia, così, una nuova vita. Ma le ostilità e i pregiudizi che i due innamorati dovranno affrontare, nei dieci anni seguenti, metteranno più volte in discussione il loro rapporto straordinario.
«Cerco una persona che comprenda la mia lingua… E che la parli. Una persona che senza essere un paria, non si interessi solo e semplicemente del valore e dei diritti degli emarginati, ma dei diritti e del valore di coloro che si considerano normali».
La dichiarazione con la quale si apre il film fa comprendere che quella di Laurence (Melvil Poupaud) è una storia che si vuole emblematica, un cammino esistenziale - fatto di scelte dolorose, generosi colpi di testa e coraggiose scelte di campo - che non riguarda una categoria di persone, ma tutti. Il protagonista, oramai scrittore di successo, sta concedendo un’intervista a una giornalista che non rinuncia a vedere in lui un fenomeno, prima ancora che un letterato e un intellettuale. Fin dall’inizio del suo terzo film Xavier Dolan mette dunque le cose in chiaro: mi si attira nella trappola critica del regista-rivelazione, le riviste specializzate mi coccolano (un autore che, a soli 22 anni, ha già delineato un mondo poetico definito!), mi si appioppano le virgolette di ordinanza, mi si costringe in una casella (comoda solo per gli addetti ai lavori), in un’ammiccante formula («enfant prodige», «regista gay»), ma io non ci sto: non ci sto a far inscatolare il mio cinema e non accetto le vostre strategiche etichette. Le mie immagini si rivolgono a tutti.
Luca Pacilio, Spietati.it
È per questo motivo che, con questo lavoro, il regista alza la posta, perché come Laurence, Xavier Dolan non accetta un’identità precostituita, vuole rimanere aperto e duttile, non fuggire dalla gabbia altrui per rinchiudersi nella propria: Laurence Anyways, quasi tre ore di durata, è allora ambizioso, non conosce mediazioni, è film in cui non si trattiene nulla e che per questo motivo si sottrae naturalmente ai cliché in cui la comunicazione ama spiaggiarsi. Sbilanciato, straripante, certo, ma con un’idea di cinema di rara lucidità, un’urgenza espressiva che, pur non conoscendo calibratura, afferma la sua unicità proprio in quel dilagare, in quel trascinare tutto con sé, essenza e residui, utile e superfluo.