L'isola di Andrea
						di Antonio Capuano — Italia, 2025, 105'
						 
 con Teresa Saponangelo, Vinicio Marchioni, Andrea Migliucci, Marina Ferrara 
						
					
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Marta e Guido si sono separati. Era il 2005 quando si sono conosciuti. Lei aveva 29 anni, lui 34. La loro separazione è resa problematica dall’affidamento del figlio Andrea di 8 anni; entrambi, infatti, vorrebbero trascorrere più tempo con lui. Così si rivolgono al tribunale dei minorenni per richiedere una sentenza giudiziale che stabilisca in via definitiva quanti giorni il bambino debba passare con la madre e quanti con il padre. Il magistrato organizza così dei colloqui con tutti e due per approfondire chi è più adatto a stare con Andrea. Tra Marta e Guido si scatena così una sotterranea guerra psicologica che rivela le rispettive nevrosi e difetti nella gestione del figlio. Lui, a sua volta, mostra la sua ostilità durante questi incontri e vorrebbe stare da tutt’altra parte.
Torna a raccontare l'infanzia Antonio Capuano, ancora una volta a modo suo, vent'anni dopo La guerra di Mario.
Lo fa con L'isola di Andrea, film ospitato Fuori Concorso a Venezia 82, insolito legal drama che racconta la sofferta battaglia tra Marta e Guido per la custodia del loro unico figlio di 8 anni.
Colloqui individuali, disegni congiunti una volta col padre, una volta con la madre, letture funzionali… L'iter della separazione giudiziale è tortuoso e infinito: le perizie disposte dal magistrato costringono i genitori quanto il bambino ad approfondire, laddove possibile, le ragioni dei rispettivi disagi e desideri.
Capuano asseconda questo progressivo "rivelarsi" incastrando tutta questa fase dopo un prologo e prima di un finale che mostrano la drammatica, tragica risultante di questo lungo “processo”.
Il regista napoletano si affida alla sodale Teresa Saponangelo e a Vinicio Marchioni (che in alcune situazioni non nasconde la balbuzie, scelta che conferma la consueta ricerca di verità nel cinema di Capuano, dove le fragilità diventano virtù e non qualcosa da reprimere) per dare corpo ai rimasugli di un’energia, anche nevrotica, attraverso la quale tentare di portare acqua al proprio mulino.
In tutto questo, naturalmente, nel mezzo, ci sono le ore e i giorni perduti del piccolo Andrea, che soffre per il tempo che gli viene sottratto e per questa continua aria di “contesa”: ecco allora che il film in più di un’occasione ne asseconda i momenti di rifiuto (specialmente nelle sequenze dei colloqui) e tenta di farlo “evadere” anche attraverso momenti dove la realtà e la fantasia si mescolano, con i disegni che prendono vita e con la proiezione di ricordi di momenti spensierati, o lasciandolo interagire con chi magari non risponde, ma resta lì ad ascoltarlo, come il pappagallo: “Io sono un animale triste, sempre con le scarpe ai piedi”.
Dedicato a Willy (la moglie del regista scomparsa tre anni fa, dopo 59 anni trascorsi insieme), L’isola di Andrea riflette sul dolore della separazione, sulla possibile escalation che astio e gelosia possono scatenare (quel sibilo fastidiosissimo, ultrasuono che trapana il cervello e sovrasta la ragione, il nero che avvolge la mente, le immagini sfocate e sovrapposte…) e sul peso soffocante che tale decisione può avere sui figli, costretti a rintanarsi in un’isola (che non c’è)…
“… E ti prendono in giro se continui a cercarla
Valerio Sammarco, Cinematografo
Ma non darti per vinto, perché
Chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle
Forse è ancora più pazzo di te”.



