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Niente da perdere

di Delphine Deloget — Francia, 2023, 112'
con Virginie Efira, Arieh Worthalter, Félix Lefebvre, India Hair

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Sylvie risiede a Brest insieme ai suoi due figli, Sofiane e Jean-Jacques, in un nucleo familiare estremamente unito. Tuttavia, una notte, mentre la madre è al lavoro, il più piccolo dei due si ritrova coinvolto in un grave incidente. Questo evento tragico porta all'accusa di inadempienza contro Sylvie e al temporaneo affidamento del bambino in attesa del processo. Determinata a riunire la sua famiglia e sostenuta dall'affetto dei suoi cari e dall'assistenza legale, Sylvie si immerge in una battaglia legale piena di ostacoli, ma continua a lottare con speranza e determinazione.

Niente da perdere è l'opera prima di finzione della giovane regista Delphine Deloget che proviene dal cinema di realtà e a quella realtà non vuole derogare, anche nel raccontare una storia da lei stessa accuratamente sceneggiata.

Tutto succede davanti ai nostri occhi con un'immediatezza e un'urgenza che fanno il paio con quelle di Sylvie, interpretata da un'ottima Virginie Efira. Il lato più interessante del film è che dà voce e corpo alle ragioni di tutti, tanto la madre, le cui distrazioni non tolgono valore al suo impegno e alla sua devozione verso i figli, quanto l'assistente sociale che individua nel suo sbandamento un pericolo per i ragazzi, soprattutto il fragile Sofiane.

Il contenzioso avviene fra una madre coraggio che però commette svariati errori lungo il suo percorso e una macchina istituzionale (e burocratica) apparentemente indifferente, ma che ha comunque a cuore la tutela dei minori. E il dilemma diventa: conta più il legame affettivo materno o la necessità di proteggere i più giovani?

Niente da perdere è un film immersivo calato in un quadro famigliare ma anche in una realtà socioeconomica e geografica ben definita, con ricadute sia positive che negative sulle persone che la abitano. E ci spinge a ragionare senza pregiudizi sulle trappole in cui rischiamo tutti di cadere, un po' a causa nostra, un po' a causa della rigidità delle istituzioni che ci circondano.

Paola Casella, Mymovies