Perfidia
di Bonifacio Angius — Italia, 2014, 100'
con Stefano Deffenu, Mario Olivieri, Noemi Medas, Alessandro Gazale, Andrea Carboni, Domenico Montix
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Angelo è un trentenne perdigiorno immerso nel vuoto di una città di provincia. Non ha un amore, non ha un lavoro, non è felice. Peppino è un padre che non si è mai interessato al figlio. Dopo la morte della moglie, Peppino si accorge di Angelo, suo figlio, si rende conto di non sapere neppure chi sia. Perfidia racconta di un padre e di un figlio abbandonati a loro stessi, che si avvicinano quando ormai è troppo tardi.
Pensiamo che una delle cose più importanti e difficoltose per un'opera cinematografica sia quella di riuscire a cogliere le caratteristiche più significative del proprio tempo, il famoso Zeitgest, per dirla in termini consoni a un festival come quello di Locarno, naturalmente predisposto a utilizzare idiomi appartenenti alla lingua tedesca.
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Una peculiarità che appartiene a "Perfidia" di Bonifacio Angius, presentato quest'oggi nel concorso ufficiale. E questo non tanto per il processo di identificazione che la storia di un rapporto tardivo tra un padre e un figlio può innescare nella psicologia dello spettatore, catapultato per forza di cose all'interno di un'esperienza che gli appartiene in prima persona. Ma piuttosto per il fatto che il film di Angius, si svoltge all'interno di un orizzonte, umano e sociale, segnato da sentimenti che, in tempi di crisi conclamata, sono diventati parte integrante del nostro quotidiano. Ma c'è di più, perché la vicenda Peppino (uno straordinario Mario Olivieri), genitore e vedovo che si preoccupa per il futuro della propria prole, e di Angelo, suo figlio, trentacinquenne disoccupato e vinto da un'apatia che gli impedisce di scrollarsi di dosso il peso della propria insicurezze, è anche il punto di raccolta di un idea di cinema, morale e psicologico, che le figure dei due protagonisti rappresentano in una sospensione continua tra il passato e il presente del nostro paese. Una dicotomia che è propria del paesaggio (siamo a Sassari) in cui si muovo i personaggi, anonimo come lo è la modernità che attraversa gli spazii urbani, e antico, nella distanza geografica ed emotiva che il regista ci fa percepire nei discorsi degli amici di Angelo, popolati in maniera ossessiva dal mito del continente e delle sue infinite possibilità. Ma che appartiene anche al privato di una cultura patriarcale, dominata da modelli genitoriali oppressivi e castranti, che di fatto hanno impedito ad Angelo di crescere e di prendersi le proprie responsabilità. In questo senso sono significativi due piani sequenza che nella loro continuità tematica costituiscono il nucleo centrale del film. Nel primo, caratterizzato da toni idilliaci e sognanti, la soggettiva di Angelo che osserva i passi della ragazza di cui è innamorato viene bruscamente interrotta dall'entrata in campo del genitore che, alla guida di un automobile, gli nasconde l'agognata visuale e lo invita a non perdere tempo insieme ai suoi amici; nel secondo, che arriva quando oramai il destino è gia segnato, la decisione di Angelo di conoscere la ragazza coincide con il lento scivolamento della mdp che si lascia dietro la visione onirica di un quadretto famigliare che non esiste più, e si lancia fuori dal balcone per seguire i particolari di quel primo contatto. Un prima e dopo nel quale l'iniziazione fuori tempo massimo del protagonista e la conseguente indipendenza dal sostrato famigliare è pagata in maniera tanto imprevista quanto drammatica.
Una progressione che "Perfidia" racconta con stile classico, e con una grammatica che satura le possibilità del montaggio, con stacchi netti tra una scena e l'altra, quando si tratta di far percepire il senso di profonda alienazione di Angelo, e la percezione di un mondo che non riesce a comprendere, oppure dolci e sfumati quando da spazio al mondo ideale che il protagonista si è nel frattempo costruito. Organizzato in modo circolare, con il pre finale che ritorna alla scena iniziale ambientata sul margine di una veduta marina, e con la sequenza conclusiva che dimostra l'ineluttabilità di un peccato originale, annunciato in apertura dai pensieri di Angelo (informati a un dogma religioso personale e ingenuo, e usato come sistema per decodificare il reale) a proposito della sua presunta cattiveria, "Perfidia" è un'opera seconda (dopo "Sagrascia") coraggiosa e disturbante, bene interpretata, e in cui le ingenuità sono il certificato di una genuinità che ci auguriamo di rivedere presto all'opera.
Venerdì 30 gennaio presenta il film il regista Bonifacio Angius.