Peterloo
di Mike Leigh — Regno Unito, 2019, 154'
con Rory Kinnear, Maxine Peake, Pearce Quigley, David Moorst, Rachel Finnegan
Il giovane trombettiere Joseph sopravvive miracolosamente alla sanguinosa battaglia di Waterloo e torna a casa, a Manchester, dalla sua famiglia di umili operai. Ma un'altra battaglia si prepara da quelle parti: quella del popolo inglese del dopoguerra, ridotto alla fame dalla disoccupazione e dalla tassa sull'importazione del grano e trattato con a ferocia e ingiustizia da una magistratura ecclesiastica arrogante e violenta. Giovani radicali e meno giovani riformisti moderati prendono a riunire folle sempre più numerose, pronte a domandare in piazza il diritto di voto che la Costituzione prevede per loro. Il governo di Londra, informato dei fatti, si prepara invece a difendere i propri privilegi, affilando le armi.
Rigoroso nella messinscena ed estremamente sottile nella trattazione dei prodromi della tragedia cui fa riferimento, l’affresco storico di Mike Leigh dedicato al massacro di Peterloo – in corsa per il Leone d’Oro al Festival di Venezia – pullula di personaggi, proprio come l’ampio piazzale di Manchester palco del sanguinoso epilogo; contrariamente a quanto potremmo pensare, non è però nell’ultima mezz’ora – questo lo spazio dedicato alla manifestazione del 16 agosto 1819 – che si concentra tutto il quantitativo d’angoscia di quest’opera monumentale a partire dalla durata.
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Un racconto sfaccettato, improntato a un’analisi lucidissima che svela la stratificazione del film sotto il suo manicheismo di facciata. Il sentimento che prevale di fronte allo scontro tra le due fazioni, sapientemente articolato grazie a una selezione attoriale finissima e una scrittura di sobria durezza, è comunque d’indignazione, ma Leigh sembra volersi tenere lontano dai disastrosi eccessi populisti dei demagoghi che ritrae: .
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Più delle baionette che lasceranno sul campo di battaglia – brillantemente accostato a quello di Waterloo – ben quindici morti, sono infatti le parole a rappresentare l’arma più insidiosa in Peterloo: i confronti interni alle due opposte fazioni sono puro materiale incendiario, ogni frase è ossigeno pronto ad alimentare una fiamma che è accesa già da tempo immemore. Frattanto, al di fuori di Manchester, Leigh non manca di mostrare gli stralci di una campagna incontaminata, in cui si svolgono idilliaci concertini campestri: di lì a poco, sembra dirci il regista, l’industrializzazione distruggerà anche questi ultimi bucolici frammenti di purezza.
Alla luce di questa ricchezza di contenuti, appare evidente sopra ogni cosa come Leigh sfrutti Peterloo per parlare, attraverso uno scorcio del passato, di problemi del presente: a duecento anni dalla tragedia di Manchester, le forme di disuguaglianza sociale sono certamente mutate, ma oggi come allora il mondo guarda a certi diritti come a concessioni ancora lontane dall’essere ottenute. A dispetto dell’orrore del suo epilogo, il dramma del regista britannico ha in sé un germe di speranza innegabile, nonché il coraggio di mostrare con sguardo libero da ogni giudizio la battaglia (allora) fallimentare di una parte d’umanità troppo spesso costretta al silenzio. Una grande lezione di storia, una grande lezione di cinema.
Alessia Pelonzi, Badtaste.it