Petit paysan - Un eroe singolare
di Hubert Charuel — Francia, 2017, 90'
con Swann Arlaud, Sara Giraudeau, Bouli Lanners, Isabelle Candelier, Valentin Lespinasse
Giovane allevatore di mucche da latte, Pierre è legato anima e corpo alla sua terra. L’amore per le sue mucche rappresenta il pendolo della vita di Pierre, scandita dal rapporto conflittuale con la sorella, veterinaria incaricata al controllo sanitario della regione. Ma il futuro dell’azienda familiare è messo in pericolo quando un’epidemia vaccina si diffonde in Francia, finendo per colpire una delle sue mucche. Pierre sarà trascinato in un vortice di colpe e speranze, spingendosi sino ai limiti estremi della legalità pur di salvare i suoi amati animali. A metà fra il dramma rurale ed il thriller sociale, Petit paysan è il film d’esordio di Hurbert Charuel presentato a La semaine de la critique del Festival di Cannes e pluripremiato al Festival du film francophone d’Angoulême.
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"Avvincente" Variety *****
"Un film commovente" "Un gioiello" Le Parisien *****
"Il film scoperta dell'anno" FilmTv *****
Non è un film per vegani, non è nemmeno ecologicamente corretto, se volessimo ragionare sulle devastazioni planetarie che provoca la nostra inguaribile smania di hamburger e di succose bistecche. In compenso, ha ottenuto la benedizione di Slow Food e tre premi César, gli Oscar francesi, tra cui quelli per l'opera prima e per il miglior attore, uno sconvolgente Swann Arlaud.
Se è valida la regola aurea di ogni attore sensato, ovvero mai recitare con cani e bambini, che dire di trenta mucche da latte ? Eppure "Petit Paysan", passato per le vetrine di Cannes, ha vinto la sfida alla grande. Procura emozioni implacabili ed è "un atto di vera resistenza", come ha sacrosantamente annotato "The Hollywood Reporter".
È un ibrido strano e affascinante, "Petit Paysan", che esce da noi il 22 marzo, un sorprendente meticcio di generi che applica i codici del thriller alla ritualità laboriosa di un piccolo allevatore della campagna francese.
Il giovane Pierre ha sulle spalle la fattoria lattearia di famiglia, due mungiture al giorno, la vacca che sgrava, sette giorni su sette, tutto l'anno. Ma è come se quel lavoro fosse un prolungamento naturale del suo corpo e della sua testa. Dai notiziari tv e da YouTube piovono però notizie ferali sul morbo che sta devastando i bovini in Belgio: quando una mucca si ammala, l'intera mandria viene abbattuta d'ufficio. E gli indennizzi restano solo promesse
Il nome del morbo, nel film, è di fantasia, ma il riferimento diretto è alla famigerata BSE, l'encefalopatia spongiforme bovina da noi ribattezzata "mucca pazza", quella della crisi che negli anni '90 ebbe il Regno Unito come epicentro.
Vi lascio scoprire da soli il finale, ma l'immagine di Pierre con l'ultimo vitello che ha aiutato a nascere cullato come un figlio sul divano di casa è di quelle che restano inchiodate al cuore. Non è la storia di Hubert Charuel, regista e sceneggiatore trentaquattrenne al primo lungometraggio, ma potrebbe esserlo.
Figlio e nipote di "paysans", Charuel ha sentito davvero sua madre dire, tanti anni fa: "Se mi ammazzano le vacche, io mi suicido ". E ha patito l'antica disistima sociale per i "paysans", solo recentemente riscattata dalla moda del "Bio", l'ha trasferita in poche illuminanti battute del film. E racconta, con rigore documentaristico, un lavoro che conosce e sa fare.
Per la cronaca, mamma, papà e nonno del regista recitano in vari ruoli, il set è la vera fattoria dei suoi. Ma non è vita vissuta, è ossessione, proiezione, sogno e metafora, suspense, emozione senza ruffianerie melodrammatiche, insomma cinema-cinema.
Teresa Marchesi , Huffington Post
Giovedì 22 marzo la visione sarà preceduta da una degustazione di formaggi curata da Slow Food Mantova. Domenica 25 marzo presenterà il film Alice Falchi di CIA-Mantova.