Tarda primavera
di Ozu Yasujiro — Giappone, 1949, 110'
con Chishu Ryu, Setsuko Hara, Yumeji Tsukioka, Haruko Sugimura
proiezione in giapponese con sottotitoli in italiano
Storia di un vecchio professore e sua figlia - lei non vuole sposarsi per non lasciar solo il padre, lui si sacrifica per spingerla al matrimonio -, è una descrizione potente e insieme lieve dell'inevitabile mutevolezza delle cose umane. Il regista si sofferma per la prima volta sul rapporto tra genitori e figli. Il messaggio, come al solito, vuole essere un insegnamento di vita, una norma universale: arriva un momento nel quale bisogna mettere da parte le proprie esigenze e pensare unicamente alla felicità dei figli, facendo in modo che inizino a vivere la propria vita.
Film quintessenziale di Ozu, si può considerare il modello base per tutta la sua produzione del dopoguerra, il suo periodo più acclamato. Splendidamente interpretato, il film è una descrizione – di grande emozione e delicatezza – dell’inevitabile mutevolezza delle cose umane: il tempo scorre e i rapporti familiari devono per forza cambiare.Il lungo discorso di Shukuchi alla figlia, preoccupata per il futuro del padre, è l’esplicitazione di questo messaggio: non si può rinunciare a qualcosa per la paura che non rappresenti la strada per la felicità, perché “la felicità è qualcosa che si deve costruire insieme”, non scatta automaticamente nel momento del matrimonio, ma bisogna iniziare a vivere per trovarla.
Che cosa domanda Ozu a Setsuko Hara? Un sorriso, radioso, che diventa pudico o imbarazzato quando
Christian Viviani, Positif
gli occhi si abbassano. Questo è sufficiente al cineasta per fare di lei l’incarnazione di un ideale femminile.
Realizzato grazie a Tucker Film in collaborazione con Shochiku, Far East Film Festival e FICE.