Un sacchetto di biglie
di Christian Duguay — Francia, 2017, 110'
con Dorian Le Clech, Batyste Fleurial, Patrick Bruel, Elsa Zylberstein, Bernard Campan
Parigi. Joseph e Maurice Joffo sono due fratelli ebrei che, bambini, vivono nella Francia occupata dai nazisti. Un giorno il padre dice loro che debbono iniziare un lungo viaggio attraverso la Francia per sfuggire alla cattura. Non dovranno mai ammettere, per nessun motivo, di essere ebrei.
Nonostante già la filmografia si sia espressa ad alto livello sull’argomento, parlo di film come Il pianista, Schindler’s List, solo per citarne alcuni, si trova una freschezza originale nell’opera di Duguay, un insieme che induce lo spettatore a provare la più sincera commozione.
Non è solo un film tratto da un testo classico che si legge nelle scuole francesi da anni (Un sac de billes), c’è lo sguardo atterrito e generoso di un bambino che getta una luce universale sulla narrazione della persecuzione degli ebrei, che diventano il simbolo dei popoli perseguitati nel mondo.
Christian Duguay, già autore di successo di pellicole, rivela qui una asciuttezza rara e dal tocco delicato, tipico del suo cinema ai confini del genere documentaristico, da cui eredita il carattere istintivo e pulito delle sequenze. Si tratta di una prova di regia matura che ha saputo puntare sulle straordinarie riprese in movimento (camminiamo insieme ai ragazzi sulle strade di montagna, nei boschi al buio, tra i campi; corriamo per sfuggire agli spari), sui primi piani dei due giovanissimi ma bravissimi attori e sulla scelta delle scene da montare, fatta da Duguay direttamente sul set.
A dare credibilità e dettaglio a questo manufatto cinematografico ci sono attori notevoli che si sono cimentati in piccole ma decisive parti. Ma gli eroi di questa “epopea luminosa”, come l’ha definita lo stesso regista, sono i suoi talentuosi protagonisti: Dorian Le Clech (Joseph) e Batyste Fleurial Palmieri (Maurice). Frutto di una lunga ricerca da parte del casting e addestrati ad arte da un coach.
Un’operazione convincente e avvincente, dove anche l’ambientazione curatissima, la fotografia di Christophe Graillot e le musiche di Armand Amar hanno contribuito alla riuscita. Un film profondo e da vedere.
Giancarlo Zappoli, mymovies.it