Una ragazza brillante
di Agathe Riedinger — Francia, 2024, 103'
con Malou Khebizi, Idir Azougli, Andréa Bescond, Ashley Romano, Alexis Manenti
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Liane ha 19 anni. Coraggiosa, ribelle e piena di vitalità, vive con la madre e la sorella minore sotto il sole polveroso di Fréjus, nel sud della Francia. Ossessionata dalla bellezza e dal desiderio di “diventare qualcuno”, vede nei reality televisivi la via per emergere, per conquistare lo sguardo e l’adorazione di un pubblico che la renda finalmente “reale”. Quando partecipa ai provini per Miracle Island, un reality di successo, il suo sogno sembra a portata di mano. Ma dietro la promessa della fama si cela un viaggio fragile e rivelatore, nel quale Liane dovrà confrontarsi con la sua identità più profonda.
Una ragazza brillante è il primo lungometraggio di Agathe Riedinger, (Diamant Brut), in concorso ufficiale alla scorsa edizione del Festival di Cannes.
Il film – girato in 4:3 per potenziare il fuoricampo – ha ottenuto due candidature al Premio César 2025, categorie ‘Meilleure Révélation Féminine’ (a Malou Khebizi) e ‘Meilleur Premier Film’. E riprende un personaggio già delineato dalla regista in un corto precedente, J’attends Jupiter. In attesa del miracolo.
I temi di Diamant Brut sono più che mai di attualità. Essere giovani e belli pare il leitmotiv della società moderna, basti pensare al recente body horror The Substance di Coralie Fargeat. Dove, per una coincidenza che pare quasi un’ironia della sorte, la brava-non più giovane Demi Moore si vede ‘soffiare’ il premio Oscar dalla ventiseienne Mikey Madison. E poi ci sono il mondo spietato dei social network e dei reality, quel punto di partenza/arrivo cui molti talenti aspirano, fantomatico e fantasmagorico trampolino di lancio verso il successo. [...]
La regista e sceneggiatrice vede in Liane la rappresentante di tutte quelle ragazze che, nonostante la loro bellezza e fascino, non si sentono amate e provano il bisogno di ottenere un riconoscimento che, pur partendo dal lato esteriore del loro aspetto fisico, non ne violi l’integrità (Liane non si vuole concedere tanto per fare e spesso prega). Quell’insicurezza latente e spesso concertante di molte ragazzine di oggi, quel bisogno di un amore che può passare solo attraverso il fatto di essere desiderata.
Forse proprio questo elemento di purezza di un diamante selvaggio e grezzo, che cerca di farsi ammirare e amare a distanza, dà profondità e significato al film. Un film in cui non ci sono molti uomini tranne quelli disposti a pagare per soddisfare aspettative. Se non Dino (Idir Azougli), coetaneo di Liane che, come lei, è alla ricerca di una riconoscibilità e di un’accettazione che prova a ottenere con le auto sportive.
Liane, alla fine, ricorda un po’ una specie di Cenerentola moderna. Con una madre-matrigna che è un soffio, un’ombra che si appoggia ai suoi sugar-daddy. Una fata cattiva, la direttrice del casting che l’ha notata su Instagram e che le promette fama e fortuna a patto di essere sexy e di impegnarsi in una relazione durante il programma. E mancati principi azzurri che la pagano per ballare di fronte a loro, e che la lasciano scappare, a mezzanotte. Anche Dino, innamorato di lei, pare un dimesso e opaco principe, che per lei comprerebbe una villa in collina in costruzione, bloccata per fallimento. E che, però, si procura per lei, sua eterna principessa, una sorta di carrozza (una Gallardo gialla). E poi ci sono tante scarpette che non sono di cristallo ma scarpe altissime, funamboliche e impietose, fatte di brillantini e paillettes.
Il successo a tutti i costi? Rimane la domanda fondamentale. Forse sì, perché la pazienza è davvero finita. Troppa la fatica. E perché, al di là del cattivo gusto di vestiti e trucco pesanti e di corpi modellati e rifatti, si avverte fragilità. Con un pensiero anche a Dio.
Oggi la società schiaccia tanti sotto il peso di un obbligo sociale alla bellezza e alla giovinezza. Resta però una speranza: il desiderio di preservare una forma di dignità e di purezza, con fede. E Liane insegna.
Simonetta Sandri, Taxidrivers



