08 ottobre 2024
La storia di Souleymane: un film umanista emozionante, commovente ed edificante
Oltre al ritmo incalzante, alla dimensione molto fisica e molto empatica, con la macchina da presa incollata a un personaggio in continuo movimento, La storia di Souleymane riesce a trattare molto bene (la sceneggiatura è scritta dal regista e da Delphine Agut) tutte le sfaccettature della situazione psicologicamente provante dell'esule (dalle telefonate a casa su Facetime alla madre malata e alla sua ex riluttante a sposare un altro uomo), i dubbi (“Non so perché sono venuto in Francia”), l'istinto di sopravvivenza in un ambiente urbano dove tutto non è necessariamente ostile ma dove nulla è facile, e il confronto finale con le autorità che decidono sulla richiesta di asilo. È un'opera folgorante, toccante e affascinante, con una forza documentaria che Boris Lojkine trasforma in una fiction umanista che si muove a 100 km all'ora e che merita un plauso.
Fabien Lemercier, Cineuropa
27 settembre 2024
Cuori liberi: una passionale inchiesta animalista
Prodotto da LAV, LNDC (Lega Nazionale Difesa del Cane), We All Animals e altre associazioni, Cuori liberi è un reportage indipendente che sostiene le ragioni dei gruppi animalisti, denuncia le violenze delle forze dell'ordine, l'assenza di trasparenza da parte dell'ASL pavese, il paradosso tra la repressione del dissenso con la forza e la deroga alle norme previste per i proprietari di allevamenti, luoghi di sofferenza e morte per gli animali.
Ospite d'onore del film è la giornalista Giulia Innocenzi - animalista dichiarata e autrice, con Paolo D'Ambrosi, dell'assonante documentario Food for Profit - che in pochi mirati interventi individua i fatti salienti della vicenda (a monte, una sostanziale mancanza di un allevatore nell'applicare le norme di legge) e metodi e obiettivi della campagna per l'antispecismo. Accanto a lei, anche il presidente di LAV Gianluca Felicetti e la deputata Eleonora Evi, impegnati nella causa.
Mentre a Roberto Manelli dal regista Alessio Schiazza viene affidato il ruolo di protagonista e "capopopolo della resistenza", a lui si affiancano i fondatori di vari santuari sparsi sulla penisola (senza nessun dettaglio sul loro modello di autosostentamento economico), disposti a lottare "fino all'ultimo respiro" per la liberazione degli animali. Il termine "santuario" infatti afferma la sacralità di ogni forma di vita e in ogni caso la non inferiorità dell'animale all'umano e il suo diritto a un'esistenza dignitosa e non coatta.
Il tono del film, che alterna interviste a riprese amatoriali degli atti dimostrativi, è quello di un'emotività partecipe, un'enfasi sul lato sentimentale della relazione tra uomini e animali, con una costante nominazione dei secondi, ricordati individualmente anche con fotografie, durante una manifestazione tenuta a Roma, e il ricorso al termine "famiglia" che sancisce una indistinta continuità tra specie.
Si mutua lo stile giornalistico di programmi come Report (c'è anche la ripresa in diretta della telefonata di richiesta di intervista alla referente dell'ATS di Pavia), alternando grafiche informative e sovrapponendo didascalie pop alle immagini.
Film militante, manifesto corale, voce di una comunità che reclama giustizia e condanna l'industria di sfruttamento.
Raffaella Giancristofaro, Mymovies
In programmazione martedì 1° ottobre alle 21 e mercoledì 2 ottobre alle 18:30. Presenta il film Paola Lazzarini, presidente dell’associazione Mantova 4 Animals APS. Biglietto intero: 7 euro. Biglietto ridotto per under 26, soci cinema del carbone, soci LAV e LNDC Animal Protection: 5 euro.
27 settembre 2024
Commedie e proverbi - Il cinema di Éric Rohmer
Dal 30 settembre torna in sala, in versione restaurata, il ciclo "Commedie e proverbi" di Éric Rohmer, uno degli autori più iconici del Cinema francese. |
18 settembre 2024
Tra L’attimo fuggente e la guerra civile spagnola, un’incredibile storia vera: Il maestro che promise il mare di Patricia Font
Una storia di coraggio, dedizione e resistenza che rischiava di rimanere avvolta nelle ombre del regime franchista. Ma soprattutto vera la storia al centro del racconto de Il maestro che promise il mare. Quella di Antoni Benaiges, nato da una famiglia rurale ma con l’insegnamento che gli scorreva nelle vene. La madre di Benaiges, infatti, era la nipote di Agustí Sardà Llaberia, illustre educatore e politico repubblicano, e cugino di primo grado dell’educatore Mercè Sardà Uribarri. Quindi Benaiges che scelse di entrare in contatto con il mondo dell’insegnamento avvalendosi del cosiddetto Metodo Freinet. Un approccio educativo ideato da Célestin Freinet alla fine dell’Ottocento che proponeva una nuova concezione del bambino. Non più soggetto passivo da indottrinare, ma attivo e da stimolare attraverso il contatto con la realtà esterna. [...]
Non è solo il mare, però, ciò che promise il maestro Benaiges quel giorno ai suoi alunni. Promise loro una vita diversa, nuova, lontana dall’ignoranza e dall’ipocrisia del piccolo centro. Promise di allargare i loro orizzonti, di avere pensiero libero e cuore puro, o più semplicemente di provare a vedere la vita di tutti i giorni sotto una nuova luce. Un po’ come fece il John Keating de L’attimo fuggente con gli alunni del collegio di Welton. Ecco, è in quel terreno narrativo che si muove Il maestro che promise il mare, quello in cui gli insegnanti cercano di far entrare i propri studenti in sintonia con sogni, desideri e paure. In esso cresce il racconto della Font tra passato e presente, storia e memoria, alternati da transizioni poetiche di montaggio che danno forma e colore agli archi narrativi di Antonio e Ariadna e del sottile filo conduttore che li unisce.[...]
Il maestro che promise il mare, un film commuovente, doloroso ed emozionante che esattamente come un buon libro vorresti non finisse mai.
Francesco Parrino, TheHotCorn
10 settembre 2024
The well: il njuovo fenomeno horror firmato da Federico Zampaglione
The Well è il nuovo cimento registico di Federico Zampaglione, al sesto lungometraggio e per la terza volta, dopo Shadow e Tulpa, di nuovo faccia a faccia con quel genere horror da lui prediletto in quanto «parla all’animo umano, indaga le nostre paure sconosciute e si perde nell’oscurità profonda, aggrappandosi a un filo di luce». Presentandolo come “il più cupo, inquietante e feroce” dei film da lui concepiti, Zampaglione aggiunge che stavolta la storia «spinge alle emozioni più estreme, distruggendo il confine tra realtà e fantasia, tra Bene e Male, Vita e Morte». Sceneggiato dal regista stesso insieme a Stefano Masi, The Wellsegueuna giovane restauratrice americana, Lisa, in trasferta nel nostro Paese per lavorare al recupero di un dipinto medievale devastato da un incendio. Mano a mano che le tracce offuscate dell’opera riemergono, eventi non solo sinistri ma incredibilmente sanguinari si manifestano intorno alla protagonista e alle altre figure che gravitano nel palazzo rurale sede del dipinto. Una maledizione è stata di nuovo scatenata, una soglia si è di nuovo dischiusa, vomitando nell’aldiqua orrore e sterminio. Tema, in qualche misura, ancestrale, nel genere, quello del quadro che cela un doppiofondo esoterico ed esiziale (da La casa dalle finestre che ridono a Il medaglione insanguinato) che Zampaglione sviluppa portandolo a conseguenze davvero “estreme”.
Nocturno.it
12 agosto 2024
Divano di famiglia di Niclas Larsson
Arriva in sala dal 29 agosto Divano di famiglia (Mother, Couch), la commedia diretta da Niclas Larson, presentata alla Festa del cinema di Roma.
In un emporio di mobili in mezzo alla campagna, una signora si siede su un divano verde. E rifiuta ostinatamente di rialzarsi, mentre i tre figli adulti, David, Gruffudd e Linda, cercano di smuoverla da lì, chiacchierano tra loro, tentano invano di sbrigare i loro impegni quotidiani.
Adattata dal romanzo omonimo dello scrittore svedese Jerker Virdborg (l'autore dell'apocalittico Granchio nero, da cui è stato tratto il film di Adam Berg con Noomi Rapace), una commedia dell'assurdo nella quale immagini, ricordi, personaggi inaspettati, proprietari dell'emporio e figlie dimenticate, si mescolano ai caotici rapporti di una famiglia divisa, quasi sempre all'interno della scena claustrofobica dell'emporio. Con un cast d'eccezione: Ellen Burstyn, Ewan McGregor, Rhys Ifans, Lara Flynn Boyle, F. Murray Abraham, Taylor Russell.
18 giugno 2024
Almodóvar - Corpi in prestito
A un anno di distanza dal primo ciclo dedicato agli anni '80, dal 22 al 30 giugno ospitiamo la nuova rassegna alla scoperta della cinematografia di Pedro Almodóvar, dirompente, provocatoria e sempre attuale, attraverso cinque pellicole di culto in versione originale restaurata: KIKA - UN CORPO IN PRESTITO, IL FIORE DEL MIO SEGRETO, PARLA CON LEI, LA MALA EDUCACIÓN, VOLVER.
11 giugno 2024
L’IMPERO: Bruno Dumont alle prese con una tragicomica guerra extraterrestre
Cinema d’autore e sberleffo fantascientifico, commedia surreale e apologo ridicolo sulla lotta tra il bene e il male incarnati nell’animo umano. Premio della Giuria all’ultima Berlinale, L’impero, il nuovo film di Bruno Dumont è un originale parodia del cinema degli effetti speciali condita dalle consuete provocazioni stilistiche del regista di L’età inquieta e L’umanità. Nella Francia settentrionale, sulla Costa D’Opale, in un tranquillo e pittoresco villaggio di pescatori nasce un bambino speciale che scatena una guerra segreta fra forze extraterrestri per la conquista della Terra. Coi demoni delle forze Zero (guidati da un istrionico Fabrice Luchini nei panni di Belzebù) che si preparano segretamente all’invasione sotto le spoglie degli abitanti del villaggio e gli Uno (Camille Cottin è la Regina dell’Impero del Bene), all’opera per produrre un’evoluzione alternativa e benefica e uccidere il Margat (il bimbo appena nato sotto mentite spoglie e futuro principe imperiale e procreatore della razza Zero) prima della pubertà. Con le rispettive legioni speciali che cercano di convincere l’umanità ad appoggiare la loro causa mentre sentimenti e istinti combattono una guerra senza fine. Tragicomico ed erotico (molte le scene di sesso), roboante, rocambolesco e sorprendente, L’impero mette alla berlina supereroi e dittatori mettendo a confronto due generi (odissea nello spazio e cronaca naturalistica) in un curioso mix di estetiche agli antipodi. Tra decapitazioni e sentinelle esiliate, nulla supremo in arrivo, spade laser e due increduli e ridicoli poliziotti della Gendarmerie che di fronte all’imminente finimondo pensano all’Isis, il film di Dumont si allontana dagli stereotipi spaziali reinventando l’architettura del genere. E così tra il paesaggio tipico della regione di Pas de Calas (mare, foreste, cavalli del luogo e un bunker della seconda guerra mondiale in un campo di grano) ecco l’invenzione di nuove forme visive con la Sainte Chapelle che diventa la sala di comando di una delle astronavi. Una sorta di Mars Attacks! transalpino che dimostra come alla fine anche la vita umana abbia i suoi vantaggi (lo scopre un euforico Belzebù) e che senza un corpo non siamo niente. Un delirio organizzato al quale bisogna stare al gioco ma che regala sorrisi e riflessioni sullo stato del nostro tempo. Magnifiche Lyna Khoudry e Anamaria Vartolmei, femmine tentatrici e guerriere affascinanti che si contendono, tra debolezze umane e piaceri demoniaci, le grazie del pescatore extraterrestre Jony (Brandon Vlieghe), il padre del Margat.
Claudio Fontanini, CineSpettacolo
10 giugno 2024
5X1000 AL CINEMA DEL CARBONE
Anche quest'anno il cinema del carbone è nell'elenco delle associazioni culturali destinatarie del 5x1000 istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Scegliere il carbone significa valorizzare la cultura, il cinema di qualità, la vita stessa della città. Un aiuto a concreto per ripartire con una nuova stagione insieme.
Se volete sostenerci, scrivete il nostro codice fiscale 02013680208 sulla vostra dichiarazione dei redditi.
04 giugno 2024
Vangelo secondo Maria: Paolo Zucca fa propria la lezione pasoliniana
Le prime inquadrature del terzo film di Paolo Zucca contengono già in nuce gli elementi che delineano l’intreccio incentrato sulla figura di Maria: la campagna, contrapposta all’asfittico ambiente domestico, come spazio fisico dell’esperienza; l’aspirazione a una rinnovata condizione umana e sociale; la sete di conoscenza come strumento emancipatorio cardine.
Quella del regista sardo è una Maria inedita, libera dalle ristrettezze della ricostruzione filologica evangelica, in grado di trascendere il tempo e riallacciare la propria vicenda alle tematiche ruotanti attorno alla condizione femminile. L’ambiente esterno, delineato con tutta la carica di realismo che il paesaggio sardo può offrire, è costituito da immagini intessute di un tappeto acustico costante e ben dosato, fatto dei belati, dello starnazzare delle galline, dal frusciare del vento, perfino del ronzio delle mosche, come nel recente "Bentu" (2022) di Salvatore Mereu. A tutto ciò si mescola poi il parlato dei personaggi, talvolta in sardo, a scolpire un mondo allo stesso tempo atavico e attuale, geograficamente lontano dalla Galilea ma affettivamente percepito come più prossimo alla dimensione archetipica e aurorale del linguaggio cinematografico.
Si può dire che Zucca abbia fatto propria la lezione di Pier Paolo Pasolini che rimodellava nella modernità tanto il mito, con la "Medea", quanto la religione, con "Il Vangelo secondo Matteo". Così, pur rinunciando all’impiego del dialetto in modo integrale e allontanandosi, ad esempio, da "Su Re" (2012), di Giovanni Columbu, con coerenza appunto pasoliniana, i momenti in cui ricorre l’uso del dialetto sono quelli legati al compianto funebre e ai riti benaugurali che precedono il rito nuziale, perché più funzionali ad esprimere, vichianamente, la genuinità, la spontaneità e la sacralità del momento associativo. [...]
Maria è la protagonista che esce dal rigido ritratto evangelico per farsi carico delle istanze rivendicate dalle donne di ogni tempo: rifiuto del matrimonio combinato, refrattarietà al patriarcato, denuncia dell’uso strumentale del sapere. “Guai a voi, dottori della legge, che avete rubato le chiavi della scienza”, tuona Maria quasi all’inizio del film. Operazione ardita, quella del regista sardo, eppure ben condotta, grazie anche alla coerenza narrativa tra il personaggio e le sue battute di dialogo: la donna non è verbosa, né tanto meno magniloquente o dotata di adamantina perfezione. È umana. La sua aspirazione alla conoscenza è socraticamente percepita come bisogno irrinunciabile e condiviso con Giuseppe (Alessandro Gassmann), allo stesso tempo coprotagonista e mentore.[...]
Dopo lo spiazzante e ironico "L'uomo che comprò la luna" (2018) e ancor più dopo il laconico "L'arbitro" (2013) ci pare che il regista oristanese abbia acquisito una maggiore consapevolezza nei propri mezzi mentre, da parte del pubblico, si può nutrire fiducia circa il fatto che egli abbia ormai imboccato la strada verso un cinema mai banale.
Alessio Cossu, Ondacinema