16 luglio 2015

1971 a Belfast

A raccontare le nefandezze compiute in Belfast nel ’71 ci hanno pensato negli anni Ken Loach, Neil Jordan, Jim Sheridan, Paul Greengrass. Cosa c’era ancora che non fosse già passato dagli obiettivi di cinema o tv? Serviva, con evidenza di visione, un lavoro che andasse “oltre” prendendo la giusta distanza temporale e la perfetta aderenza al Caos dei fatti.

Persino i combattenti stessi delle plurime fazioni stentavano a capire i meccanismi del conflitto costituito dalla degenerazione di attentati – e reazioni da parte dell’esercito britannico – senza scrupoli.

Proprio sull’impossibilità di decifrare il caos che regnava nei primi anni Settanta pone l’attenzione il film ’71, imponente opera prima del franco-britannico Yann Demange, in uscita giovedì 9 luglio, dopo una giacenza di un anno e mezzo dalla premiére mondiale al concorso della Berlinale 2014.

Il film è molto interessante sia per qualità formale che per ottica di approccio, ‘71 ci introduce nel cuore dell’Irlanda del Nord del 1971, già da qualche anno lacerata dalla guerra civile (i cosiddetti Troubles), sullo sguardo di Gary: un soldatino inglese (incarnato con trepidante sensibilità da Jack O’Connell) che, alla sua prima missione a Belfast, finisce intrappolato per un’interminabile notte nella terra di nessuno al confine fra la roccaforte degli estremisti protestanti e i quartieri cattolici dei militanti dell’Ira. 

Nella fotografia virata sull’ocra di Tat Radcliffe, la scena urbana assume il rilievo di una scenografia teatrale dall’atmosfera onirica e allucinata; mentre lo sceneggiatore Gregory Burke intreccia su passo drammaturgico da tragedia elisabettiana lo scontro fra le fazioni in lotta, senza prender posizione ma badando a far emergere in seno a ogni frangia il complesso nodo di contraddizioni, violenze e doppi giochi.

03 luglio 2015

Que viva Mexico! Que viva Greenaway!

Avrò bisogno del tuo cuore, della tua mente, del tuo corpo, e della tua erezione”, così ha detto Peter Greenaway a Luis Alberti per prepararlo all’interpretazione del personaggio di Palomino Cañedo, guida e poi amante del regista russo in Eisenstein in Guanajuato, passato oggi in concorso alla Berlinale tra gli applausi e zeppo di scene di sesso gay molto esplicite.
Nei panni del cineasta considerato “il padre del cinema” dall’autore de I misteri del giardino di Compton House, c’è invece l’attore finlandese Elmer Bäck, efficacissimo nel restituire la vitalità e il genio dell’artista in occasione del suo viaggio in Messico nel 1931. “In quel momento, poco più che trentenne – ha commentato Greenaway – Eisenstein aveva già realizzato i tre capolavoriSciopero!La corazzata Potëmkin e Ottobre. Mi ha affascinato il fatto che sia andato in Messico per fare un film, Que viva Mexico!, senza poi riuscirci, e che quel viaggio lo abbia cambiato. Quando ci spostiamo nel mondo diventiamo persone diverse, Eisenstein lì si è lasciato andare, ha abbandonato la paranoia. Confrontandosi con una società profondamente diversa si è aperto alla condizione umana e si è interessato agli individui più che ai movimenti di massa”. 
Il cinema di Peter Greenaway è da sempre focalizzato sui concetti di amore e morte, così come il cineasta britannico è sempre stato un grande sperimentatore delle potenzialità linguistiche del cinema e delle sue contaminazioni con le altre arti. “Sesso e morte sono imprescindibili – ha spiegato il regista – I miei due protagonisti, Eisenstein e Cañedo, fanno l'amore, e succede esattamente al centro del film, perché il cinema deve dimostrare l'enorme importanza del fenomeno dell'amore”. Contraddistinto da scelte espressive che mescolano bianco e nero e colore, split screen e deformazioni delle immagini, fotografie e opere d’arte che, all’improvviso intervengono a descrivere le parole di un dialogo, Eisenstein in Guanajuato mostra dunque il cineasta russo nell’esplorazione (anche sessuale) di un nuovo mondo, in cui girò 400 kilometri di pellicola che non ha mai potuto montare, mettendo in campo riferimenti a Chaplin, Stravinsky, Disney, Corbusier, Bunuel, Dietrich, Garbo, Mickey Mouse e Rin-Tin-Tin. 
A conferma della sua continua (ed entusiasta) ricerca formale, Greenaway ha poi spiegato in conferenza stampa: “Il linguaggio cinematografico è straordinario e il dovere di ogni regista è servirsene al 100%, andare in fondo alle sue possibilità. Mi piacciono le soluzioni che permettono di farsi un'idea dello spazio, e che si usino tutti gli artifici disponibili. Il cinema è un mix di arti, e forse nei 120 anni della sua vita ha vissuto solo il suo prologo. La rivoluzione digitale ci ha portato tante nuove libertà, ora comincia il cinema e tutti i registi devono dimostrare quale straordinario mezzo d’espressione sia. Da parte mia, avevo impressione che il cinema stesse per morire e ho sentito il bisogno di rendere omaggio a Sergej Eisenstein”.

22 giugno 2015

THE PARTY! Festa del carbone a corte Eremo

Ci sono sere speciali d'estate, quando la città ribolle e la campagna fresca e accogliente ti aspetta.

Il cinema del carbone lascerà per una sera via Oberdan e si sposterà sul prato di Corte Eremo ( in via Eremino, 2 a Curtantone) , allacciando il suo schermo ai due più grandi alberi del giardino e aspettando il calar della notte.

Tra un picnic sul prato, una visita ai giardini, un saluto alle caprette, sorprendenti istallazioni video e sonore arriva velocemente il tempo del film.

Ci aspetta Hollywood Party film  poetico e surreale e senza dubbio il miglior prodotto della fertile e travagliata coppia Sellers-Edwards.

Con Reading Retreats in Rural Italy e Clark Lawrence festeggeremo insieme l'arrivo dell’estate SABATO 27 Giugno dalle ore 19.00.

E per citare Hrundi V. Bakshi, il camaleontico e tenerissimo attore indiano interpretato da Peter Sellers "A me piace ridere. Non c'è niente come ridere, è tanto bello ridere." e anche a noi!

16 giugno 2015

La felicità è a portata di mano

 “Basta poco”, ovvero ci si inventa un'agenzia che vende felicità, illusioni e il gioco è fatto. E può accadere anche che ti capiti conoscere il tuo idolo: Dino Zoff. La commedia toscana di Andrea Muzzi e Riccardo Paoletti “Basta poco”, che viene presentata in anteprima per Mantova al Carbone, racconta appunto di questa agenzia speciale  che rende FELICI E CONTENTI.

In base al principio secondo cui “oggi come oggi la depressione è la malattia più diffusa nel mondo!”, Sergio coinvolge l'amico Fulvio  e nasce l'agenzia Felici & contenti con l'obiettivo di esaudire i desideri più disparati delle persone. Nonostante possa sembrare incredibile, dopo un inizio un pò stentato, arrivano i primi clienti e ben presto per l'agenzia è successo. Le richieste, è vero, sono le più strane. Ma qualcosa di inaspettato pioverà sull'attività di Sergio e Fulvio mettendo in discussione un pò tutto. Tra i problemi di Sergio anche quello di aver promesso al figlio di presentargli il suo amico Dino Zoff che in realtà non conosce affatto. Anche se poi, quasi per miracolo, il portiere campione del mondo non mancherà di apparire al ragazzino.

«L'idea di fare un film su un'agenzia che promette felicità - spiega Muzzi, regista di teatro, pubblicità, ma anche fondatore di una scuola per comici, 'Massimo Troisi, e dell'Accademia del comico Antonio De Curtis - mi è venuta da tante suggestioni. Certo questo film, più che di felicità, racconta di illusioni. E questo anche per raccontare un aspetto della natura umana». Dino Zoff, timidissimo e gentile, commenta: «Sono felice di aver fatto questo film e spero solo che vada bene in sala. Ho detto sì a Muzzi perché ho subito capito che era una persona per bene. Ma una cosa è certa - sottolinea -: non mi piace rivedermi sullo schermo ome non mi piaceva farlo anche con le partite fatte meglio». Nel cast anche Paolo Hendel Marco MesseriNinni Bruschetta, Daniela Poggi, Daniela Morozzi e Annalisa Aglioti

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16 giugno 2015

Quando il Garda era un mare

Cinquantasei anni fa a una banchina sui laghi di Mantova attraccò una nave pirata. Sembra una burla, ma è una piccola parte di una storia affascinante, una vicenda che ha movimentato per anni la vicina Peschiera del Garda, trasferita idealmente sul mare dei Caraibi. Proprio a Peschiera, infatti, vennero girati numerosi B-movie con protagonisti pirati e corsari, grazie all’iniziativa della “Bertolazzi Film”. Attorno a quest’impresa si creò un microcosmo di artigiani, fornitori e comparse, consentendo a molti giovani di fare il loro ingresso nel mondo della celluloide. E qualcuno ha fatto anche carriera, a partire da Fabio Testi. 

Circe. Tutto cominciò quasi per scommessa. Dino De Laurentiis aveva prodotto nel 1954 il film Ulisse, un kolossal diretto da Mario Camerini. Per girarlo, era stato realizzato un galeone, poi rimasto attraccato e in disarmo a Fiumicino. Il produttore voleva disfarsene, ed ecco l’idea di Walter Bertolazzi: portarlo sul lago di Garda per attrezzarlo a ristorante. E propose a De Laurentiis un accordo: se fosse riuscito a portare la nave - nel frattempo ribattezzata Circe - sul Garda, sarebbe diventata sua senza altre spese.

Il viaggio. Circe partì, discese lo Stivale per risalire poi attraverso l’Adriatico ed arrivare a Porto Levante. I racconti descrivono il viaggio lungo il Po come la parte più difficile dell’impresa, ma alla fine il galeone riuscì ad imboccare il Mincio ed arrivare a Mantova, approdando a Fossa Serena, sul Lago di Mezzo. La Gazzetta dell’epoca racconta i faticosissimi preparativi per caricare la nave, definita “saracena” su un carrello, che venne poi agganciato a una motrice per affrontare il viaggio Cittadella-Desenzano. A Desenzano il nuovo varo della Circe e la navigazione fino a Peschiera.

Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet registi del documentario saranno mercoledì sera al Carbone per presentare Quando il garda era un mare.

04 giugno 2015

Si può sorridere dei propri problemi

Arriva al cinema del carbone l'Islam che sorride e fa sorridere. Pitza e datteri è una commedia sull'integrazione firmata dal regista curdo iraniano Fariborz Kamkari che mette in scena una comunità di musulmani a Venezia alle prese con la ricerca di una nuova moschea, dopo che la precedente è stata "espropriata" e trasformata in un negozio di parrucchiere dalla ex moglie del proprietario. In soccorso viene chiamato un giovane Imam afgano, il cui arrivo finisce per complicare la situazione con conseguenze paradossali e divertenti.

“È un film che parla di disagio sociale, di questa comunità e della sua ricerca di un equilibrio. Una tematica molto vecchia del mondo islamico. Sono più di cento anni che sta cercando la via giusta per essere presente nel mondo moderno” ha spiegato il regista in conferenza stampa.

Una pellicola sicuramente dal respiro internazionale ma con una forte impronta italiana grazie al roboante Giuseppe Battiston, alla struttura narrativa da commedia all’italiana e all'ambientazione in una inusuale Venezia. Pitza e datteri porta con sé la modernità delle nuove commedie interculturali francesi e il coraggio di far stridere in chiave umoristica (nel titolo metaforico) anche un elemento occidentale, la pizza, con un frutto tipico orientale come il dattero.

26 maggio 2015

Molto rumore senza una parola: The Tribe

Prostituzione, bullismo, emarginazione, amore, speranze, il sogno di una fuga all’estero, magari in Italia, il quel Bel Paese che spesso è un miraggio. THE TRIBE è l'opera prima del regista Myroslav Slaboshpytskiy, presentata e premiata alla Semaine della Critique 2014 di Cannes. Il film disegna traiettorie umane commoventi, tra storie d’amore tormentate e una violenza crescente, quasi necessaria per sopravvivere a un mondo cinico che ragiona solo con la sopraffazione. Lunghi piani sequenza e solo la lingua dei segni, senza sottotitoli o una voce fuori campo, per una pellicola stilisticamente coraggiosa che ragiona lucidamente sulla condizione dei sordomuti in Ucrania, sul linguaggio cinematografico e sull'amore e l'odio come sentimenti estremi. 

Da giovedì 28 maggio al cinema Oberdan. 

11 maggio 2015

I dettagli che contano li trovate al carbone

Torna al cinema del carbone Quasi niente. I dettagli che contano, la storica rassegna di film a tematica LGBT. Organizzata in collaborazione con l'Arcigay La Salamandra di Mantova, la rassegna festeggia quest'anno l'undicesima edizione, presentando la consueta e ben dosata miscela di generi e registri, che comprende commedie, documentari, film cult, tutti provenienti dai principali festival internazionali di cinema Lgbt.

Ad aprire la rassegna martedì 12 maggio, ore 21.15, DER KREIS docu-film in cui le immagini d’archivio e le interviste a Ernst Ostertag e Röbi Rapp si alternano alle sequenze di fiction, creando una sinergia tra la storia della rivista "Il cerchio" che dà il titolo al film, la violenta repressione del 1959 contro gli omosessuali e la storia d’amore dei due protagonisti, prima coppia dello stesso sesso ad essere unita in matrimonio in Svizzera nel 2003.

07 maggio 2015

ANDREA RENZI è L'UOMO DEL FUTURO

Andrea Renzi, fondatore di Teatri Uniti con Servillo, interprete per Martone e Sorrentino, questa sera, giovedì 7 MAGGIO alle ore 21.15, sarà L'UOMO DEL FUTURO portando in scena se stesso e la voce di Majakovskij, Caproni e Hrabal a DIALOGHI di teatro contemporaneo.

Uno sguardo carismatico e penetrante, ironico e accattivante, che rende ogni suo personaggio subito credibile, anche quando si trova a recitare in contesti che tendono all'inverosimile. È Andrea Renzi, attore approdato al cinema dopo un'intensa gavetta teatrale. È nato a Roma, ma lo si potrebbe definire napoletano d'adozione, vista l'importanza che hanno Napoli e la cultura partenopea nella sua opera, a cominciare dal lungo e prolifico sodalizio col regista Mario Martone, che lo ha accompagnato sin dagli esordi, quando non era che un adolescente con la passione per il teatro, e che prosegue anche nella maturità, come dimostra la sua partecipazione del 2010 nel film storico Noi credevamo. 
L'esordio con Martone Appena quattordicenne comincia a lavorare proprio con Martone, in qualità di attore teatrale per il gruppo Nobili di Rosa, che a soli due anni dalla sua fondazione nel 1979, si evolverà in Falso Movimento. All'evoluzione del gruppo corrisponde quella culturale e professionale di Andrea, che nel 1984 vince il premio Opera Prima col monologo Sangue e Arena. Approda quindi alla regia teatrale, prima di tentare la fortuna nella televisione e, ovviamente, nel cinema. I primi passi che muove nel mondo della celluloide corrispondono all'esordio dello stesso Martone dietro la macchina da presa, con Morte di un matematico napoletano (1992), che racconta gli ultimi giorni di Renato Caccioppoli, grande studioso partenopeo, nipote del filosofo e rivoluzionario russo Michail Bakunin. Nel cast, oltre allo stesso Renzi, figurano il protagonista Carlo Cecchi e tra gli altri Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri e Toni Servillo. Nel 1998 si fa dirigere ancora da Martone in Teatro di guerra, film ambizioso che porta il teatro al cinema e, attraverso il filtro dei Sette contro Tebe di Eschilo, diventa drammatica metafora della Napoli dei Quartieri Spagnoli, e nel contempo esaltazione d'una città che preserva la sua incontrastata bellezza nonostante i problemi e i pregiudizi che la attanagliano.
La collaborazione con Ozpetek L'accattivante espressività di Renzi non è sfuggita a Ferzan Ozpetek, che lo scrittura per una breve ma significativa parte ne Le fate ignoranti (2001), dramma sulla diversità in cui interpreta il ruolo di Massimo, che muore quasi all'inizio del film, vittima di un incidente stradale, ma la cui presenza incombe in modo quasi ossessivo almeno per tutta la prima parte della pellicola che, con cadenze da giallo, mostra il calvario della vedova Antonia (un'intensa Margherita Buy) alla ricerca di una verità che riguarda direttamente il suo defunto marito: il legame omosessuale con Michele (Stefano Accorsi), scoperta dapprima struggente, ma in un secondo momento catartica.
L'epopea dei Pisapia Nello stesso anno, diretto da Paolo Sorrentino, è protagonista, con Toni Servillo, de L'uomo in più, che narra le vite parallele di Tony (Servillo) e Antonio Pisapia (Renzi), il primo cantautore, l'altro calciatore, ambedue uomini di successo, ma gradualmente trascinati in un baratro di crudele sconfitta, sullo sfondo di una Napoli cinica e ricca di contraddizioni. Antonio, aspirante allenatore, vede naufragare il suo sogno insieme alla speranza di una lieta vita sentimentale. L'interpretazione di Renzi raggiunge vertici di drammaticità davvero notevoli, nei quali si percepisce la solida formazione teatrale, ma soprattutto l'innata capacità espressiva.
Un interprete versatile Nel 2004, per la regia di Massimo Piesco e Giorgio Molteni, recita ne Il servo ungherese, versione intellettualistica e spiccatamente brechtiana del tema della Shoah, in cui interpreta Miklos, l'ungherese del titolo, figura straordinaria di dotto, profondo e nel contempo singolarmente umile. Ne La spettatrice (2004) di Paolo Franchi, seduce la dirimpettaia Valeria interpretata dall'affascinante Barbora Bobulova, mentre ne L'iguana (2004) di Catherine McGilvray, trasposizione dell'omonimo romanzo di Anna Maria Ortese, recita nel ruolo dell'aristocratico Aleardo Aleardi. L'anno seguente sarà il Commissario Bruni di Quo vadis, baby? di Gabriele Salvatores, tratto dall'opera di Grazia Verasani. Ma Napoli sembra, in un modo o nell'altro, richiamarlo a sé, così nello stesso anno si fa dirigere da Antonio Capuano ne La guerra di Mario, la storia di un bambino difficile che finisce in affidamento a Giulia (Valeria Golino) e Sandro (Andrea Renzi) il quale, a differenza della compagna, non riesce ad instaurare un contatto umano col bimbo. Del 2005 è anche la breve e simpatica apparizione ne La tigre e la neve di Roberto Benigni, in cui recita nel ruolo del dottor Guazzelli.
Una commedia spassosa 
Nel 2006 si trova nel cast de L'estate del mio primo bacio, per la regia di Carlo Virzì, fratello di Paolo. Si tratta di una commedia probabilmente sottovalutata, incentrata sulla storia di Camilla Randone, una tredicenne benestante e viziatissima, che s'innamora di Adelmo, un giovane di umile estrazione sociale. Renzi è Agostino, il padre della ragazzina, ingegnere fedifrago che raggira con maestria la nevrotica moglie Giovanna (Laura Morante), aspirante scrittrice che scambia i suoi problemi psicologici per i tormenti dell'artista incompresa, e che alla fine del film riuscirà a scrivere, come esclamerà lo stesso Agostino, un “romanzo di 4 pagine!”. 
Renzi voce narrante Seguono il meno interessante Non prendere impegni stasera (2006) di Gianluca Maria Tavarelli, in cui interpreta Alessandro, un claustrofobico che si fa raggirare da una maga; Disegno di sangue (2007) di Gianfranco Cabiddu, film tv della serie Crimini, in cui interpreta l'intrigante commissario Giacomo Curreli; Ossidiana (2007) di Silvana Maja, la travagliata storia della pittrice napoletana Maria Palliggiano, in cui recita nel ruolo di Victor, e Parlami d'amore (2008), esordio alla regia di Silvio Muccino. Nel 2009 è, con Toni Servillo e Sabrina Colle, la voce narrante di Deserto rosa-Luigi Ghirri di Elisabetta Sgarbi, documentario dedicato all'opera fotografica di L. Ghirri, in cui le parole fanno da guida alla lettura e alla comprensione delle immagini. Di Renzi e Colle è anche la danza delle stagioni. 
Tra storia e noir Nel 2010 Mario Martone lo rivuole nello storico Noi credevamo, storia di tre ragazzi del sud coinvolti nel travagliato percorso che portò all'Unità d'Italia, in cui recita nel ruolo di Sigismondo di Castromediano. L'anno successivo appare in Mozzarella Stories, diretto da Edoardo Angelis e prodotto dal mitico Emir Kusturica. 

23 aprile 2015

I volti della perdita

Mercoledì 13 maggio, ore 21.15, seconda proiezione per la rassegna STACCANDO L'OMBRA DA TERRA con STILL ALICE di Richard Glatzer. Trasposizione del romanzo omonimo di Lisa Genova,  è la storia di una deriva, la vicenda di una donna intelligente e speciale che perde giorno dopo giorno le tracce di sé a causa di una forma rara e precoce di Alzheimer.

La rassegna di quest'anno ha come tema centrale la perdita, riguardante non solo le persone care, ma anche il lavoro, le relazioni, i ruoli, il corpo, l'identità. Ognuno di noi, in misura diversa durante la propria vita, deve misurarsi con l'eperienza della perdita e del dolore che ne consegue, ma parlarne insieme prepara ad affrontare e a capire più profondamente la realtà quotidiana, acquisendo visuali più ampie in grado di attivare risorse ed energie che aggregano.

A guidare la discussione dopo la proiezione sarà Luciano Orsi.

In collaborazione con Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Associazione Oltre la Siepe, Istituto Oncologico Mantovano e Associazione Maria Bianchi.