07 settembre 2015

IL VIAGGIO DELLA SIGNORINA VILA

La storia d'amore tra un uomo e una donna di un altro tempo, caduti nella Trieste di oggi. È anche la storia d'amore di un intellettuale che si scambia e si specchia con il proprio passato, reale e letterario, e il passato della sua città. È il racconto di dolori, soprusi e autoinganni che hanno solcato Trieste. È la storia di generazioni a venire. È una storia di mari e di venti.

Tutto questo e molto più è Il viaggio della signorina Vila, di Elisabetta Sgarbi, evento di Festivaletteratura ospitato al cinema Oberdan venerdì 11 settembre alle ore 21:15.

Un viaggio a Trieste insieme a Claudio Magris, Luciana Castellina, Giuseppe Dell'Acqua, Gillo Dorfles, Igo Gruden, Srečko Kosovel, Alice Psacaropulo, Boris Pahor, Gorgio Pressburger, Raul Pupo, Primo Rovis, Giorgio Rossetti, Pino Roveredo, Andrea Segré, Scipio Slataper, Vittorio Sgarbi, Susanna Tamaro, Livio Vasieri, e, per l'occasione, alla regista Elisabetta Sgarbi e dallo scrittore triestino Mauro Covacich, presenti in sala per accompagnare gli spettatori in questo itinerario visivo-letterario.

27 agosto 2015

Ozu Yasujiro.

Una rassegna dedicata a riscoprire i film del maestro giapponese nella nuova stagione del cinema del carbone da lunedì 19 ottobre in versione restaurata.

Far conoscere – e rendere accessibili – al pubblico i grandi protagonisti del cinema di oggi e di ieri è sempre stato l’obiettivo dei focus dedicati alla storia del cinema orientale, presentati durante le varie edizioni del Far East Film Festival di Udine nel corso degli anni. Un obiettivo che oggi, grazie all’attività di distribuzione nazionale della Tucker Film (formata dal C.E.C. di Udine e da Cinemazero di Pordenone), è diventato un approdo concreto. Avere la possibilità di riportare sul grande schermo lo splendore di alcuni capolavori del cinema non ha prezzo: e così la Tucker, appunto, ha acquistato i diritti per l’Italia di 6 capolavori del maestro Ozu Yasujiro, restaurati digitalmente dalla major nipponica Shochiku. I film – in formato 2K - saranno distribuiti nelle migliori sale italiane all’inizio del 2015 e permetteranno al pubblico italiano di riscoprire i gioielli di un cineasta con la C maiuscola. Se Tokyo Story (1953) viene considerato dall’autorevole Sight & Sound come il più bel film di sempre dell’intera storia del cinema (votato da 358 registi di tutto il mondo), non sono certo da meno gli altri titoli restaurati. Il FEFF 16 (2014) presentò il meraviglioso Good Morning, uno dei primi film a colori di Ozu, dove possiamo riscoprire la cura e la poetica raffinatissima con cui Ozu utilizzava la tavolozza cromatica. Il pacchetto Ozu, è un regalo prezioso per tutti, un pacchetto inaspettato che ci arriva dall’Oriente, ancora più prezioso se pensiamo al fatto che molti dei film di Ozu sono andati distrutti durante la seconda guerra mondiale e molti altri sono stati conservati senza la cura necessaria. In sei film, potremo così riscoprire l’avanguardia, la poesia, la semplicità profonda del suo realismo dove l’elemento sociale dell’incontro tra modernità e tradizione viene raccontato con uno stile unico nella storia del cinema.

Tarda primavera (Late Spring, 1949) è il film quintessenziale di Ozu. Storia di un vecchio professore e sua figlia (lei non vuole sposarsi per non lasciar solo il padre, lui si sacrifica per spingerla al matrimonio), è una descrizione potente e insieme lieve dell'inevitabile mutevolezza delle cose umane.

Viaggio a Tokyo (Tokyo Story, 1953) è ancora oggi il più famoso dei film di Ozu, e lo celebra con estese citazioni Wim Wenders in Tokyo-ga. E' la cronaca venata di amarezza del viaggio di un'anziana coppia per far visita ai figli sposati nella metropoli.

Fiori d'equinozio (Equinox Flower, 1958) ironizza pacatamente sulla perdita dell'autorità paterna: un padre che si oppone al matrimonio della figlia viene battuto dalle forze coalizzate del mondo femminile.

Buon giorno (Good Morning, 1959), remake alla lontana del capolavoro muto Sono nato, ma..., è una deliziosa commedia sullo sciopero del silenzio di due fratellini che vogliono che la famiglia compri un televisore; e insieme è una divertita riflessione sul linguaggio: di cosa parliamo quando parliamo?

Tardo autunno (Late Autumn, 1960) è un ironico film, pieno di nostalgia agrodolce, su tre vecchi amici, ex corteggiatori di una donna ora vedova. Cercano di combinare il matrimonio della figlia di lei, col pensiero che pure la madre si possa risposare.

Il gusto del saké (An Autumn Afternoon, 1962), ultimo film di Ozu, è un'elegia del tempo che scorre e della nostalgia del passato, imperniato ancora sul tema del matrimonio, ma con un accenno sul filo del ricordo agli ambienti studenteschi dei vecchi tempi.

18 agosto 2015

FRANKENSTEIN JR a Corte Eremo

Se c'è un film che è diventato – giustamente – oggetto di culto per spettatori di più generazioni, è sicuramente Frankenstein Junior di Mel Brooks, realizzato nel 1974, che in uno splendido bianco e nero riportò sullo schermo, in forma parodistica, il mito della creatura di Mary Shelley resa celebre al cinema da Boris Karloff. La splendida versione italiana, diretta dal più grande doppiatore del doppiaggio italiano, Mario Maldesi, scomparso l'anno scorso, ha adattato in modo spassoso le battute in apparenza intraducibili dell'originale (vi rimandiamo a questo articolo in merito).

Bene, l'occasione per rivedere il capolavoro di Mel Brooks su grande schermo in versione restaurata, arriverà sabato 29 agosto a Corte Eremo, la serata è organizzata da Il cinema del carbone in collaborazione con Reading Retreats in Rural Italy e Clark Lawrence .

Vi aspettiamo a partire dalle 19:00.

23 luglio 2015

CHIUSO PER FERIE!

E con il bellissimo 71 di Yann Demange lo spazio dell'Oberdan chiude per la tradizionale pausa estiva. Anche se il carbone non si ferma e con il suo schemo mobile è ancora in giro per città e province.

E' il momento del nostro grande GRAZIE a TUTTI I VOLONTARI del CARBONE: a chi ha aperto e chiuso, a chi ha proiettato e montato, a chi ha sollevato e trasportato, a chi ha spedito e controllato, a chi ha organizzato e cenato, a chi ha scelto e presentato. E ora... Meritate vacanze a tutti e un arrivederci al 4 di settembre!

16 luglio 2015

1971 a Belfast

A raccontare le nefandezze compiute in Belfast nel ’71 ci hanno pensato negli anni Ken Loach, Neil Jordan, Jim Sheridan, Paul Greengrass. Cosa c’era ancora che non fosse già passato dagli obiettivi di cinema o tv? Serviva, con evidenza di visione, un lavoro che andasse “oltre” prendendo la giusta distanza temporale e la perfetta aderenza al Caos dei fatti.

Persino i combattenti stessi delle plurime fazioni stentavano a capire i meccanismi del conflitto costituito dalla degenerazione di attentati – e reazioni da parte dell’esercito britannico – senza scrupoli.

Proprio sull’impossibilità di decifrare il caos che regnava nei primi anni Settanta pone l’attenzione il film ’71, imponente opera prima del franco-britannico Yann Demange, in uscita giovedì 9 luglio, dopo una giacenza di un anno e mezzo dalla premiére mondiale al concorso della Berlinale 2014.

Il film è molto interessante sia per qualità formale che per ottica di approccio, ‘71 ci introduce nel cuore dell’Irlanda del Nord del 1971, già da qualche anno lacerata dalla guerra civile (i cosiddetti Troubles), sullo sguardo di Gary: un soldatino inglese (incarnato con trepidante sensibilità da Jack O’Connell) che, alla sua prima missione a Belfast, finisce intrappolato per un’interminabile notte nella terra di nessuno al confine fra la roccaforte degli estremisti protestanti e i quartieri cattolici dei militanti dell’Ira. 

Nella fotografia virata sull’ocra di Tat Radcliffe, la scena urbana assume il rilievo di una scenografia teatrale dall’atmosfera onirica e allucinata; mentre lo sceneggiatore Gregory Burke intreccia su passo drammaturgico da tragedia elisabettiana lo scontro fra le fazioni in lotta, senza prender posizione ma badando a far emergere in seno a ogni frangia il complesso nodo di contraddizioni, violenze e doppi giochi.

03 luglio 2015

Que viva Mexico! Que viva Greenaway!

Avrò bisogno del tuo cuore, della tua mente, del tuo corpo, e della tua erezione”, così ha detto Peter Greenaway a Luis Alberti per prepararlo all’interpretazione del personaggio di Palomino Cañedo, guida e poi amante del regista russo in Eisenstein in Guanajuato, passato oggi in concorso alla Berlinale tra gli applausi e zeppo di scene di sesso gay molto esplicite.
Nei panni del cineasta considerato “il padre del cinema” dall’autore de I misteri del giardino di Compton House, c’è invece l’attore finlandese Elmer Bäck, efficacissimo nel restituire la vitalità e il genio dell’artista in occasione del suo viaggio in Messico nel 1931. “In quel momento, poco più che trentenne – ha commentato Greenaway – Eisenstein aveva già realizzato i tre capolavoriSciopero!La corazzata Potëmkin e Ottobre. Mi ha affascinato il fatto che sia andato in Messico per fare un film, Que viva Mexico!, senza poi riuscirci, e che quel viaggio lo abbia cambiato. Quando ci spostiamo nel mondo diventiamo persone diverse, Eisenstein lì si è lasciato andare, ha abbandonato la paranoia. Confrontandosi con una società profondamente diversa si è aperto alla condizione umana e si è interessato agli individui più che ai movimenti di massa”. 
Il cinema di Peter Greenaway è da sempre focalizzato sui concetti di amore e morte, così come il cineasta britannico è sempre stato un grande sperimentatore delle potenzialità linguistiche del cinema e delle sue contaminazioni con le altre arti. “Sesso e morte sono imprescindibili – ha spiegato il regista – I miei due protagonisti, Eisenstein e Cañedo, fanno l'amore, e succede esattamente al centro del film, perché il cinema deve dimostrare l'enorme importanza del fenomeno dell'amore”. Contraddistinto da scelte espressive che mescolano bianco e nero e colore, split screen e deformazioni delle immagini, fotografie e opere d’arte che, all’improvviso intervengono a descrivere le parole di un dialogo, Eisenstein in Guanajuato mostra dunque il cineasta russo nell’esplorazione (anche sessuale) di un nuovo mondo, in cui girò 400 kilometri di pellicola che non ha mai potuto montare, mettendo in campo riferimenti a Chaplin, Stravinsky, Disney, Corbusier, Bunuel, Dietrich, Garbo, Mickey Mouse e Rin-Tin-Tin. 
A conferma della sua continua (ed entusiasta) ricerca formale, Greenaway ha poi spiegato in conferenza stampa: “Il linguaggio cinematografico è straordinario e il dovere di ogni regista è servirsene al 100%, andare in fondo alle sue possibilità. Mi piacciono le soluzioni che permettono di farsi un'idea dello spazio, e che si usino tutti gli artifici disponibili. Il cinema è un mix di arti, e forse nei 120 anni della sua vita ha vissuto solo il suo prologo. La rivoluzione digitale ci ha portato tante nuove libertà, ora comincia il cinema e tutti i registi devono dimostrare quale straordinario mezzo d’espressione sia. Da parte mia, avevo impressione che il cinema stesse per morire e ho sentito il bisogno di rendere omaggio a Sergej Eisenstein”.

22 giugno 2015

THE PARTY! Festa del carbone a corte Eremo

Ci sono sere speciali d'estate, quando la città ribolle e la campagna fresca e accogliente ti aspetta.

Il cinema del carbone lascerà per una sera via Oberdan e si sposterà sul prato di Corte Eremo ( in via Eremino, 2 a Curtantone) , allacciando il suo schermo ai due più grandi alberi del giardino e aspettando il calar della notte.

Tra un picnic sul prato, una visita ai giardini, un saluto alle caprette, sorprendenti istallazioni video e sonore arriva velocemente il tempo del film.

Ci aspetta Hollywood Party film  poetico e surreale e senza dubbio il miglior prodotto della fertile e travagliata coppia Sellers-Edwards.

Con Reading Retreats in Rural Italy e Clark Lawrence festeggeremo insieme l'arrivo dell’estate SABATO 27 Giugno dalle ore 19.00.

E per citare Hrundi V. Bakshi, il camaleontico e tenerissimo attore indiano interpretato da Peter Sellers "A me piace ridere. Non c'è niente come ridere, è tanto bello ridere." e anche a noi!

16 giugno 2015

La felicità è a portata di mano

 “Basta poco”, ovvero ci si inventa un'agenzia che vende felicità, illusioni e il gioco è fatto. E può accadere anche che ti capiti conoscere il tuo idolo: Dino Zoff. La commedia toscana di Andrea Muzzi e Riccardo Paoletti “Basta poco”, che viene presentata in anteprima per Mantova al Carbone, racconta appunto di questa agenzia speciale  che rende FELICI E CONTENTI.

In base al principio secondo cui “oggi come oggi la depressione è la malattia più diffusa nel mondo!”, Sergio coinvolge l'amico Fulvio  e nasce l'agenzia Felici & contenti con l'obiettivo di esaudire i desideri più disparati delle persone. Nonostante possa sembrare incredibile, dopo un inizio un pò stentato, arrivano i primi clienti e ben presto per l'agenzia è successo. Le richieste, è vero, sono le più strane. Ma qualcosa di inaspettato pioverà sull'attività di Sergio e Fulvio mettendo in discussione un pò tutto. Tra i problemi di Sergio anche quello di aver promesso al figlio di presentargli il suo amico Dino Zoff che in realtà non conosce affatto. Anche se poi, quasi per miracolo, il portiere campione del mondo non mancherà di apparire al ragazzino.

«L'idea di fare un film su un'agenzia che promette felicità - spiega Muzzi, regista di teatro, pubblicità, ma anche fondatore di una scuola per comici, 'Massimo Troisi, e dell'Accademia del comico Antonio De Curtis - mi è venuta da tante suggestioni. Certo questo film, più che di felicità, racconta di illusioni. E questo anche per raccontare un aspetto della natura umana». Dino Zoff, timidissimo e gentile, commenta: «Sono felice di aver fatto questo film e spero solo che vada bene in sala. Ho detto sì a Muzzi perché ho subito capito che era una persona per bene. Ma una cosa è certa - sottolinea -: non mi piace rivedermi sullo schermo ome non mi piaceva farlo anche con le partite fatte meglio». Nel cast anche Paolo Hendel Marco MesseriNinni Bruschetta, Daniela Poggi, Daniela Morozzi e Annalisa Aglioti

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16 giugno 2015

Quando il Garda era un mare

Cinquantasei anni fa a una banchina sui laghi di Mantova attraccò una nave pirata. Sembra una burla, ma è una piccola parte di una storia affascinante, una vicenda che ha movimentato per anni la vicina Peschiera del Garda, trasferita idealmente sul mare dei Caraibi. Proprio a Peschiera, infatti, vennero girati numerosi B-movie con protagonisti pirati e corsari, grazie all’iniziativa della “Bertolazzi Film”. Attorno a quest’impresa si creò un microcosmo di artigiani, fornitori e comparse, consentendo a molti giovani di fare il loro ingresso nel mondo della celluloide. E qualcuno ha fatto anche carriera, a partire da Fabio Testi. 

Circe. Tutto cominciò quasi per scommessa. Dino De Laurentiis aveva prodotto nel 1954 il film Ulisse, un kolossal diretto da Mario Camerini. Per girarlo, era stato realizzato un galeone, poi rimasto attraccato e in disarmo a Fiumicino. Il produttore voleva disfarsene, ed ecco l’idea di Walter Bertolazzi: portarlo sul lago di Garda per attrezzarlo a ristorante. E propose a De Laurentiis un accordo: se fosse riuscito a portare la nave - nel frattempo ribattezzata Circe - sul Garda, sarebbe diventata sua senza altre spese.

Il viaggio. Circe partì, discese lo Stivale per risalire poi attraverso l’Adriatico ed arrivare a Porto Levante. I racconti descrivono il viaggio lungo il Po come la parte più difficile dell’impresa, ma alla fine il galeone riuscì ad imboccare il Mincio ed arrivare a Mantova, approdando a Fossa Serena, sul Lago di Mezzo. La Gazzetta dell’epoca racconta i faticosissimi preparativi per caricare la nave, definita “saracena” su un carrello, che venne poi agganciato a una motrice per affrontare il viaggio Cittadella-Desenzano. A Desenzano il nuovo varo della Circe e la navigazione fino a Peschiera.

Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet registi del documentario saranno mercoledì sera al Carbone per presentare Quando il garda era un mare.

04 giugno 2015

Si può sorridere dei propri problemi

Arriva al cinema del carbone l'Islam che sorride e fa sorridere. Pitza e datteri è una commedia sull'integrazione firmata dal regista curdo iraniano Fariborz Kamkari che mette in scena una comunità di musulmani a Venezia alle prese con la ricerca di una nuova moschea, dopo che la precedente è stata "espropriata" e trasformata in un negozio di parrucchiere dalla ex moglie del proprietario. In soccorso viene chiamato un giovane Imam afgano, il cui arrivo finisce per complicare la situazione con conseguenze paradossali e divertenti.

“È un film che parla di disagio sociale, di questa comunità e della sua ricerca di un equilibrio. Una tematica molto vecchia del mondo islamico. Sono più di cento anni che sta cercando la via giusta per essere presente nel mondo moderno” ha spiegato il regista in conferenza stampa.

Una pellicola sicuramente dal respiro internazionale ma con una forte impronta italiana grazie al roboante Giuseppe Battiston, alla struttura narrativa da commedia all’italiana e all'ambientazione in una inusuale Venezia. Pitza e datteri porta con sé la modernità delle nuove commedie interculturali francesi e il coraggio di far stridere in chiave umoristica (nel titolo metaforico) anche un elemento occidentale, la pizza, con un frutto tipico orientale come il dattero.