
06 febbraio 2019
Le nostre battaglie
Presentato a Cannes 2018 nella Semaine de la Critique e al 36. Torino Film Festiva dove ha vinto il Premio del Pubblico e il Premio Cipputi, Le nostre battaglie arriva al Carbone
Il film racconta la storia di Oliver, interpretato da Romain Duris, un uomo che dedica tutto sé stesso alla lotta sindacale al fianco dei propri compagni di lavoro. Quando, da un giorno all’altro, sua moglie Laura (Lucie Debay) lo abbandona da solo con due figli, Oliver dovrà imparare a trovare un nuovo equilibri tra le sfide della quotianità e il suo lavoro.
Come dice con forma più che eloquente il titolo, il film racchiude in sé una moltitudine di battaglie (anche interiori, morali, intime), che in maniera quotidiana costellano le vicende di tutti i personaggi. C’è il mondo del lavoro, quello degli affetti e della famiglia, siano il matrimonio, la maternità, la paternità o il confronto con una sorella lontana e dallo stile di vita completamente diverso da quello di Oliver (la stupenda Laetitia Dosch).
Tutto è motivo di conflitto. Quello di Oliver è un personaggio estremamente positivo, impreparato a diversi aspetti della vita che fino alla fuga della moglie aveva trascurato e che si lascia cogliere alla sprovvista, che -a un certo punto- non sa più quale sia la direzione giusta da prendere, ma che non si dà mai per vinto.
Le nostre battaglie è un film che parla al pubblico con un garbo deciso e mai retorico, un’opera che c’entra tutti i bersagli puntati, sempre a fuoco nei toni e nei registri.

28 gennaio 2019
Nuove avventure al carbone dei piccoli lab!
Quest'anno - al carbone dei piccoli lab - si impara a far suonare una carta geografica, andare sulla luna senza l'aiuto dei computer, disegnare con i fiori e stampare come si faceva cinquecento anni fa. Vi interessa il programma? Da sabato 2 febbraio riparte il ciclo di laboratori con merenda dedicato ai bambini curiosi e pieni di fantasia. Il primo appuntamento è con DIA.TONICA, un mini laboratorio-concerto per carillon e mappe ideato dal musicista Emanuele Maniscalco. A seguire - domenica 17 febbraio - Fabio Bozzoli in CHE COSA SUCCEDE SE...? farà riscoprire ai piccoli partecipanti il fascino della scienza senza l'uso delle tecnologie. Sabato 2 marzo l'Oberdan si trasformerà in una tipografia con CIAK, SI STAMPA! di Maria Zaramella, per stampare le locandine dei film prossimamente in programma, mentre sabato 16 marzo tutti in Giappone con LINEE, FIORI, FOGLIE, COLORI: un'introduzione all'arte dell'ikebana curata da Jenny Favari.
Tutti i laboratori avranno inizio alle 16.15. Al termine delle attività, i partecipanti potranno recuperare le energie spese grazie a una gustosa merenda offerta da Coop Alleanza 3.0.
Il costo di iscrizione ai laboratori è di 5 euro. E' richiesta la prenotazione attraverso il form on line disponibile qui.

28 gennaio 2019
Il 6 febbraio Stefano Cattini presenta Pentcho
Nella città di Netanya, in Israele, c’è una rotonda che ospita il monumento di una nave. Quella nave è il Pentcho, vecchio battello fluviale di Bratislava, che rappresentò un'insperata scialuppa di salvataggio per 520 ebrei - cechi, slovacchi, polacchi, tra i quali 100 internati a Buchenwald - in fuga dall’Europa. PENTCHO è anche il titolo del film che Stefano Cattini ha dedicato a qull'incredibile viaggio lungo il Danubio e sfociato in mare aperto, tra stenti e difficoltà, fino al rocambolesco (e fortunato finale). Reduce da una tournée negli Stati Uniti, dove il documentario è stato presentato alla New York Film Academy nell'ambito delle manifestazioni organizzate organizzate dal Centro Primo Levi per la giornata della memoria, Stefano Cattini sarà ospite al cinema del carbone insieme a PENTCHO il prossimo mercoledì 6 febbraio (inizio proiezione ore 21.15).

25 gennaio 2019
André Téchiné: le voyageur des passions
Dal 28 ottobre al 25 marzo la rassegna André Téchiné: le voyageur des passions porterà al carbone l'opera di uno dei grandi autori del cinema d’oltralpe, forse il più misconosciuto in Italia. Otto appuntamenti di lunedì, nel doppio orario 18:15 e 21:00, per scorprire o riscoprire la filmografia di uno dei grandi maestri europei, cantore della gioventù e della libertà.
Il costo del biglietto di ogni proiezione è 7 euro, ridotto a 5 euro per i soci cinema del carbone e del Circolo del Cinema, che avranno anche la possibilità di sottoscrivere l'abbonamento all'intera rassegna di 8 film al prezzo di 20 euro. In omaggio con l'abbonamento, il catalogo della rassegna curato da Alberto Cattini.
"Al centro delle storie di Téchiné ci sono sempre l’individuo e i suoi legami sociali, ma soprattutto quelli familiari e affettivi, la memoria e l’esilio, i giovani, l’amore, l’omosessualità. Ma raccontando tutto questo, Téchiné non adotta quell’approccio intimista o addirittura ombelicale che alcuni identificano per antonomasia con il cinema francese, spesso un cinema “di prossimità”. Di certo, il regista predilige il ritratto dei sentimenti individuali e delle vicende personali dei suoi personaggi, e in questo si avvicina alla Nouvelle Vague. Il suo rapporto con la critica di quegli anni, e con la parola scritta da sé o da altri, segna da sempre il suo cinema. È tramite la parola scritta che egli media tra vita e immagini, mettendo l’intelletto al servizio dei sentimenti e della loro rappresentazione, non scegliendo mai un registro giudicante, né troppo distaccato.
Si potrebbe dire che la confidenza con la parola scritta che si percepisce nella scrittura dei personaggi, dei dialoghi e delle storie di Téchiné riesce a stare contemporaneamente dalla parte di Cocteau e di Brecht, e anche da quella di Barthes: perchè è una parola capace di narrare ma anche di stilizzare, confrontandosi con la materia umana, mente e corpo, con la stessa lucidità che Brecht pretendeva dai suoi attori ai quali prescriveva di recitare “a digiuno”. Il digiuno di Téchiné non è per nulla quel sottrarsi alle emozioni a cui oggi vengono attribuite sperticate quanto immeritate lodi bensì la capacità di non lasciarsi appesantire dalla soggettività e dal narcisismo.
Anche Goffredo Fofi ha scritto che il segno di Barthes è rintracciabile in tutta la carriera dell’autore, che può essere letta come una grande analisi del “discorso amoroso”, sempre meno concepito per frammenti, e con una crescente vocazione al romanzo rispetto alla cinefilia degli esordi. Nell’arco della sua carriera Téchiné è infatti riuscito ad opporsi sempre più chiaramente all’antinomia che oppone cinema popolare e cinema d’autore proprio per via della sua capacità di mettersi nei panni altrui, di parlare di temi condivisi e con un linguaggio comprensibile a tutti e su vari livelli, obiettivo chiaramente enunciato in varie interviste dallo stesso autore.
Come ha giustamente osservato da Alain Philippon, il linguaggio di Téchiné sa coniugare “prosa e poesia”, estetica e narrativa. Combinare fattori come questi, tra loro anche molto diversi, è forse una delle caratteristiche principali di questo regista e sceneggiatore, che ha studiato il cinema dei padri e dei fratelli maggiori per dare vita a una sua cifra personale. E il peso del passato, o della mancanza del passato e di esperienza, è spesso la molla che forza il suo linguaggio e i suoi personaggi verso un ingresso brutale e traumatico nella vita. Come François Truffaut disse prima di lui, Téchiné ripete infatti ancora oggi: “Faccio parte di quella categoria di registi per cui fare film è un modo di prolungare l’adolescenza”.
Claudio Panella e Silvia Nugara, Cult frame

15 gennaio 2019
Angius al carbone per Ovunque proteggimi
Sabato 19 gennaio - alle ore 21.15 - Bonifacio Angius torna al cinema del carbone per presentare il suo ultimo film, OVUNQUE PROTEGGIMI, presentato in concorso al recente Torino Film Festival. Dal grigiore invernale di PERFIDIA, Angius passa a un agosto esasperato. Potente, impulsiva, borderline, la storia di OVUNQUE PROTEGGIMI conquista il cuore degli spettatori, ormai stanchi di scatole narrative emotivamente addomesticate. Protagonisti del film due outsider: un cantante folk fallito, perso nelle bettole del sassarese, e una donna a cui i servizi sociali hanno tolto i figli. Anziché annientarsi nella sofferenza, i due si incontrano e si gettano nuovamente nella vita, affrontando un viaggio per uscire dal recinto della follia in cui la società vorrebbe tenerli rinchiusi. "Non ho mai trattato questi personaggi come se fossero dei matti" ha dichiarato Bonifacio Angius: "chiunque nella loro situazione potrebbe reagire come loro, ma i loro eccessi rendono il mio film anarchico nello spirito. Questi personaggi, per me, sono stati un regalo".

03 gennaio 2019
Mondovisioni 2019
Mondovisioni 2019 - I documentari di Internazionale
Un progetto a cura di CineAgenzia per Internazionale
Intorno a noi c'è un mondo che cambia rapidamente: istituzioni ritenute inattaccabili che sembrano sgretolarsi, vecchie idee che si ripresentano con una pelle nuova, conquiste sociali e diritti fondamentali rimessi in discussione, centinaia di persone che a diverse latitudini riprendono a lottare per libertà e giustizia. Un mondo che raramente arriva sui nostri piccoli schermi domestici, ma che possiamo vedere ogni anno al cinema, grazie a Mondovisioni.
L'attesa rassegna di documentari su attualità, diritti umani e informazione, curata da CineAgenzia per il settimanale Internazionale, torna anche quest'anno al cinema del carbone, raccontandoci la complessità del presente attraverso storie senza filtri, emozionanti, profonde, esemplari, capaci di parlare a ciasuno di noi. Otto film belli e importanti, scelti dai più prestigiosi festival internazionali, quest’anno tutti in anteprima per l’Italia.
L’edizione 2018-2019 presenta due film sull’ondata globale populista con cui facciamo i conti quotidianamente: Alt-Right: Age of Rage, sulla nuova estrema destra americana, ed Eurotrump, sul ruolo chiave a livello europeo del populista olandese Geert Wilders. Su un fronte opposto, non troppo diversi risultano spirito di appartenenza, ottusità e cinismo degli islamisti radicali che Recruiting for Jihad ci mostra al lavoro in Europa. E per offrirci ulteriori stimoli per leggere il nostro tempo, Mondovisioni punta lo sguardo su paesi apparentemente remoti e al tempo stesso incredibilmente vicini: El país roto ci conduce in un viaggio in uno dei paesi più profondamente in crisi, il Venezuela; Kinshasa Makambo celebra il coraggio dei giovani che nella Repubblica Democratica del Congo lottano per un cambio di potere e libere elezioni; con Whispering Truth to Power andiamo per la prima volta in Sudafrica a conoscere la straordinaria giudice Thuli Madonsela e la sua battaglia contro la corruzione. Nella tradizione della rassegna non mancano un omaggio al miglior giornalismo in Under the Wire, ritratto della leggendaria reporter Marie Colvin, caduta nel massacro della città siriana di Homs, e un film urgente che alza l’asticella e lo sguardo ponendo una domanda decisiva:What is Democracy?.
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Orario proiezioni: 18.15; 21.15.
Abbonamento 8 film: 20 euro.
Biglietto singola proiezione: intero 7 euro, ridotto soci cinema del carbone 5 euro.
Costo del biglietto per gli studenti: 3 euro (gratuito per gli insegnanti accompagnatori).
Per info e prenotazioni: 0376.369860 – info@ilcinemadelcarbone.it – www.ilcinemadelcarbone.it.
In collaborazione con:

03 gennaio 2019
Museo, Troppa grazia e Summer
Questi sono i film con cui iniziamo il 2019 in via Oberdan 11.
- Potrete rubare le memorie archeologiche più preziose del Messico con i protagonisti di MUSEO
- Liberare l'energia rock che vi brucia dentro e squarciare il buio della Leningrado tardocomunista di SUMMER;
- Confrontarvi con le presenze soprannaturali di TROPPA GRAZIA.
- Ridere e sognare con La strega Rossella e Bastoncino

26 dicembre 2018
LA COMMEDIA più esplosiva delle feste
Accolto con entusiasmo all’ultimo Festival di Cannes, LA DONNA ELETTRICA è una commedia travolgente e fuori dagli schemi, capace di unire emozione, impegno e divertimento. Un film che colpisce al cuore con un ritratto di donna memorabile e un omaggio al paesaggio islandese di struggente bellezza.
Halla sembra una donna come le altre, ma dietro la routine di ogni giorno nasconde una vita segreta: armata di tutto punto compie spericolate azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua terra, la splendida Islanda. Quando però una sua vecchia richiesta d’adozione va a buon fine e una bambina si affaccia a sorpresa nella sua vita, Halla dovrà affrontare la sua sfida più grande…

18 dicembre 2018
A NATALE regala il Carbone
A Natale regala il Carbone!
Tante sono le possibilità
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Tessera associativa: 10€
Abbonamento a Mondovisioni: 20€
Abbonamento alla rassegna André Téchiné: 20€
Tessera famiglia "il carbone dei piccoli": 35€
10 ingressi : 40€ (spendibili durante tutto il tempo dell'anno)
4 ingressi: 20€
2 ingressi: 10 €

05 dicembre 2018
ROMA, di Alfonso Cuarón
L’acqua. Quant’è importante l’acqua nel cinema di Alfonso Cuarón. Un cinema fluido che racconta sempre di una trasformazione in atto, di una parte che muore e di un’altra che rinasce. Ricordate i finali de I figli degli uomini e Gravity? O l’ultima inquadratura di Y tu mamá también con Maribel Verdù che si immerge nel mare insieme alla macchina da presa? E anche in questo suo ultimo, bellissimo film, l’oceano e le onde ricoprono un ruolo decisivo e salvifico in un improvviso scioglimento dell’emozione che diventa abbraccio collettivo e liberatorio da cui ricominciare.
Era proprio dai tempi di Y tu mamá también che Cuarón non raccontava il “suo” Messico. Se allora l’urgenza era confrontarsi con un coming of age della e sulla giovinezza, stavolta il punto di vista è quello dell’infanzia, con un viaggio che non è solo un road movie territoriale, ma un balzo autobiografico all’indietro nel tempo. Siamo infatti a Città del Messico a cavallo tra il 1970 e il 1971, all’interno di una famiglia dell’alta borghesia, dove il principale centro emotivo è quello di Cleo, la giovane domestica che bada alle pulizie di casa e ai bambini. Probabilmente uno di questi è proprio il regista (classe 1961), cresciuto a Roma, quartiere della capitale messicana che non a caso dà il titolo al film. La routine domestica viene presto sconquassata dalla separazione dei genitori. Il padre lascia la famiglia e il diario privato di Cuarón assume i contorni di una doppia parabola al femminile. La domestica e la madre. Entrambe abbandonate dai propri uomini e unite da una solidarietà che travalica la differenza di classe. Incinta di Firmìn, un uomo irrisolto, fissato con le arti marziali (sono pur sempre gli anni di Bruce Lee e dell’occidentalizzazione degli sport orientali), ma destinato a cadere nelle maglie dell’estremismo di destra, Cleo rimane in famiglia e diventa la testimone dolente, affettuosa e passiva di questa transizione familiare, che a sua volta si fa proiezione di un particolare momento della società messicana. Ma oltre a questo la sua diventa presto una via crucis sul lutto e sulla sua elaborazione che si incrocia con quella del personaggio di Sandra Bullock in Gravity, di cui Roma, Leone d’oro al 75° Festival di Venezia, potrebbe essere persino una sorta di remake neorealista.
Dopo Hollywood e gli Academy Award di Gravity il regista messicano aveva l’evidente necessità di confrontarsi con un progetto più intimo e personale. Non a caso affida produzione e distribuzione al canale Netflix e realizza un’opera di 135’, molto rigorosa, rinunciando completamente all’uso della musica. Ma non solo. A riprova di un coinvolgimento profondo nel progetto, decide non soltanto di scrivere, dirigere e produrre, ma anche di firmare personalmente le immagini in bianco e nero, facendo a meno per la prima volta del fido collaboratore Emmanuel Lubezki, e dei suoi celeberrimi (e spesso sensazionalistici) piani sequenza. Non che Roma non sia un film formalmente impeccabile o privo di long take di formidabile perizia tecnica. Tutt’altro. Ci sono anzi dentro una saturazione e una geometrizzazione degli spazi che in parte possono congelare le emozioni, ma tradiscono anche tutto l’amore che il regista di Gravity ha sempre dichiarato nei confronti del cinema filippino e in particolar modo per Brillante Mendoza. Il controllo della forma serve in verità a Cuaròn per dare una rappresentazione e una rilettura del passato, che è in primo luogo individuale, privata, ma anche inevitabilmente storico-politica come sottolinea la potente sequenza del massacro del Corpus Christi del 10 giugno 1971.
Uno degli elementi più sorprendenti di Roma è che sembra più la raccolta di memorie di un fotografo che quella di un narratore. La carrellate e le panoramiche circolari diventano presto funzionali per una ricostruzione del set familiare e dei primi anni 70 che è affettiva ma anche sottilmente psicoanalitica. I dettagli alternano slanci nostalgici a frammenti di shock rimossi (il poster di Mexico ’70, la cacche del cane che sporcano il cortile, l’immersione notturna sui caotici e rumorosi marciapiedi della città davanti al cinema prima di intravedere il padre con l’amante, e poi ancora l’incendio nel bosco, gli sketch televisivi, gli idiomi e i suoni delle strade, le discussioni appena abbozzate e lasciate in fuori campo, lontane dai punti di vista e di ascolto di domestici, bambini e spettatori). La precisione dei particolari appare quindi finalizzata a ricostruire i contorni di un ricordo e poi, in secondo luogo, a tracciare un sapore, un fluido di esistenza. Del resto in ogni singola inquadratura nei film di Cuarón c’è la compenetrazione di dolore e fede, nascita e morte, staticità e movimento. E anche nelle immagini che sembrerebbero più freddamente controllate, emerge sempre l’ossessione per un particolare che attraversa il fondale (gli aerei che sorvolano il cielo ad esempio) come se volesse scalfire l’impressione di una natura morta e raccontare il processo in divenire, uno spostamento che può essere fisico, ma soprattutto spirituale e biologico.
Nell’attuale momento storico e politico questo ritorno a casa di Cuaròn è anche molto simbolico e coraggioso. E dopo i trionfi internazionali della New Wave centroamericana (ricordiamo anche Iñárritu e Del Toro), capace di rivoluzionare l’estetica e l’industria contemporanea, Roma è probabilmente il vero, grande film da consegnare al cinema messicano. Anche se, molto semplicemente, è un film che si accontenta soprattutto di amare gli spazi e le persone. Un film straordinariamente femminile fatto da un uomo. Ma forse un uomo non basta. Soltanto un “figlio” può fare un film così.
Carlo Valeri, Sentieri Selvaggi.