15 gennaio 2020

L'ufficiale e la spia

Voulez-vous la lumière? Una domanda che rimbomba spesso nelle sontuose stanze del potere dove si discute il celeberrimo affaire Dreyfus, proprio nel fatidico 1895 che sta scoprendo la “luce” del cinema in quella stessa Parigi. Una domanda che Roman Polanski torna a porsi nel 2019 risucchiandoci pian piano in ambienti sempre più oscuri, tra uffici e tribunali, alberghi e celle di isolamento, sondando così l’oblio (potenziale) della Storia con la luce persistente del cinema. Ma facciamo un doveroso passo indietro: l’accusa di alto tradimento verso il capitano dell’esercito di origine ebraica Alfred Dreyfus (basata su discutibilissime prove di delazione verso la Germania) diventa ben presto il catalizzatore di complessi nodi storico/politici (dalla guerra franco-prussiana ai prodromi della Prima Guerra Mondiale) e socio/culturali (dai rigurgiti antisemiti alla corruzione delle istituzioni repubblicane) che attanagliano l’Europa a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il ruolo dell’intellettuale, pertanto, non può che assumere connotati profondamente diversi: la lettera aperta scritta da Émile Zola al presidente della Repubblica francese sulle pagine de L’aurore segnerà non a caso il perimetro etico e umano entro cui interpretare ogni futura ricostruzione o rammemorazione dell’affaire.

Ed eccoci al film. A più di un secolo di distanza da quei fatti arriva anche il j’accuse di Roman Polanski – tratto dal libro di Robert Harris e Gran Premio della Giuria al 76° Festival di Venezia – che non poteva che essere concepito come “puro cinema”: a partire dal matte painting digitale che riedifica gli spazi in campo lungo (come nel Rohmer de La nobildonna e il duca), per poi zoomare in dettaglio su fatti, oggetti e dati (come nel Rossellini didattico di Blaise Pascal o Cartesio). Ed è nelle pieghe di questo impeto filologico che Polanski riesce miracolosamente a condensare tutto il suo cinema passato – dalle fobie ossessive di Repulsion alle persecuzioni allegoriche di Rosemary’s Baby, dal contagio del male de Il coltello nell’acqua ai perturbanti fantasmi psichici de L’inquilino del terzo piano, per aggrapparsi infine al flebile raggio di sole che attraversa le macerie de Il pianista – pensando un film di abissale e anacronistica frontalità. “Qual è la differenza tra copia e falso?”, ci si chiede apertamente.

E allora: l’intera vicenda – dal 1894 al 1906, dall’arresto sino alla parziale riabilitazione – è narrata dal punto di vista del colonnello Georges Picquart (un efficace Jean Dujardin), ossia il capo dell’ufficio informazioni dello Stato Maggiore. Un uomo del sistema che inizia a indagare personalmente sull’affaire dapprima scoperchiando oscene zone franche poste tra giustizia e ragion di Stato, per poi reiterare simili dinamiche di potere (in un doppio finale veramente vertiginoso). Il dramma umano di Dreyfus (monolitica l’interpretazione di Louis Garrel) diventa quindi una dimensione posta quasi del tutto in fuori campo aleggiando come fantasma della Storia che reclama una “forma visibile” nella contingenza di ogni singolo evento messo in scena. L’antisemitismo, la rabbia sociale e gli echi lugubri del Novecento europeo iniziano a materializzarsi partendo da questo scioccante fervore accusatorio (i libri di Zola bruciati in piazza) o ancora dall’uso strumentale e pregiudizievole dell’opinione pubblica (nell’era dei nascenti media di massa che catalizzano ogni attenzione).

Un film anche autobiografico, quindi? Certo, ma non più di altri. Perché Polanski non ha mai smesso di trasfigurare e universalizzare i propri spettri interiori, cercando testardamente flebili tracce di luce nelle (sue) stanze buie e credendo sino in fondo ai frammenti di soggettività lacerata dei suoi ambigui personaggi. Parliamo solo di cinema, pertanto. Il rigore bressoniano della messa in scena viene contaminato dall’irruzione della memoria privata del colonnello in un personale atto di rimontaggio delle fonti che sfrutta i “classici” raccordi di sguardo o le soggettive per aprire improvvisi flashback rivelatori. Insomma, una delle vicende cardine per la formazione della civiltà occidentale del XX secolo viene qui ri-declinata instaurando una lucidissima dialettica tra gli stili storicizzati del cinema “riconosciuto” come il figlio più fulgido della modernità. Roman Polanski asciuga le proprie inquadrature da ogni compiacimento o (auto)indulgenza regalandoci un’immensa lezione di etica delle immagini che possa favorire ogni futura riflessione critica sui troppi Dreyfus della Storia. Un film meravigliosamente contemporaneo e di un nitore assoluto: voulez-vous la lumière?

Pietro Masciullo, Sentieriselvaggi.it

08 gennaio 2020

Il mistero Henri Pick

Da giovedì 9 gennaio il cinema del carbone propone in prima visione  Il mistero Henri Pick di Rémi Bezançon, ottimo rappresentate comico di un sottogenere molto in voga negli ultimi anni, ovvero l'indagine letteraria. Non perdete questa vera e propria  [...] chance, da prendere al volo specialmente quando il tour fornisce una guida/protagonista del calibro di Fabrice Luchini, attore di poliedrico talento, impagabile charmeur, icona di una francesità preziosa antitetica a quella malevola tramandata abitualmente. E’ proprio il caso di “Il mistero Henri Pick” la cui sceneggiatura, coscritta dal regista Bezancon sulla base dell’omonimo bestseller di David Foenkinos (ed. italiana Mondadori), è quasi interamente ambientata sugli appartati, edenici e ventosi scenari balneari della cittadina e della penisola di Crozon appartenenti al dipartimento del Finistère (nomen omen) nel nord ovest della Bretagna: componente di non poco conto che, anzi, diventa il fulcro di un piccolo quanto gradevole giallo letterario in cui non si cerca l’assassino, bensì l’autore segreto di un bestseller. La produzione dell’esagono si dimostra, così, ancora una volta in grado di potere proporre numerosi film fuori standard, estrosi, intelligenti e soprattutto basati su trame avvincenti ed esenti da tormenti apocalittici e/o predicozzi moralistici. Mettevi dunque comodi in poltrona: dopo avere rovistato nella saletta della locale biblioteca riservata –spunto formidabile- ai manoscritti rifiutati, una giovane e graziosa editor annuncia al mondo di avere scoperto lo struggente romanzo postumo Les dernières heures d’un amourdel pizzaiolo Henri Pick passato a miglior vita da un biennio. Il successo è travolgente, le classifiche scalate: peccato che il celebre critico letterario e volto noto dei programmi televisivi culturali Rouche (Luchini) non creda affatto allo scoop e s’intesti a cercare a tutti i costi le prove di un presunto imbroglio. Le schermaglie tra l’altezzoso intellettuale parigino trasformatosi in una sorta di sornione doppione di Maigret e la sconcertata figlia Joséphine (la sensibile e credibile Cottin) del povero Pick che in vita non fu mai scoperto a leggere un libro o scrivere una riga sono il sale e pepe dell’abile mix tra dialoghi pungenti, scene madri sotto vuoto spinto e schizzi a margine di classici personaggi da commedia francese se non alla Balzac, quantomeno alla Chabrol. Giocando, appunto, con gli stereotipi della detective story, il regista riesce persino a fare intravedere un’armonia poetica tra le azioni e le decisioni di fatto superflue e destinate allo scacco dei protagonisti e i riflessi pietrosi, sfumati, grigioazzurri, vagamente malinconici degli inconfondibili paesaggi bretoni; mentre è più diretto lo scherno rivolto allo strano ma ricorrente paradosso che autorizza la maggior parte di noi a lasciarci cullare da fantasticherie chiaramente irrealizzabili nel momento stesso in cui giuriamo d’essere alla perenne ricerca di prosaiche verità e marmoree certezze.

Valerio Caprara

03 gennaio 2020

STORIA DI UN MATRIMONIO

Com’è possibile che una piccola storia d’amore trovato e poi perduto si sia rivelata un trionfo e, allo stesso tempo, uno dei migliori film dell’anno? Storia di un matrimonio non è solo il punto più alto della carriera dell’autore-regista Noah Baumbach (The Meyerowitz Stories, Il calamaro e la balena); è anche una vetrina straordinaria per le sue star, Adam Driver e Scarlett Johansson, che trasformano questa storia di divorzi e avvocati nel Kramer contro Kramer del 21esimo secolo.

Driver interpreta Charlie, acclamato regista Off-Broadway che non riesce a dirigersi fuori da una crisi. Joahnsson è Nicole, sua moglie da 10 anni e madre del figlio di 8 anni Henry (Azhy Robertson). Nicole non vuole più recitare negli spettacoli di Charlie, ma trasferirsi a Los Angeles per girare il pilot di una nuova serie tv. Il regista newyorkese snobba sia L.A. che la televisione, e Nicole decide di lasciarlo.

Nella sequenza d’apertura, una scena tanto spensierata quanto ingannevole, gli sposi leggono due liste – un classico della terapia matrimoniale – per spiegare cosa amano l’uno dell’altro. “È contagiosa, competitiva, una grande ballerina, una madre che ama giocare”, dice Charlie accompagnato da un montaggio di meraviglie coniugali. Poi arriva la parola con la i: Io. (“Sa quando ho bisogno di essere spronato e quando è meglio lasciarmi solo”). Anche la lista di Nicole contiene la parola “competitivo”, poi dice: “si veste bene, piange facilmente al cinema e ama fare il padre. È quasi fastidioso quanto gli piace… affronta tutti i miei sbalzi d’umore e non mi fa mai sentire in colpa”. Nelle liste non c’è spazio per l’infedeltà di Charlie e i risentimenti di Nicole.

Tutti e due sanno di doversi confrontare, ma non sanno come iniziare. E questo è il compito del film e di Baumbach – le cui capacità di sceneggiatore non si sono mai mostrate così brillanti e accorate –, che costringe Charlie, Nicole e tutto il pubblico ad affrontare un uragano emotivo che alterna esplosioni di risate a lacrime inaspettate. La decisione di separarsi tira fuori il peggio di entrambi. 

Driver, Johansson e Baumbach vi metteranno in ginocchio collezionando una serie di dure verità, raccontate attraverso un’empatia straziante che vi farà capire che cosa vuol dire davvero essere vivi: Storia di un matrimonio è quel tipo di film che si prende un pezzo di chi si ferma a osservarlo.

27 dicembre 2019

Mondovisioni 2020: in vendita gli abbonamenti

La nuova stagione di Mondovisioni è pronta al decollo. Sono già in vendita gli abbonamenti per l'attesa rassegna di documentari targata Internazionale che anche quest'anno fa tappa a Mantova al cinema del carbone. Sette gli appuntamenti dell'edizione 2020, sempre in doppia proiezione alle 18.15 e alle 21.15. Si parte il 14 gennaio con BELLINGCAT - TRUTH IN A POST TRUTH WORLD, analisi dello stato di salute dell'informazione nell'epoca della post-verità, per poi spostarci sulle rotte dei migranti nel Mediterranneo con MISSION LIFELINE (21 gennaio). LEFTOVER WOMEN (4 febbraio) è dedicato ai mutamenti interni alla società cinese e in particolare all'ostracismo verso le donne istruite e ancora non sposate, mentre XY CHELSEA (11 febbraio) racconta l'incredibile storia di Chelsea Manning, l'ex-soldato ora diventato donna che ha diffuso un'incredibile mole di segreti militari. MIDNIGHT TRAVEL (18 febbraio) segue la fuga dal proprio paese del regista afghano Hassan Fazili, mentre PREY (25 febbraio) offre una testimonianza sconcertante sugli abusi sessuali nella chiesa canadese. Chiude la rassegna SAKAWA (3 marzo), che ci porta in Ghana per scoprire i traffici nati intorno alla più grande discarica al mondo di rifiuti elettronici. Il costo dell'abbonamento è di 20 euro.

27 dicembre 2019

Giochiamo a fare il cinema con il carbone dei piccoli lab

Pensate che fare cinema sia così difficile? Per togliervi tutte le paure - e farvi divertire - arriva la nuova serie di laboratori del carbone dei piccoli lab! L'edizione 2020 dei workshop per bambine e bambini curiosi è intermanete dedicata alla settima arte e alle sue suggestioni. Si parte sabato 11 gennaio insieme a Beatrice Pucci allestendo un set e girando un vero film dall'inizio alla fine... con forbici e carta! IL GIARDINO DI CARTA permetterà ai giovani filmaker di apprendere la tecnica della cut-out animation. Di promozione dei film si occupa Maria Zaramella con il suo CIAK, SI STAMPA!, dedicato alla tipografia a caratteri mobili (sabato 1° febbraio), mentre con TUTTA UN'ALTRA VOCE! (sabato 29 febbraio) ci si dedicherà al doppiaggio insieme alle insegnanti della Pingu's English School Mantova. Agli amanti di Totoro e di tutti i mostri affettuosi dei cartoni animati è dedicato CREA IL TUO MOSTRILLO! di Serpica Naro (sabato 1° aprile), per creare con ago e filo un simpatico mostrillo da portarsi a casa.

Tutti i laboratori saranno seguiti da una generosa merenda offerta da Coop Alleanza 3.0. Costo di iscrizione al singolo laboratorio: 5 euro. Per partecipare è necessario prenotarsi compilando il form disponibile a questo link.

27 dicembre 2019

Elio Germano al carbone in VR: aperte le prevendite

La tentazione totalitaria in VR al cinema del carbone. È aperta la prevendita per Segnale d’allarme, la trasposizione in realtà virtuale di La mia Battaglia, spettacolo interpretato da Elio Germano e tratto dal Mein Kampf di Adolf Hitler, in programma all'Oberdan per martedì 28 gennaio in doppia replica (ore 18.00 e 21.15). La trasposizione in VR permette allo spettatore, attraverso i visori, di rivivere la pièce teatrale dalla prima fila immergendosi completamente fino a confondere immaginario e reale. Grazie a questa apparecchiatura si potrà vedere Elio Germano come se fosse presente in sala, impegnato in un monologo serrato che diventa presto un crescendo di slogan politici sul senso di comunità, sulla meritocrazia, sulla sicurezza e, più avanti, sulla xenofobia e la purezza della razza. Un soliloquio che parte dalla democrazia, dal valore dell’autorità e della responsabilità e termina in un proclama idealista, futurista e dichiaratamente nazista.

I biglietti sono acquistabili in prevendita esclusivamente alla cassa del cinema in orario di spettacolo. Prezzi: intero 15 euro, ridotto soci cinema del carbone e under 25 13 euro.

18 dicembre 2019

DIO E' DONNA E SI CHIAMA PETRUNYA

Film rivelazione dell’ultimo Festival di Berlino, è capace di unire impegno e ironia in una storia al femminile dalla forza dirompente. Un grido di libertà contro ogni pregiudizio, ispirato a un evento realmente accaduto, il film consacra la regista come una delle voci femminili più originali del cinema di oggi, oltre ad essere la vincitrice del prestigioso Premio LUX del Parlamento Europeo.

Disillusa dalla vita e senza un lavoro, la giovane Petrunya si ritrova nel mezzo di un’affollata cerimonia religiosa riservata agli uomini: una croce di legno viene lanciata nel fiume e chi la recupera avrà un anno di felicità e prosperità. Petrunya si getta in acqua, riuscendo a prendere la croce per prima, nello scandalo generale: mai a una donna era stato permesso di partecipare all’evento e tanto meno di vincere. Tutto il paese sembra unito nel chiederle di restituire la croce, ma Petrunya è decisa a non arrendersi e a tenerla con sé a ogni costo…

03 dicembre 2019

Il paradiso probabilmente

Il cinema di Elia Suleiman è unico come il suo autore, fra i più amati fuori dalla sua Palestina. Stralunato, originale, utilizza ogni inquadratura per creare un ritmo particolare fra chi (e cosa) è in scena e chi si trova fuori campo. Esilarante eppure malinconico, e molto politico, è anche il suo nuovo film, Il paradiso probabilmente, premiato a Cannes, dove come al solito è lui stesso il protagonista, una vera maschera alla Charlot, che questa volta abbandona la sua Palestina, in cerca di una nuova patria.

Il problema è che, dovunque vada, a Parigi o New York, la sua terra sembra tornare costantemente nella nuova vita quotidiana. Elia Suleiman ci conduce in un nuovo viaggio alla ricerca della riposta alla domanda: qual è il luogo che possiamo realmente definire casa?

Da giovedì 5 al carbone.

10 novembre 2019

Il cinema-verità di Ira

Una sorprendente prova di cinema-verità, un'incursione nella periferia italiana attraverso l'amore di due giovani. Martedì 12 novembre (ore 21.15) al cinema del carbone si tiene la proiezione-evento di IRA, il nuovo lungometraggio del regista underground Marco Russo Rouge.

IRA è un film indipendente realizzato con attori presi dalla strada, catapultati in un processo creativo poco ortodosso e sperimentale. Al centro del racconto, sullo sfondo di una metropoli fatiscente e desolata, è l’incontro di un ragazzo e una ragazza tra cui nasce una fortissima complicità. Il regista ha pedinato i suoi protagonisti per settimane, cercando di carpire situazioni reali, senza filtri, introducendosi nei quartieri in cui è ambientato il film con una troupe ridotta e con la volontà di filmare la verità dei due protagonisti e del paesaggio umano che li circonda.

Coprodotto dalle associazioni ArtInMovimento e Systemout e distribuito da Mescalito Film, è stato realizzato senza l’ausilio di una sceneggiatura. “Mai scritto e tantomeno pensato. È nato per caso e non l’avrei mai finito se avessi dovuto gestire dei veri attori. Ringrazio Samuele Maritan e Silvia Cuccu - i due protagonisti - per come si sono affidati, lasciandosi spiare dal di dentro e permettendomi di muovere non poche emozioni in loro”, afferma il regista Mauro Russo Rouge.

10 novembre 2019

Tornano le domeniche del carbone dei piccoli

Storie che lasciano a bocca aperta, avventure che tolgono il respiro, meraviglie che rapiscono lo sguardo: anche quest'anno il carbone dei piccoli si preannuncia come una miscela esplosiva di emozioni, efficace tanto sui piccoli che sui grandi. La rassegna dedicata alle famiglie che ormai da diversi anni anima i pomeriggi delle domeniche invernali della sala di via Oberdan prende ufficialmente il via 17 novembre, per concludersi - dopo essersi concessa una pausa nelle feste natalizie - il 9 febbraio 2020.

Al carbone dei piccoli ci si commuove, si ride, si resta con il fiato sospeso: dieci (più uno) sono gli appuntamenti in programma quest'anno, cercando come sempre di mescolare prime visioni, successi dell'ultima stagione, grandi classici, scelte più particolari, capaci di stimolare la curiosità dei bambini e liberare la loro fantasia.

Si parte subito con uno dei film più apprezzati della stagione in corso: IL RE LEONE di Jon Favreau (domenica 17 novembre) riprende le vicende di Simba - già portate con successo sugli schermi 25 anni fa - attraverso una tecnica di animazione computerizzata dall'impressionante realismo. Ultimo capolavoro della grande scuola di animazione giapponese è MIRAI di Mamoru Hosoda (domenica 24 novembre), viaggio di un bambino all'interno dei suoi affetti passati e futuri, ai piedi di un maestoso (e magico) albero genealogico. Già presentato all'Oberdan alla presenza del regista in occasione delle Giornate del Cinema d'Essai, torna domenica 1° dicembre DILILI A PARIGI di Michel Ocelot: le raffinatissime figurine del maestro francese ci portano nella Parigi della Belle Époque a seguire la piccola Dilili, impegnata a investigare su una serie di misteriosi rapimenti. All'amicizia tra una bambina e un cucciolo di leone è dedicato MIA E IL LEONE BIANCO, toccante e mozzafiato (domenica 8 dicembre); mentre domenica 15 dicembre è la volta di POMI D'OTTONE E MANICI DI SCOPA, film disneyano amato da generazioni e generazioni di bambini. Dagli autori del Gruffalò domenica 22 dicembre arrivano ZOG & IL TOPO BRIGANTE, due cortometraggi che vedono protagonisti un draghetto generoso e un topolino ghiottone.

Dopo la pausa natalizia, il carbone dei piccoli riprende domenica 12 gennaio con LUPIN III - IL CASTELLO DI CAGLIOSTRO, vero e proprio film di culto che - nonostante i suoi quarant'anni - nulla ha perso della tensione adrenalinica, dell'ironia, del fascino che ne fanno uno dei lavori più apprezzati nella vasta filmografia di Hayao Miyazaki. A seguire le incredibili peripezie di REX – UN CUCCIOLO A PALAZZO (domenica 19 gennaio), i paesaggi di neve e di sogno di TAKARA – LA NOTTE CHE HO NUOTATO (domenica 2 febbraio) e, per concludere SHAUN VITA DA PECORA – FARMAGEDDON (domenica 9 febbraio), una nuova e mirabolante avventura della pecora più amata del mondo dei cartoni animati.

Ai dieci film si unisce come ormai da consuetudine - sabato 25 gennaio - UPSIDE DOWN STORIES, una visione di celebri favole della tradizione "capovolte", animate dagli interventi - rigorosamente in lingua inglese dalle inseganti di Pingu's English Mantova.