03 gennaio 2019

Museo, Troppa grazia e Summer

Questi sono i film con cui iniziamo il 2019 in via Oberdan 11.

  • Potrete rubare le memorie archeologiche più preziose del Messico con i protagonisti di MUSEO
  • Liberare l'energia rock che vi brucia dentro e squarciare il buio della Leningrado tardocomunista di SUMMER; 
  • Confrontarvi con le presenze soprannaturali di TROPPA GRAZIA.
  • Ridere e sognare con La strega Rossella e Bastoncino

26 dicembre 2018

LA COMMEDIA più esplosiva delle feste

Accolto con entusiasmo all’ultimo Festival di Cannes, LA DONNA ELETTRICA è una commedia travolgente e fuori dagli schemi, capace di unire emozione, impegno e divertimento. Un film che colpisce al cuore con un ritratto di donna memorabile e un omaggio al paesaggio islandese di struggente bellezza.

Halla sembra una donna come le altre, ma dietro la routine di ogni giorno nasconde una vita segreta: armata di tutto punto compie spericolate azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua terra, la splendida Islanda. Quando però una sua vecchia richiesta d’adozione va a buon fine e una bambina si affaccia a sorpresa nella sua vita, Halla dovrà affrontare la sua sfida più grande…

18 dicembre 2018

A NATALE regala il Carbone

A Natale regala il Carbone!

Tante sono le possibilità

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Tessera associativa: 10€

Abbonamento a Mondovisioni: 20€ 

Abbonamento alla rassegna André Téchiné: 20€ 

Tessera famiglia "il carbone dei piccoli": 35€ 

10 ingressi : 40€ (spendibili durante tutto il tempo dell'anno)

4 ingressi: 20€

2 ingressi: 10 €

05 dicembre 2018

ROMA, di Alfonso Cuarón

L’acqua. Quant’è importante l’acqua nel cinema di Alfonso Cuarón. Un cinema fluido che racconta sempre di una trasformazione in atto, di una parte che muore e di un’altra che rinasce. Ricordate i finali de I figli degli uomini e Gravity? O l’ultima inquadratura di Y tu mamá también con Maribel Verdù che si immerge nel mare insieme alla macchina da presa? E anche in questo suo ultimo, bellissimo film, l’oceano e le onde ricoprono un ruolo decisivo e salvifico in un improvviso scioglimento dell’emozione che diventa abbraccio collettivo e liberatorio da cui ricominciare.

Era proprio dai tempi di Y tu mamá también che Cuarón non raccontava il “suo” Messico. Se allora l’urgenza era confrontarsi con un coming of age della e sulla giovinezza, stavolta il punto di vista è quello dell’infanzia, con un viaggio che non è solo un road movie territoriale, ma un balzo autobiografico all’indietro nel tempo. Siamo infatti a Città del Messico a cavallo tra il 1970 e il 1971, all’interno di una famiglia dell’alta borghesia, dove il principale centro emotivo è quello di Cleo, la giovane domestica che bada alle pulizie di casa e ai bambini. Probabilmente uno di questi è proprio il regista (classe 1961), cresciuto a Roma, quartiere della capitale messicana che non a caso dà il titolo al film. La routine domestica viene presto sconquassata dalla separazione dei genitori. Il padre lascia la famiglia e il diario privato di Cuarón assume i contorni di una doppia parabola al femminile. La domestica e la madre. Entrambe abbandonate dai propri uomini e unite da una solidarietà che travalica la differenza di classe. Incinta di Firmìn, un uomo irrisolto, fissato con le arti marziali (sono pur sempre gli anni di Bruce Lee e dell’occidentalizzazione degli sport orientali), ma destinato a cadere nelle maglie dell’estremismo di destra, Cleo rimane in famiglia e diventa la testimone dolente, affettuosa e passiva di questa transizione familiare, che a sua volta si fa proiezione di un particolare momento della società messicana. Ma oltre a questo la sua diventa presto una via crucis sul lutto e sulla sua elaborazione che si incrocia con quella del personaggio di Sandra Bullock in Gravity, di cui Roma, Leone d’oro al 75° Festival di Venezia, potrebbe essere persino una sorta di remake neorealista.

Dopo Hollywood e gli Academy Award di Gravity il regista messicano aveva l’evidente necessità di confrontarsi con un progetto più intimo e personale. Non a caso affida produzione e distribuzione al canale Netflix e realizza un’opera di 135’, molto rigorosa, rinunciando completamente all’uso della musica. Ma non solo. A riprova di un coinvolgimento profondo nel progetto, decide non soltanto di scrivere, dirigere e produrre, ma anche di firmare personalmente le immagini in bianco e nero, facendo a meno per la prima volta del fido collaboratore Emmanuel Lubezki, e dei suoi celeberrimi (e spesso sensazionalistici) piani sequenza. Non che Roma non sia un film formalmente impeccabile o privo di long take di formidabile perizia tecnica. Tutt’altro. Ci sono anzi dentro una saturazione e una geometrizzazione degli spazi che in parte possono congelare le emozioni, ma tradiscono anche tutto l’amore che il regista di Gravity ha sempre dichiarato nei confronti del cinema filippino e in particolar modo per Brillante Mendoza. Il controllo della forma serve in verità a Cuaròn per dare una rappresentazione e una rilettura del passato, che è in primo luogo individuale, privata, ma anche inevitabilmente storico-politica come sottolinea la potente sequenza del massacro del Corpus Christi del 10 giugno 1971.

Uno degli elementi più sorprendenti di Roma è che sembra più la raccolta di memorie di un fotografo che quella di un narratore. La carrellate e le panoramiche circolari diventano presto funzionali per una ricostruzione del set familiare e dei primi anni 70 che è affettiva ma anche sottilmente psicoanalitica. I dettagli alternano slanci nostalgici a frammenti di shock rimossi (il poster di Mexico ’70, la cacche del cane che sporcano il cortile, l’immersione notturna sui caotici e rumorosi marciapiedi della città davanti al cinema prima di intravedere il padre con l’amante, e poi ancora l’incendio nel bosco, gli sketch televisivi, gli idiomi e i suoni delle strade, le discussioni appena abbozzate e lasciate in fuori campo, lontane dai punti di vista e di ascolto di domestici, bambini e spettatori). La precisione dei particolari appare quindi finalizzata a ricostruire i contorni di un ricordo e poi, in secondo luogo, a tracciare un sapore, un fluido di esistenza. Del resto in ogni singola inquadratura nei film di Cuarón c’è la compenetrazione di dolore e fede, nascita e morte, staticità e movimento. E anche nelle immagini che sembrerebbero più freddamente controllate, emerge sempre l’ossessione per un particolare che attraversa il fondale (gli aerei che sorvolano il cielo ad esempio) come se volesse scalfire l’impressione di una natura morta e raccontare il processo in divenire, uno spostamento che può essere fisico, ma soprattutto spirituale e biologico.

Nell’attuale momento storico e politico questo ritorno a casa di Cuaròn è anche molto simbolico e coraggioso. E dopo i trionfi internazionali della New Wave centroamericana (ricordiamo anche Iñárritu e Del Toro), capace di rivoluzionare l’estetica e l’industria contemporanea, Roma è probabilmente il vero, grande film da consegnare al cinema messicano. Anche se, molto semplicemente, è un film che si accontenta soprattutto di amare gli spazi e le persone. Un film straordinariamente femminile fatto da un uomo. Ma forse un uomo non basta. Soltanto un “figlio” può fare un film così.

Carlo Valeri, Sentieri Selvaggi.

04 dicembre 2018

PINA BAUSCH A ROMA per VISIONI DI TEATRO CONTEMPORANEO

Secondo appuntamento con VISIONI DI TEATRO CONTEMPORANEO, la rassegna di film documentari su protagonisti, compagnie storiche, tendenze, avanguardie, contaminazioni artistiche che catturano l'attenzione del pubblico nei teatri di tutto il mondo.

Mercoledì 5 dicembre alle 21:15 PINA BAUSCH A ROMA ripercorre l’esperienza della grande coreografa tedesca nella città eterna a cui dedicò due spettacoli indimenticabili, Viktor (1986) e O Dido (1999). Attraverso un intreccio di preziose testimonianze – da Matteo Garrone a Mario Martone, da Vladimir Luxuria a Ninni Romeo, da Leonetta Bentivoglio a Andrés Neumann, da Maurizio Millenotti a Claudia Di Giacomo fino alla famiglia rom Firlović – riemerge così la Roma insospettabile di Pina Bausch, una città autentica e assolutamente anticonvenzionale: una Roma quotidiana, scandita da pranzi in trattoria, incursioni in sale da ballo popolari e passeggiate al mercato della frutta; una Roma underground, distesa nelle sue periferie multietniche, conosciuta grazie a ripetute visite in campi rom e a sopralluoghi notturni in locali transgender e circoli di cultura omosessuale. Il film è diretto da Graziano Graziani a partire da un’idea di Andrés Neumann (storico produttore degli spettacoli di Pina Bausch) e di Simone Bruscia (direttore di Riccione Teatro).

25 novembre 2018

Styx, il film fa incetta di premi in tutta Europa

Styx, ossia Stige, il mitologico fiume degli inferi, parla del nostro mondo, dell’accoglienza, dell’immigrazione, e della responsabilità collettiva e individuale. Di produzione austro-tedesca, ha aperto la sezione “Panorama” alla Berlinale 2018, dove ha vinto il premio della Giuria Ecumenica e il Label di Europa Cinemas.  Si è aggiudicato il secondo posto del premio Lux del parlamento europeo ed è tra i 50 film selezionati per gli EFA (European Film Awards) 2018, che saranno assegnati il 15  dicembre, a Siviglia. E’ anche tra i 5 film nominati per l’European University Film Award (EUFA).
Styx ha appena ottenuto il prestigioso Human Rights Film Award 2018, che sarà consegnato a Norimberga l’8 dicembre.

15 novembre 2018

Il film da vedere secondo Paolo Mereghetti

L’accoppiata Brisé-Lindon si conferma una certezza. Regista e attore tornano insieme a tre anni da La legge del mercato ancora con un film sul mondo del lavoro e ancora una volta fanno centro. In guerra racconta la lotta degli operai di una fabbrica francese contro il padrone tedesco, che ha deciso di chiudere lo stabilimento contraddicendo gli impegni assunti. Lindon è un agguerrito rappresentante sindacale che il regista fa recitare in mezzo a sindacalisti veri: un intreccio tra “finzione” e “realismo” che si ritrova anche nel modo di raccontare, dove “finti” servizi tv si mescolano a “realistiche” riunioni sindacali.

 

Non c’è mai una battuta fuori luogo, una discussione che non sia più che credibile, un’immagine che non sembri rubata alla realtà. A Brizé non interessa mostrare le ragioni degli uni e i torti degli altri, quanto farci vivere il dramma di chi si trova di fronte a una decisione che può cancellare il suo futuro: i tanti momenti di un percorso umano – oltre che sindacale o politico – con cui il regista riesce trasmettere il senso di una lotta (contro la globalizzazione dei mercati) ma anche il valore di un cinema che quei problemi sa affrontare con sincerità e determinazione.
Per chi ama il cinema che si confronta con la realtà.

03 novembre 2018

La scienza al cinema parte... a razzo!

Inizia il conto alla rovescia per La scienza al cinema, la rassegna che il cinema del carbone dedica ai temi della ricerca e dell'attualità scientifica e dallo scorso anno inserita nel percorso di Mantova Scienza. Si inizia proprio dall'(ideale) pista di lancio di AMATEURS IN SPACE (martedì 6 novembre) da cui due amici vorrebbero far partire la prima navicella spaziale "autogestita" per l'esplorazione del cosmo. Dall'ingegneria aerospaziale si passa alla fisica nucleare con NEUTRINOS (martedì 13 novembre), per studiare il misterioso comportamento dei più piccoli componenti della materia, e poi a una delle questioni cruciali del nostro tempo: la progressiva dipendenza dai computer e l'incognita della loro affidabilità (DO YOU TRUST THIS COMPUTER? - martedì 20 novembre). Come ideale avvicinamento al Mantova World Forum Urban Forest martedì 27 novembre entra in cartellone L'INTELLIGENZA DEGLI ALBERI, per scoprire le incredibili abilità relazionali e sociali del mondo vegetale, mentre a chiudere il ciclo martedì 4 dicembre è GENESIS 2.0, film vincitore del premio speciale della Giuria al Sundance Film Festival 2018, che ci pone di fronte a una delle sfide più formidabili lanciate dall'ingegneria genetica: riportare in vita specie animali estinte.

Tutte i film saranno preceduti dall'intervento di un esperto presente in sala. Orario delle proiezioni: 21.15. Abbonamento 5 film: 15 euro. Biglietto singola proiezione: intero 7 euro, ridotto soci cinema del carbone 5 euro. I film possono essere richiesti dalle scuole per proiezioni al mattino. Costo del biglietto per gli studenti: 3 euro (gratuito per gli insegnanti accompagnatori).

03 novembre 2018

Sessantotto x quattro

Società, sport, musica, cultura: è difficile dare dei confini all'onda rivoluzionaria del Sessantotto e ai processi di cambiamento che ha innescato.  Da venerdì 9 novembre il cinema del carbone e Rosso di sera - Mantova ci provano attraverso quattro incontri, portando al cinema alcuni protagonisti di quella stagione a confrontarsi con giornalisti e giovani ricercatori che vogliono interrogare il Sessantotto per capire meglio il tempo che stiamo vivendo. Quattro conversazioni accompagnate da immagini, spezzoni video, cortometraggi in presa diretta o veri e propri film che raccontano gli eventi di quegli anni. Venerdì 9 novembre (ore 18.30), Bruno Manfellotto - già direttore dell'Espresso - e Simona Mammana della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze aprono la rassegna conversano su 68 e società. Giovedì 15 novembre (ore 21.15), per 68 e sport, la giornalista Emanuela Audisio presenta il suo film 1968: Sport & Revolution dedicato alle Olimpiadi di Città del Messico. Martedì 20 novembre (ore 18.15), tra fenomeni globali e percorsi personali, il batterista Gianni Dall'Aglio (auotre di Batti un colpo) e Luigi Bolognini di Repubblica discutono di 68 e musica. 68 e cultura è il tema dell'ultimo appuntamento (venerdì 30 novembre, pre 18.15), che vede protagonisti Guido Viale - leader all'epoca del movimento studentesco e autore di Contro l'università, "manifesto" delle occupazioni - e Matteo Moca, ricercatore di letterature comparate.

Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero, ad eccezione dell'incontro di giovedì 15 novembre (biglietto intero 7 euro, soci cinema del carbone e Rosso di sera 5 euro).

29 ottobre 2018

Arriva il vincitore dell'ultimo Sundance Film Festival

La Diseducazione di Cameron Post, il film che ha vinto l'ultimo Sundance Film Festival, arriva al Carbone dal 1 novembre.
Tratto dal romanzo di culto di Emily M. Danforth , il film ha consacrato Chloë Grace Moretz (Suspiria, Hugo Cabret) come una delle migliori giovani attrici del cinema americano di oggi. La vicenda è ambientata in una cittadina del Montana, nel 1993. Quando viene sorpresa a baciarsi con una ragazza durante il ballo della scuola, la giovane Cameron Post viene spedita in un centro religioso, God’s Promise, in cui una terapia di conversione dovrebbe “guarirla” dall’omosessualità. Insofferente alla disciplina e ai dubbi metodi del centro, Cameron stringe amicizia con altri ragazzi, finendo per creare una piccola e variopinta comunità capace di riaffermare con orgoglio la propria identità.
Capace di affrontare con uno stile graffiante un tema ancora attualissimo e controverso, La Diseducazione di Cameron Post è diretto da Desiree Akhavan, regista newyorkese di origini iraniane già considerata una delle voci più originali e intense della scena indipendente internazionale.